• Tidak ada hasil yang ditemukan

Alla ricerca di dar al islam

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2018

Membagikan "Alla ricerca di dar al islam"

Copied!
33
0
0

Teks penuh

(1)
(2)

RIVISTA DEGLI STUDI ORIENTALI

NUOVA SERIE

Organo scientifico del

DIPARTIMENTO DI STUDI ORIENTALI SAPIENZA, UNIVERSITÀ DI ROMA

*

Direttore responsabile Raffaele Torella

*

Direttore scientifico Mario Prayer

Editor-in-Chief Franco D’Agostino

Comitato scientifico

Alessandro Catastini, Giorgio Milanetti, Maria Teresa Orsi, Angelo Michele Piemontese, Arcangela Santoro, Biancamaria Scarcia Amoretti, Chiara Silvi Antonini

Segretaria di redazione Francesca Gorello

*

(3)

DIPARTIMENTO DI STUDI ORIENTALI

RIVISTA

DEGLI

STUDI ORIENTALI

NUOVA SERIE VOLUME LXXXIII

Fasc. 1-4 (2010)

P I S A · R O M A

FABRIZIO SERRA EDITORE

(4)

RIVISTA DEGLI STUDI ORIENTALI

NUOVA SERIE

Trimestrale

I prezzi ufficiali di abbonamento cartaceo e/o Onlinesono consultabili presso il sito Internet della casa editrice www.libraweb.net.

Print and/or Online official subscription rates are available at Publisher’s website www.libraweb.net.

I versamenti possono essere eseguiti sul conto corrente postale n. 171574550 o tramite carta di credito (Visa, Eurocard, Mastercard, American Express, Carta Si)

Fabrizio Serr a editore®

Pisa · Roma

Casella postale n. 1, Succursale 8, I 56123 Pisa

Uffici di Pisa: Via Santa Bibbiana 28, I 56127 Pisa, tel. +39 050542332, fax +39 050574888, fse@libraweb.net

Uffici di Roma: Via Carlo Emanuele I 48, I 00185 Roma, tel. +39 0670493456, fax +39 0670476605, fse.roma@libraweb.net

*

Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo eseguiti, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc.,

senza la preventiva autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma.

www.libraweb.net

© Copyright 2011 by Sapienza, Università di Roma

and

(5)

relaciones centro urbano-periferia en la mesopotamia antigua y zonas contiguas del cercano oriente

actas del taller realizado

en la universidad nacional de rosario, argentina 21-23 de mayo de 2009

editores

cristina di bennardis · franco d’agostino jorge silva castillo · ianir milevski

Prefacio 13

Cristina Di Bennardis, Relaciones centro-periferia. Una introducción 15

parte i. mesopotamia. textos

Lorenzo Verderame, La relación entre centro y periferia en los textos lite-rarios del iiimilenio a.C. en la Mesopotamia 23 Adriana B. García,Benjaminitas y el Reino de Mari (siglo xviiia.C): los

censos ¿subordinación política y económica al palacio real? 49 Leticia Rovira, Redes de circulación necesarias entre Mari y Hasor. Un caso

del debut del reino de Zimrî-Lîm 59

parte ii. mesopotamia. aproximaciones antropológicas Cristina Di Bennardis, Jorge Silva Castillo,¿Centros

urbanos-peri-feria pastoril? Procesos de agregación y desagregación de la etnia amorrea en el contexto socio-espacial diverso del Reino de Mari (siglo xviiia.C) 79 María Rosa Oliver, La perspectiva de género en el análisis del poder en el

Antiguo Reino de Mari, reinado de Zimri-Lim, a través de la

corresponden-cia femenina 115

Eleonora Ravenna, Las cartas paleobabilónicas: vida vivida, conflictos y acuerdos en la Larsa hammurabiana. Aproximaciones al ejercicio del poder 133

parte iii. zonas contiuas

Franco D’Agostino, Entre Ebla y la Mesopotamia (historia, ideología y

cultura letrada) 153

Ianir Milevski,Centros urbanos y periferias en la Edad del Bronce Antiguo

(6)

Marcelo Campagno,Centros y periferias en las relaciones entre el valle del Nilo y el Levante meridional en torno del Calcolítico Tardío y el Bronce

Anti-guo (ca. 3700-2700 a.C.) 189

parte iv. comentarios

Ianir Milevski, Franco D’Agostino, Comentarios finales 217

English summaries 221

nostalgia. identità. cinque studi relativi all’islam

a cura di biancamaria scarcia amoretti

Biancamaria Scarcia Amoretti, Presentazione 233

Biancamaria Scarcia Amoretti, Nostalgia del passato: chiave di lettura

dell’islam oggi? 237

Giovanna Calasso, Alla ricerca didâr al-islâm. Una ricognizione nei testi di giuristi e tradizionisti, lessicografi, geografi e viaggiatori 271 Laura Bottini, Tra assenza e presenza della Guida in ambito imamita:

una nota 297

Leonardo Capezzone, Rovine. La costruzione dell’immagine della cata-strofe nelle fonti arabe relative alla caduta di Baghdad (xiii-xiv sec.) 307 Daniela Bredi, Nostalgia ‘restauratrice’ all’opera: ‘Sicilia’ e ‘La moschea

di Cordova’di Muhammad Iqbâl 317

articoli

Sergio Alivernini, Benjamin R. Foster, Tablets from the Third Ur

Dynasty 335

Mauro Crocenzi Tibetani o Cinesi? Le élites culturali del nuovo millennio 365 Phillis Granoff, Justice and Anxiety: False Accusations in Indian

Litera-ture 377

Angelo Michele Piemontese, The Emergence of Persian Grammar and

Lexicography in Rome 399

Tommaso Tesei, Survival and Christianization of the Gilgamesh quest for immortality in the tale of Alexander and the fountain of life 417

(7)

note

Lorenzo Verderame, Il pianeta Giove nella tradizione mesopotamica 443

recensioni

Animali tra mito e simbolo, ed. Anna Maria Gloria Capomacchia (M. Erica

Couto-Ferreira) 455

Epistles of the Brethern of Purity. On logic. An Arabic Critical Edition and English Translation of Epistles 10-14, ed. and tr. Carmela Baffioni,

foreword Nader El-Bizri (Biancamaria Scarcia Amoretti) 460

Hammam. Le terme nell’Islam, a cura di Rosita D’Amora e Samuela

Pa-gani (Biancamaria Scarcia Amoretti) 463

Mâlik ibn Anas, Al-Muwatta’. Manuale di Legge islamica, a cura di Roberto Tottoli; indici a cura di Luca Patrizi (Biancamaria Scarcia

Amoretti) 465

A. Y. Ahmad, J. N. Postgate, Archives from the domestic wing of the North-West palace at Kalhu/Nimrud(Lorenzo Verderame) 466 Thomas K. Kämmerer, Studien zu Ritual und Sozialgeschichte im Alten

Orient/ Studies on Ritual and Society in the Ancient Near East. Tartuer Symposien 1998-2004 (Lorenzo Verderame) 470 M. Sigrist, Tablets from the Princeton Theological Seminary: Ur iiiPeriod.

(8)

ALLA RICERCA DI

D

A

R A L - I S L

A

M

.

UNA RICOGNIZIONE NEI TESTI DI GIURISTI

E TRADIZIONISTI, LESSICOGRAFI,

GEOGRAFI E VIAGGIATORI*

Giovanna Calasso

Dar al-islamis a well known conventional expression which, together with its specular

opposite dar al-harb, forms a binomial which is considered to have originated in

Mus-lim juridical thinking of “the classical period”. In the present article this is the object of a study which attempts to reconsider when it was possibly first developed, empha-size differences among Muslim scholars, besides evaluating its reception in other kinds of writings outside the juridical field, particularly in the works of Muslim geographers, or in travel literature, as well as in Arab medieval dictionaries. This preliminary inves-tigation leads us to a less schematic and static picture than that of current definitions, a picture in which the juridical notion of dar al-islamis necessarily combined with that

of belonging, with the representation of Muslim collective identity. The theme of the material and mental boundaries of dar al-islamis thus focused in its different

expres-sions, at times explicit and at times hidden between the lines, in different types of texts which give us back a variety of thoughts present in the cultural context in which the idea of dar al-islamwas formed and continued to exist.

1. Definizioni correnti

el capitolo finale dell’opera The sectarian milieu(1978) John Wansbrough interrogandosi sulla risposta della comunità religiosa islamica alla rive-lazione, poneva la questione nei termini di una possibile dicotomia tra due differenti modi di pensare la storia: storia come processo e storia come even-to. Nel primo caso non soltanto i modelli della storia della salvezza sarebbe-ro validi in perpetuo, ma offrirebbesarebbe-ro un orientamento positivo verso conti-nuità e evoluzione. Nel secondo caso, la storia diventa nostalgia: la rivelazione è avvenuta una volta per sempre, un evento richiamato nostalgicamente, “ti-me past contained in ti“ti-me past”. Altri“ti-menti detto la domanda è se l’islam ab-bia espresso un concetto di storia che implica “nostalgia”, o un approccio di-namico alla storia della comunità. Riprendendo questo tema, a partire da una riflessione sulle tesi di Wansbrough, Norman Calder osservava: “le accuse di nostalgia, in genere inespresse e per lo più non percepite, colorano gran par-te delle rappresentazioni occidentali dell’islam. Troppo spesso l’islam è visto

* Tengo a ringraziare tutti i colleghi – Agostino Cilardo, Angelo Arioli, Roberta Denaro, Paola Or-satti, Francesco Zappa e in particolare Giuliano Lancioni – con cui ho avuto degli scambi di idee su que-sta ricerca e da cui ho ricevuto utili suggerimenti e indicazioni.

(9)

come una religione statica, “its meaning contained wholly in its foundation experience.”.1

Se cerchiamo, nel passato, un concetto che rappresenti, orizzontalmente, l’insieme del mondo dell’islam, delle genti e degli spazi riconosciuti come ad esso appartenenti e sottoposti alle sue norme, inevitabilmente ci troviamo di fronte a una formula convenzionale, elaborata all’interno di quello stesso mondo culturale: dar al-islam. Le parole di Calder possono allora essere

te-nute presenti qualora si intraprenda una ricerca sulla dimensione verticale di questa nozione, cioè sui tempi della sua elaborazione, ma anche sui “luoghi” in cui essa è presente, ovvero sulla sua ricezione nei diversi generi della pro-duzione scritta arabo-islamica – dai lessici, alle raccolte di hadith, alle opere di

geografi e storici, alle relazioni di viaggio – da porre a confronto con l’im-magine che ha continuato nel tempo ad esserne proposta negli studi.

Cosa in effetti può apparire più scontato della nozione di dar al-islam? Dal

modo in cui generalmente se ne parla, sembra trattarsi di cosa a tutti ben no-ta e che non necessino-ta di precisazioni. Insomma, pur non essendo espressio-ne coranica, una nozioespressio-ne elaborata una volta per tutte “in epoca classica”, di significato univoco e permanente e che non suscita interrogativi. E che in ef-fetti è rimasta fino a oggi assai poco studiata. Non che non se ne parli, in par-ticolare negli studi che analizzano il tema del jihad, o la concezione dello

sta-to e più in generale il pensiero politico dell’islam medievale. E non mancano lavori, come quelli di M. Khadduri, che hanno dato un apporto rilevante alla conoscenza di questa nozione – e a quella ad essa complementare di dar

al-harb– in rapporto alle siyar, termine reso da Khadduri come “the Islamic law of nations”. Ma anche questi studi, quasi seguendo le orme dei giuristi mu-sulmani medievali, non pongono mai in primo piano questi due concetti,2 ma riservano loro un ruolo “ancillare”, riconducendoli sempre all’ambito delle grandi rubriche del pensiero giuridico-politico oggetto di analisi.3

Partiamo da alcuni esempi di tipo manualistico. D. Waines: “Il mondo era di-viso, secondo i giuristi, tra dar al-islam, i territori sotto governo musulmano

e il resto del mondo, vale a dire i territori della guerra (dar al-harb);4 David

Cook: “dar al-islam(la casa dell’islam), ossia il territorio in cui islam e shari‘a

dominano incontrastati; dar al-harb, ossia il territorio in cui è possibile (ma

1 N. Calder, “History and nostalgia: reflections on John Wansbrough’s The sectarian milieu”, Method &Theory in the Study of Religion, 9. 1, 1997, pp. 47-73.

2 Qualcosa di analogo è avvenuto con la nozione di hijra, a cui, come è stato osservato da M. Fier-ro, i giuristi medievali hanno dedicato scarsa attenzione, trattandone generalmente all’interno della sezione dedicata al jihad («La emigration en el islam: conceptos antiguos, nuevos problemas», Awraq,

xii, 1991, p. 18).

3 M. Khadduri, War and Peace in the Law of Islam, Baltimore 1955 e The Islamic Law of Nations. Shaybani’s Siyartranslated with an introduction, notes and appendices by M. Khadduri, Baltimore 1966.

(10)

[3] alla ricerca di dar al-islam 273

non necessario) combattere perché non sottoposto all’islam o in stato di guer-ra guerreggiata con l’islam”;5 Malise Ruthven: “Secondo la logica del jihad, il

mondo è diviso in due campi contrapposti: la sfera dell’islam (dar al-islam) e

quella della guerra (dar al-harb).”6

Qualche maggiore puntualizzazione in G. Vercellin: “Il dar al-islamsi

con-trappone ai territori abitati dai non musulmani, dagli infedeli, ossia al dar

al-harb(espressione normalmente tradotta con “territorio della guerra”, detto anche dar al-kufr, territorio della miscredenza). Di una simile divisione non

c’è però traccia nel Corano… Dal momento però in cui si prese atto della li-mitazione storica che frenò l’espansione dell’islam si creò un conflitto tra dar al-islame dar al-harb…”.7

Ma anche all’interno di studi specialistici le definizioni adottate sono so-stanzialmente dello stesso tenore. Così scrive ad esempio M. Fierro in un ar-ticolo dedicato al concetto di hijra: “Se puede decir que el derecho islámico clásico divide el mundo en dos partes: la dar al-islamy la dar al-kufr/dar al-harb,

es decir en aquellos territorios en los que predomina el islam y los territorios en los que predomina la infidelidad (kufr) y que están, por lo tanto, bajo la amenaza bélica del Islam”.8 Nell’ambito più ampio di una riflessione sul rap-porto fra stato e individuo nell’islam sunnita, H. Sigman osservava: “At heart of Islamic political doctrine lies neither the state nor the individual, nor yet a social class, but the umma, the Islamic community tied by bonds of faith alone. The state, as a geo-political unit, commanded no loyalty whatever. The only political boundaries known to Islam were those that separated the dar al-islam, the area inhabited by Muslims, from the dar al-harb, the abode of

war, inhabited by non-believers”.9 E A. Lambton, riprendendo quest’idea in

State and Government in medieval Islam,10 scrive: “All Islamic lands are looked

upon as a unity, which constitutes the dar al-islam, the abode of Islam. Over

against this all non- Islamic states are grouped together as the dar al-harb, the

abode of war … The universality of Islam thus imposes upon the imam the duty of jihaduntil the whole world is converted or submits to Islam. In

oth-er words it is assumed that the dar al-islamwill eventually comprise the whole

world and that the dar al-harbwill become the dar al-islam.”

Quanto alla voce dar al-islamdell’Encyclopédie de l’Islam, a firma di A. Abel,

vi si legge quanto segue: «Dar al-islam(le pays de l’islam), ou, plus

simple-ment, chez les auteurs musulmans, daru-na(notre pays) est l’ensemble du

ter-ritoire où règne la loi de l’Islam. Son unité réside dans la communauté de la foi, l’unité de la loi et des garanties assurée aux membres de la umma.

Classi-5 Storia del jihad, Torino 2007 (ed. or. 2005) p. 26.

6 Islam, Torino 1997 (ed. or. 1995), p. 116.

7 Istituzioni del mondo musulmano, Torino 1996, p. 26. 8 Fierro, “La emigracion”, cit., p. 11.

(11)

quement, ce qui se trouve en dehors du dar al-islamest dar al-harb». Ma

nes-sun autore del periodo classico è citato in bibliografia. Più ricca di elementi, ma sempre piuttosto imprecisa, la voce dar al-harb, anch’essa di A. Abel:

“Cet-te formule conventionnelle est issue des développements logiques de la no-tion du jihad, lorsque il cessa d’être la lutte pour la survivance d’une petite

communauté, pour devenir le fondement du “droit des gens” dans l’état mu-sulman. (…) Le Kur’an ne divise pas encore le monde en territoires où rè-gnent la paix et la foi de l’islam (dar al-islam) et en territoires sur quoi pèse en

permanence la menace de la guerre missionnaire … Le hadithil est vrai, fait

remonter à l’époque médinoise la conception de dar al-harb. De toute

ma-nière, l’usage classique de considérer comme tels les territoires voisins de la terre de l’islam et d’en inviter les princes à embrasser cette religion … est censé remonter au Prophète… Classiquement le dar al-harbenglobe les pays

où la loi musulmane n’exerce pas son effet, dans les domaines du culte et de la protection des fidèles et des dhimmis.»11

Qualche spunto critico circa il significato di dar al-harb, rispetto alla visione

prevalente negli studi occidentali, nella voce di Hamid Algar dell’ Encyclopae-dia iranica,12 dove non è contemplata una voce dar al-islam: “The realm of

war”, lands not under Islamic rule, a juridical term for certain non Muslim territory, though often construed, especially by Western writers, as a geopo-litical concept implying the necessity for perpetual, even if generally latent, warfare between the Muslim state and its non-Muslim neighbours (see, e. g., Lambton,State and government, p. 201)”.

Quello di cui si sente la mancanza in tutto questo è la temporalità, l’identifi-cazione di una fonte o di più fonti antiche in cui trovare una definizione di dar al-islame di quello che appare essere il suo inverso speculare, dar al-harb. La

parola ricorrente cui ci si affida negli studi è “classico”, concetto che tempo-ralmente si estende in genere ai primi tre secoli formativi della storia dell’islam, ma che può andare anche ben oltre. Compaiono, nelle definizioni citate, universalità e confini, legami comunitari interni alla ummae relazioni “internazionali”, un concetto giuridico-religioso islamico che si contrappor-rebbe al concetto geo-politico di alcune interpretazioni occidentali. Ma l’idea chiave è forse da identificarsi nelle parole di Lambton: “All Islamic lands are looked upon as a unity, which constitutes the dar al-islam, the abode of Islam”,

in cui si evidenzia come i soggetti che appartengono all’ambito definito dal-l’espressione dar al-islam, l’abbiano sempre pensata come una realtà unitaria.

In questo quadro, in cui mancano riferimenti precisi, temporali e testuali, quanto alle origini del concetto e alle sue prime attestazioni, l’unica cosa che appare certa è che il Corano non ne parla. Vaghi gli accenni al corpus del h a-dith, che, per il carattere che gli è proprio, ci pone comunque di fronte

(12)

[5] alla ricerca di dar al-islam 275

terrogativo di quanto, di quelle parole, possa essere ricondotto al tempo del Profeta e quanto sia il frutto di successive elaborazioni proiettate all’indietro. Così ci appare dunque l’“arcinota eppur malnota dicotomia” dar al-islam/ dar al-harb,13 quando si provi a rintracciarne le origini. Mancano in effetti

stu-di specifici mirati a precisare i tempi stu-di elaborazione della nozione stu-di dar al-islam, a indagare le eventuali differenze nell’uso del concetto da parte dei

giu-risti,14 le definizioni che ne danno i lessicografi, la sua ricezione nei testi di geografi e storici, la sua presenza, al di fuori della cerchia dei giuristi, come nozione identitaria condivisa, e il problema dei suoi confini. Senza alcuna pre-tesa di dare risposta a tutti questi interrogativi, le note che seguono propor-ranno alcuni dati documentari e insieme alcune riflessioni a partire da una pri-ma ricognizione nei testi. L’intenzione è comunque soprattutto quella di sollevare il problema e di sottrarre il concetto espresso dalla “formula” dar al-islama un quadro che si è costruito all’insegna dell’astrazione e della

stati-cità, per cogliere, almeno per frammenti, voci e percezioni fra loro diverse, presenze e assenze, andando a pescare in testi di genere differente, ma in al-cuni casi fra loro contemporanei, che possono restituirci certe varianti di pen-siero presenti nel contesto culturale in cui l’idea di dar al-islamsi è formata.

2. Concetti correlati: hijra, jihade siyar

Nella voce “dar al-harb”di A. Abel, l’autore afferma che la concezione della dar al-harb, riferita genericamente ai territori confinanti con quelli dell’islam,

“est censé remonter au Prophète” e deve ricondursi al periodo medinese: af-fermazione non documentata, ma di buon senso, visto che l’Islam, prima di imporsi progressivamente in tutta la penisola arabica, aveva il suo solo spazio giuridico comunitario nella città di Medina, mentre tutto ciò che stava intor-no alla città del profeta avrebbe potuto definirsi dar al-harb. Ma secondo lo

stesso Abel questa formula convenzionale deriva in realtà dagli sviluppi della nozione di jihad, “quando esso cessò di essere la lotta per la sopravvivenza di

una piccola comunità, per divenire il fondamento del “diritto delle genti” nel-l’islam”. L’allusione è a quell’insieme di norme che porta il nome di siyar, che regolano i rapporti tra musulmani e non musulmani o meglio – poiché si trat-ta di una concezione unilaterale – che regolano la condottrat-ta dei musulmani nei confronti dei non musulmani residenti al di fuori dei territori sottoposti all’autorità islamica. Si tratta come è noto di un insieme di regole, la cui ela-borazione – a partire dall’insegnamento di Abu ¢anifa, filtrato attraverso

13 Questa felice definizione è di G. Scarcia, “Islam e harb, ‘Arabe ‘Ajam: nota a due celeberrime

dicotomie islamiche”, in Azhàr. Studi arabo-islamici in memoria di Umberto Rizzitano, Palermo 1995, p. 208 in cui l’autore propone un’interpretazione del termine harbsemanticamente più congrua al suo valore oppositivo rispetto al termine islam.

(13)

AbuYusuf – è dovuta soprattutto al pensiero del giurista hanafita Shaybani,

e che risale dunque a un periodo di più di un secolo e mezzo successivo ri-spetto all’epoca del Profeta. Le origini di questa elaborazione devono ricon-dursi, come ha osservato Khadduri, al momento in cui i giuristi musulmani sono stati costretti prendere atto dei limiti storici dell’espansione militare del-l’Islam e di necessità hanno dovuto pensare a costruire un sistema di norme per regolare i rapporti con “l’altra parte”. Momento che si può situare intor-no alla metà del ii/viii secolo ovvero verso la fine del califfato omayyade.15 In margine all’interpretazione di Khadduri, si può osservare che se questo è il momento in cui lo stato islamico deve rinunciare, realisticamente, all’idea di poter essere universale, questo è anche il momento in cui l’élite musulma-na dirigente deve rinunciare a pensare l’islam come religione “araba” – un’identità che l’islam è andato assumendo in modo marcato nel periodo me-dinese e che è stata la sua per gran parte del califfato omayyade – e afferma-re l’universalità dell’islam, con tutte le implicazioni afferma-relative all’uguaglianza sociale fra musulmani arabi e musulmani non arabi che dovevano derivarne. Come se avvenisse uno scambio, l’islam, come messaggio religioso univer-salmente connotato, si proietta al di là dei confini dello stato islamico, che ha invece raggiunto i suoi limiti storici.

Dunque jihade in un secondo momento siyarsono i due concetti chiave –

il primo coranico, il secondo elaborato nel tardo viii secolo – cui è legato il binomio dar al-harb/ dar al-islam. Ma ce n’è un altro, quello di hijra,che in

re-altà li precede.

Hijra, emigrazione, ovvero il gesto di separazione, materiale e simbolico, necessario per fondare la nuova identità, quella della comunità islamica. Ya-thrib è stata la prima dar al-hijra, “dimora” di emigrazione, e come tale la si

trova denominata nel hadith,16 il modello di tutte le future dar al-hijra,

innan-zitutto di quelle più antiche: gli amsar. E se la hijra del Profeta a Yathrib

appare, nelle fonti, legata al suo divenire madina,17 a quanto affermano sia

Baladhuriche ¥abaril’ordine inviato dal califfo ‘Umar al generale Sa‘d b. Abi

Waqqasalla vigilia della fondazione di Kufa sarà proprio quello di trovare un sito di cui fare una dar al-hijra.18

15 The Islamic Law of nations. Shaybani’s Siyar, translated with an introduction, notes and appendices

by M. Khadduri, Baltimore 1966, p. 20: “The Islamic state was compelled in practice to accommodate itself to the realities of surrounding conditions and to accept certain limitations, notwithstanding that in theory it recognised no state besides itself. Unable to incorporate the whole of mankind, the Islamic state tacitly accepted the principle of coexistence with others…hence the law was bound to become ter-ritorial as well as personal in character. It was in this period that leading jurists began to devote attention to the law governing the relations of the Islamic state with contemporary political communities…”. 16 “…wa-l- madina fa-inna-hadar al-hijra wa ‘l-sunna” (Bukhari, £ahih, 46. manaqib al-ansar, p. 47).

17 G. Calasso, “I nomi delle prime città di fondazione islamica nel Buldandi Yaqut: etimologie e

racconti di origine”, in Studi in onore di Francesco Gabrieli nel suo ottantesimo compleanno, a cura di R. Traini, Roma 1984, p. 153.

18 ¥abari, Ta’rikh al-rusul wa ’l-muluk, ed. de Goeje, vol. v, p. 2360; Baladhuri, K. Futuhal-buldan, ed.

(14)

[7] alla ricerca di dar al-islam 277

E qui ci troviamo di fronte soltanto a uno dei possibili significati di hijra, pa-rola che, con riferimento al periodo delle origini, ne ha avuti almeno tre: emi-grazione dalla Mecca a Medina, del Profeta e dei suoi seguaci, atto fondante del-la prima comunità isdel-lamica; emigrazione verso Medina a partire da altri luoghi d’Arabia, soprattutto dal deserto (dunque abbandono della vita nomade e quanto dei suoi costumi si oppone all’islam); emigrazione da Medina verso una pluralità di luoghi, verso nuove dar al-hijrasituate al di fuori della penisola

ara-bica, mentre le grandi conquiste militari sono in corso. E su quale sia stata la sequenza temporale – data per scontata fino ad anni relativamente recenti – fra il concetto “ristretto” di hijra, e quello “open ended”, la discussione è an-cora aperta.19

Dar al-hijrae dar al-islam compaiono insieme in un passo del Kitab al-kharaj

di AbuYusuf,20 là dove l’autore riferisce i fatti relativi alla conquista di al-¢ira,

e in particolare all’accordo cui si giunge circa l’ammontare del suo tributo. AbuYusuf, celebre discepolo di Abanifa, muore nel 182/798; del Kitab al-Kharaj, un trattato di materia fiscale, non è nota la data di composizione, ma

sappiamo che è stato redatto su richiesta di Harun al-Rashid,

verosimilmen-te negli anni 90 dell’viii secolo. I fatti relativi alla tassazione di al-¢ira si

rife-riscono all’ultimo anno del califfato di AbuBakr (12/634). Al-¢ira, la più

im-portante città del Crescente fertile durante i tre secoli che hanno preceduto l’avvento dell’Islam, nell’anno 11/633 si arrese a un esercito musulmano ca-peggiato da Khalid b. al-Walid e la popolazione, che respinse l’invito a

con-vertirsi, si impegnò a pagare un tributo. È appunto all’interno di quello che AbuYusuf dichiara essere il testo del documento redatto da Khalid per la

gen-te di al-¢ira (hadhakitab min Khalid li-ahl al-¢ira), che troviamo l’espressione dar al-islam.21 AbuYusuf riporta la decisione presa da Khalid di esentare dal

pagamento della jizya“i vecchi che non siano in grado di lavorare o che sia-no colpiti da infermità o che, avendo perduto tutti i loro beni vivasia-no dell’ele-mosina dei correligionari: ebbene costoro sono esentati dal pagamento della capitazione e sono, insieme ai loro familiari, a carico del tesoro pubblico mu-sulmano finché risiedono in terra di emigrazione e terra di Islam(maaqama bi-dar al-hijra wa dar al-islam). Se invece se ne vanno in un luogo che non è terra di

emigrazione e terra di islam, il mantenimento dei loro familiari non è più a carico dei musulmani (fa-in kharajuilaghayr dar al-hijra wa-dar al-islam fa-lay-sa ‘alal-muslimin al-nafaqa ‘ala‘iyali-him)”.

19 Sul dibattito scientifico in merito a questo tema e per una tesi che contrasta con l’opinione più diffusa, si veda P. Crone, “The first century’s concept of hijra”, Arabica, xli, 1994, pp. 352-387.

20 Il passo è segnalato in Zafarul-Islam Khan, “Dar al-harband dar al-islam”, Muslim&Arab Perspectives, 2, 11-12 (1995), pp. 51-65 (p. 51). Ma l’autore lo cita, de plano, come la più antica attestazione del termine, in quanto usato da Khalid b. al-Walid in una missiva inviata al califfo AbuBakr. Caetani

espri-meva molte perplessità circa l’autenticità di questo documento (cfr. Annali dell’Islam, vol. ii, Milano 1907,

p. 232).

21 AbuYusuf,Kitab al-Kharaj, al-Qahira 1999, p. 157 (Le livre de l’impôt foncier, traduit et annoté par E.

(15)

¥abariinvece, riferendo della presa di al-Hira, non farà cenno a quanto

di-ce AbuYusuf, e dirà soltanto che Khalid offrì agli abitanti di al-¢ira tre

possi-bilità: convertirsi all’islam (an tadkhulufidini-na) e avere gli stessi diritti e

do-veri dei musulmani, sia che emigrino sia che restino là dove abitano (in nahadtum wa-hajartum wa-in aqamtum fidiyari-kum);22 non convertirsi e

paga-re la jizya;combattere.

Sempre in ¥abari, sono, con lievi varianti, le tre possibili scelte offerte ai

Curdi, su ordine di ‘Umar prima di ingaggiare battaglia: accettare l’islam e re-stare nelle loro terre (fa-in aslamufa-ikhtarudara-hum), con l’obbligo in

que-sto caso di pagare la zakatsenza avere parte al fay’; accettare l’islam e unirsi

ai conquistatori (in ikhtaruan yakunuma‘a-kum), e in questo caso ricevere una

parte uguale di bottino e avere gli stessi obblighi militari; rifiutare l’islam e pa-gare il tributo (kharaj).23 Dunque, nella versione di ¥abari, Khalid chiede agli

abitanti di al-¢ira di diventare musulmani e di emigrare – senza indicare

ver-so dove essi dovrebbero emigrare – garantendo loro, a quelle condizioni, gli stessi diritti e doveri dei musulmani; e analoga sarà la proposta fatta ai Curdi. In entrambi i casi non si fa menzione di dar al-islam. Invece nel passo di Abu

Yusuf relativo ad al-Hira, probabilmente una delle più antiche attestazioni

dell’espressione dar al-islam,24 e che si riferisce all’anno 12 dell’Egira, essa

ap-pare avere un significato che sostanzialmente si sovrappone a quello di dar al-hijra. E che cos’era una dar al-hijra? Era essenzialmente “an armed camp or

mobilization centre to which one went to fight the infidels whoever and whe-rever they might be”.25 L’“emigrazione” di cui si tratta qui è quella “open en-ded”, come la definisce Crone,26 da Medina cioè, verso nuovi avamposti mi-litari situati al di fuori della penisola araba. Ma in questo contesto dar al-hijra

sembra designare qualcosa di più ampio, una zona di emigrazione più che un singolo centro, mentre dar al-islamsembra avere ancora un’accezione

circo-scritta, molto distante da quella di “territori dell’islam” globalmente con-trapposti ai “territori della guerra”.27

22 Crone (Hijra, p. 357) cita il passo omettendo che agli abitanti di al-¢ira vengono garantiti gli stessi

diritti e doveri dei musulmani anche se restano là dove sono: “in 12/633 Khalid offered the people of ¢ira,

the same rights and duties as the Muslims if they would convert, get up and emigrate (in aslamtum wa nahadtum wa hajartum)” (il riferimento è a ¥abari, ser. i, t. iv, p. 2041).

23 Citato da W. Madelung, (“Has the hijracome to an end?”, Revue des Etudes Islamiques, 54, 1986, p. 233) che traduce: “If they choose to join the conquerors (in their dar al-hijra) they should receive the

same… (¥abari, s. 1. v, Lugduni Batavorum 1893, p. 2713-14). Non è chiaro quale sarebbe stata al tempo –

anno 12 dell’egira, ovvero 634 – la dar al-hijradei musulmani, che peraltro non è nominata nel testo.

24 Un illustre giurista di epoca omayyade come Sa‘id b. al-Musayyib (m. 94/700) non risulta aver fatto

uso del termine dar al-islam(cfr. Zafarul-Islam Khan, Dar al-harb, cit., p. 51). Nessuna sua opera ci è

per-venuta, ma i detti e le fatawadel giurista, citati in varie opere antiche di fiqh, sono stati raccolti in cinque volumi. Nel capitolo sulle regole del jihad non vi sono riferimenti a dar al-islam(ibid., p. 60).

25 Crone, op. cit., p. 367. Una dar al-hijranon necessariamente deve essere fondata ex-novo, come è

mostrato dal caso di Tawwaj, nel Fars, che, secondo quanto riportato da Dinawari, diventa una dar

al-hi-jraper opera di ‘Uthman b. Abil-‘As, che vi costruisce una moschea del venerdì (Dinawari, Akhbar al-t

i-wal, ed. Guirgass, Leiden 1888, p. 131 (citato in Madelung, cit., p. 232).

26 Crone, op. cit., p. 367.

(16)

[9] alla ricerca di dar al-islam 279

Al-¢ira fu completamente eclissata dalla fondazione di Kufa, che avvenne

quattro anni dopo, nel 17/637 e l’espressione dar al-hijracompare anche nel

relativo racconto di fondazione, riportato da Baladhurie ¥abari. Qui si

trat-ta di una disposizione datrat-ta dal califfo ‘Umar al generale Sa‘d b. AbiWaqqas alla vigilia della fondazione di Kufa, e cioè quella di trovare un sito di cui fare, come riporta ¥abari, una dar hijra wa-manzil jihad, (“dimora di emigrazione

e luogo di tappa per il jihad”).28 Baladhuriusa un altro termine: dar hijra wa-qayrawan(accampamento) – sostanzialmente un sinonimo di manzil jihad

che non a caso diverrà il nome proprio di un nuovo insediamento fondato da-gli Arabi mentre avanzano nella conquista dell’Africa del Nord: Qayrawan.

Dunque Kufa, insediamento militare creato ex-novo dagli arabi, si è ben presto sostituita ad al-¢ira proprio in quanto nuovo “luogo di emigrazione”:

un luogo in cui emigrare per trovarsi tra musulmani e in cui avere una mo-schea del venerdì in cui pregare insieme, nonché un avamposto da cui parti-re per andaparti-re a combatteparti-re. Né Baladhuri, né ¥abariusano in questo

conte-sto l’espressione dar al-islam.

Gli esempi considerati sono certo troppo pochi per trarne delle generaliz-zazioni, ma potrebbero indicare che la nozione di dar al-islamsia stata

inizial-mente molto vicina a quella di dar al-hijra, costituendone una sorta di

esten-sione, e che comunque, nel periodo “classico”, almeno fino al tempo di ¥abari, non abbia avuto un significato così univoco e una presenza così

ge-neralizzata al di fuori della cerchia dei giuristi, come sembrerebbe doversi de-durre dagli studi occidentali, che la mettono in campo in qualunque circo-stanza come un concetto base, presente da sempre e a tutti noto, di significato univoco e universalmente condiviso. Mentre la nozione di dar al-harbo dar al-kufr, nella sua accezione negativa “globale”, magari imprecisa come defini-zione giuridica, e tuttavia precisa in quanto termine denotante “gli altri”, for-se esiste già contemporaneamente a una nozione “circoscritta” di dar al-islam.

3. Il hadith: Bukhari

Una ricognizione nel £ahihdi Bukharialla ricerca delle locuzioni dar al-harbe dar al-islam, ne documenta l’assenza, malgrado le “Concordanze” di

Wen-sinck segnalino alcune occorrenze.

the example of the prophet, conceived in terms of the dispersal and collection of his sunna and physical remains” (“From dar al-hijrato dar al-islam. The Islamic Utopia”, in: Y. Hiroyuki (ed.), The concept of

territory in Islamic law and thought, London-New York-Bahrain, 2001, pp. 3-36). Quella che l’A. definisce “the far-flung area encompassed by the dar al-hijra” si sarebbe venuta costituendo grazie al disseminarsi

dei resti fisici del Profeta (capelli, impronte, ecc.) e della sua sunnanei vari amsar. L’autore dichiara di

es-sersi formato questa idea – “in the absence of a precise definition of the two important and malleable concepts of dar al-hijraand dar al-islam” – soprattutto dalle “fada’il al-amsarintroductions to the many

ta’rikh al-buldantexts”. Questo quadro, frutto della lettura che l’A. dà di testi prodotti a partire dal tardo

iv/x secolo, mette a fuoco un processo di reinterpretazione del passato, ma non corrisponde al senso della nozione di dar al-hijradocumentato dalle fonti per il periodo delle origini.

(17)

Nel Kitab al-jihad, dar al-islamricorre una prima volta nel bab 173, che reca

l’intestazione seguente: bab al-harbiidhadakhala dar al-islam bi-ghayr aman (sul

harbi che entra in dar al-islamsenza salvacondotto). Qui viene riportato un

hadithrisalente a ‘Iyas b. Salama Ibn ‘Aka’, sull’autorità di suo padre che ha

ri-ferito: “Una spia dei politeisti, nel corso di una spedizione, venne dal Profeta. Si sedette a conversare con i Compagni, poi se ne andò. Allora il Profeta dis-se: “Inseguitelo e uccidetelo!”. Io uccisi la spia e il Profeta mi fece dono delle sue spoglie come bottino di guerra (ata’l-nabi ‘ayn al-mushrikin wa-huwa fi safar fa-jalasa ‘inda ashabi-hi yuhaddithu thumma infatala fa-qala ‘l-nabiutlubu -hu wa-uqtulu-hu fa-qataltu-hu fa-nafalu-hu salbu-hu).29

Come si vede, nel hadithl’espressione dar al-islamnon compare. Sulla base

dell’aneddoto riferito, si fa risalire però al Profeta un’indicazione precisa: un harbiche entra senza salvacondotto nel territorio abitato dai musulmani può

essere legittimamente ucciso, qualora la sua presenza possa costituire un pericolo. Ma tutto questo nel hadithresta sottinteso: soltanto quel “fa-huwa fi safar” evoca un dislocamento nello spazio del mushrik,che si spinge fino al cuore della comunità musulmana, arrivando in presenza del Profeta, ed espo-nendosi così al rischio di essere ucciso.

Quanto a dar al-harb, l’espressione ricorre, sempre nel Kitab al-jihad,

nell’intestazione del bab 180,30 che recita: idhaaslama qawm fidar al-harb wa la-hum mal wa-arduna fa-hiya la-hum (“quando un gruppo di gente si converte

all’islam nella dar al-harb e possiede ricchezze e terre, queste rimangono

sue”). Segue un hadithrisalente a Usama b. Zayd e che si riferisce a ‘Umar b.

al-Khattab, in cui si parla di una tribù minore e delle sue terre, di come essi vi

abbiano combattuto al tempo della jahiliyyae di come, al tempo dell’islam, si

siano convertiti restando nelle loro terre (inna-hala-biladu-hum qatalu‘alay-ha fi’l-jahiliyya wa-aslamu‘alay-hafil-islam). E di come ‘Umar si sia dichiarato

fa-vorevole al loro permanere in quel luogo. All’interno del hadithl’espressione dar al-harbnon compare.

In entrambi i casi si tratta dunque di espressioni scelte da Bukhari

nell’inti-tolare le rubriche in cui si inseriscono rispettivamente i due hadith.

Nel bab19 del Kitab al-talaq,31 che riguarda il matrimonio della donna mu-shrikache si converte e emigra, ricorre invece l’espressione ahl al-harb. Qui il hadith, riportato sull’autorità di Ibn ‘Abbas, riferisce che il profeta distingueva

due categorie di mushrikun: quelli che erano in guerra con i musulmani (ahl al-harb) e quelli che avevano fatto un trattato con loro (ahl al-‘ahd). Il caso in questione è quello di una donna che appartiene ai mushrikun della prima

categoria: se essa emigra, non la si può chiedere in matrimonio se prima non ha avuto le mestruazioni ed è poi tornata in stato di purità. Soltanto allora è lecito sposarla.

29 Al-Bukhari, Sahih, ed. Krehl, Leyde 1868, ii, Kitab al-jihad, p. 260.

(18)

[11] alla ricerca di dar al-islam 281

Infine, dar al-islame dar al-harbcompaiono insieme nell’intestazione del bab

2 del Kitab al-wakala: bab idhawakkala ‘l-muslim harbiyyan fidar al-harb aw fi dar al-islam jaza (è permesso al musulmano dare una procura a un harbi, sia

nella dar al-harbche nella dar al-islam). Segue un hadithrisalente a ‘Abd al-Ra h-man b. Awf, il quale racconta di avere con una lettera affidato i suoi, che stavano alla Mecca, a Umayya b. Khalaf, perché ne avesse cura mentre lui si trovava a Medina.32 Il caso è emblematico perché ‘Abd al-Rahman b. Awf era una figura eminente fra i musulmani della prima ora, mentre l’affidatario, Umayya b. Khalaf, era un ricchissimo mercante della Mecca, acerrimo nemi-co dei musulmani e figura in qualche modo esemplare di mushriq. Anche qui

dar al-islame dar al-harbnon sono nominate nel hadith, ma vi sono

rispettiva-mente rappresentate da Medina e Mecca.

Il numero di per sé assolutamente esiguo di occorrenze delle locuzioni

dar al-harbe dar al-islamnella raccolta di Bukhariè dunque dovuto

soltan-to alla penna dell’ausoltan-torevole compilasoltan-tore – vissusoltan-to, come è nosoltan-to, in pieno iii/ix secolo – che, nel rubricare episodi e parole, risalenti al tempo del Pro-feta, usa il linguaggio del proprio tempo. Quanto alle due categorie di mu-shrikundenominate nel hadithcome ahl al-harbe ahl al-‘ahd, si riferiscono a

collettività di individui, senza alcuna identificazione con ambiti giuridici o territoriali.

4. I giuristi: fra din e dar

Se la nozione di dar al-islame quella ad essa strettamente correlata di dar

al-harbsono nozioni eminentemente giuridiche, questo non significa che il mo-do di concettualizzarle sia stato univoco presso i giuristi del periomo-do formati-vo del diritto islamico. Si può anzi affermare che punti di vista divergenti hanno continuato a convivere nel tempo.

Un paragrafo del Kitab al-jihaddi ¥abari– parte del Kitab ikhtilaf al-fuqa-ha33 – illustra queste divergenze efficacemente e in modo sintetico. Una

que-stione su cui c’è stato disaccordo tra i fuqahaè stata ad esempio su “quale

deb-ba essere la legge da applicare per crimini, debiti, appropriazioni illecite e quale punizione spetti a chi ha commesso delitti che presso i musulmani so-no puniti con una pena hadd, nel caso che coloro che hanno commesso que-sti crimini siano degli harbi,dopo essersi convertiti all’Islam, ma prima di

es-sere usciti dalla dar al harbper entrare nella dar al-islam(ba‘da islamihim wa qabla khurujihim min dar al-harb iladar al-islam), o nel caso li abbia commessi

un musta’min min al-muslimin; posto che c’è accordo unanime sul fatto che la

legge (da applicare) è quella musulmana nel caso questi crimini siano stati commessi quando il luogo in cui essi risiedevano fosse diventato dar al-islam,

32 Bukhari, t. ii, p. 61.

(19)

senza più (traccia di) politeismo, ovvero quando le leggi dell’islam vi fossero divenute predominanti”.

La fattispecie considerata è quella di prigionieri musulmani portati in territorio nemico, che, essendo stati riscattati, tornano in terra d’islam (iladar al-islam) e fra di loro c’è chi (mentre si trovava in dar al-harb) ha commesso

adulterio, chi ha bevuto vino, chi ha ucciso o ha commesso altri crimini. Il parere espresso da Shafi‘iè il seguente: “Per tutti questi crimini costui deve

essere giudicato come viene giudicato chi li commette nella dar al-islam”.

Shafi‘iha detto inoltre: “Se un musulmano entra nell’ardal-harbcon un

sal-vacondotto (musta’minan) e contrae un debito con un harbi, se poi il harbi(suo

creditore) viene con un salvacondotto (a reclamare i suoi diritti), io giudiche-rei riguardo al debito (che è stato contratto nella dar al-harb) nello stesso

mo-do in cui giudicherei di un debito fra un musulmano e un dhimminella dar al-islam, perché la norma è valida per il musulmano ovunque si trovi (li-anna al-hukm jarin ‘ala‘l muslimin haythu kanu), e non decade il suo diritto perché

si trova in un luogo piuttosto che in un altro, così come non cessa il suo do-vere di compiere la salatperché si trova nel territorio dei politeisti (layuzilu ‘l-haqq ‘anhu an yakuna bi-mawdi‘ min al-mawadi‘ kamalatazulu ‘anhu ‘l-salat in yakunu bi-dar al-shirk”).

Abu ¢anifa e i suoi seguaci (Abu¢anifa wa ashabuhu) la pensano invece in

modo diverso. La fattispecie considerata è in questo caso quella di musulma-ni che siano entrati con un salvacondotto in dar al-harbper commerciare, e

abbiano commesso dei crimini ai danni sia di harbinon musulmani, sia di h ar-biche si sono convertiti all’islam, o si siano appropriati illecitamente di

ric-chezze o di altri beni e li abbiano in parte consumati; e che, analogamente, anche gente della dar al-harb, non musulmani o musulmani, abbiano

com-messo crimini ai danni dei mercanti musulmani. Se, in seguito, tutti gli harbi

diventano musulmani e si trasferiscono nella dar al-islam, e viene intentato un

processo da una delle parti, “noi consideriamo nulli (nubtilu)ferimenti, ucci-sioni, appropriazioni illecite che siano state consumate, e tutti i danni di que-sto tipo che siano stati arrecati da una delle parti all’altra, intenzionalmente o in modo involontario; quanto ai debiti, mi faccio dare da uno e restituisco all’altro, e quanto all’appropriazione illecita che ancora sussiste, esprimo il parere (ufti) che chi si è appropriato restituisca al proprietario, ma non lo

ob-bligo; [……] e rifiuto di applicare le pene hadd, poiché essi hanno commesso il reato nella dar al harbdove le norme dell’islam non sono valide (li-anna dha-lika kana fidar al-harb haythu layajriahkam al-muslimin ‘alayhi)”.

Il parere espresso da Shafi‘i, che ¥abaririprende dal Kitab al-Umm, è in

tut-ta la sua limpidezza il principio della personalità del diritto: la legge dell’islam è valida per il musulmano a prescindere dal luogo in cui si trova.34 Il che

si-34 In questo Shafi‘iconcorda a quanto sembra con il pensiero di Malik. Si veda Santillana: “la legge

(20)

[13] alla ricerca di dar al-islam 283

gnifica che l’espressione dar al-islam, che pure ricorre con frequenza nel Kitab al-Umm, non designa per Shafi‘iun ambito giurisdizionale, uno spazio

dota-to di confini determinati, soltandota-to all’interno dei quali hanno vigore le leggi dell’Islam; designa bensì l’ambito territoriale sotto dominio musulmano, a cui la legge dell’islam non è tuttavia vincolata, avendo il suo ambito di appli-cazione contorni sempre mobili e sfuggenti, in quanto legato alle persone e ai loro movimenti: materiali, come quello ad esempio di mercanti o di pri-gionieri musulmani che entrano nella dar al-harbe temporaneamente vi

ri-siedono, o immateriali, come la conversione di individui harbi all’islam. La

legge dell’islam, in potenza universale, travalica i confini dell’ambito politico-territoriale per proiettarsi nella dar al-harb, o dar al-shirk, o ardal-‘aduww,

qua-lora vi si trovino dei musulmani.

Quanto a Abu¢anifa e i suoi seguaci, abbiamo visto come le cose siano

vi-ste da loro in modo diverso. Come è noto, Abu¢anifa non ha lasciato opere

di fiqhscritte di sua mano, ma due dei suoi discepoli, AbuYusuf (m. 182/798)

e Shaybani(m. 189/804), hanno riportato i suoi insegnamenti nelle loro

ope-re. Quanto ai termini dar al-islame dar al-harb, come ha osservato Khadduri

in margine alla traduzione del Kitab al-asl di Shaybani– sostanzialmente una

compilazione delle dottrine di Abu¢anifa – non sono usati dall’autore in

mo-do coerente, sistematico: dar al-harbe ahl al-harbrisultano intercambiabili,

co-sì come ahl al-islamo semplicemente al-dar, possono essere usati in luogo di dar al-islam.35 Ma, malgrado nell’uso di Shaybani sia ancora presente una

oscillazione terminologica fra il luogo e le persone che lo abitano, resta il fat-to che i due concetti sono improntati, nel suo pensiero, a una concezione ter-ritoriale del diritto.

Si tratta di cose sostanzialmente note, ma a uno sguardo ravvicinato sentono qualche considerazione, a cominciare dalla cronologia. Resta con-getturale chi abbia coniato le due locuzioni ponendole alla base di un modo di pensare il mondo che nel tempo rimarrà stabile nelle parole, anche se esse saranno usate con connotazioni diverse, ma tutto sembra ricondurle ad Abu ¢anifa (m. 150/767), il giurista iracheno di origine non araba,36 morto al

tem-po di al-Mansur; anche se il suo allievo AbuYusuf, riferendo nel Kitab al-Kha-rajl’episodio relativo alla conquista di al-¢ira che abbiamo sopra riportato,

in paese d’islam, perché, dice Malik, non è il luogo ove si trova il credente, ma la professione di fede

musulmana quella che decide dell’applicabilità della legge” (D. Santillana, Istituzioni di diritto musulmano malichita con riguardo anche al sistema sciafiita, Roma, 1938, i, p. 97). Quindi si applicano le pene haddai soldati e ai viaggiatori che di passaggio in territorio non musulmano commettono atti che costituisco-no reato secondo la legge dell’islam; così, più in generale, il reato commesso in terra straniera da un mu-sulmano ai danni di un altro mumu-sulmano viene punito, quando essi tornano in patria, secondo le regole della shari‘a(cfr. Sahnun, Mudawwana, Cairo, al-Matba‘a al-sa‘ada, 1905, juz’ xvi, p. 11, 91).

35 Khadduri, The Islamic Law of nations. Shaybani’s Siyar, p. 130, n. 1.

(21)

mette in bocca al generale Khalid b. al-Walid il termine dar al-islam– affiancato

da dar-al-hijra– riferendosi all’anno 12 dell’Egira e proiettandolo quindi

all’in-dietro fino all’epoca di AbuBakr, a due anni di distanza dalla morte del Profeta.

Scriveva Khadduri, nelle note introduttive alla sua traduzione del capitolo dedicato alle siyar del Kitab al-asldi Shaybani: “the classical theory of the

Isla-mic law of nations … was rather the product of IslaIsla-mic juridical speculation at the height of Islamic power”.37 E in effetti, degli illustri giuristi menziona-ti, Abu¢anifa, il più antico, è vissuto tra la seconda metà del califfato

oma-yyade e i primi vent’anni di quello abbaside, l’epoca di al-Mansur, quando

l’impero aveva raggiunto la sua massima estensione territoriale e progetti di ulteriori conquiste da tempo erano stati abbandonati; e i suoi allievi AbuY

u-suf e Shaybanisono morti, a pochi anni di distanza uno dall’altro, al tempo di

Harun al-Rashid. Tutti nomi che evocano l’apogeo del califfato e che

sem-brano corrispondere al periodo identificato da Khadduri come quello in cui è stata elaborata quella parte del diritto musulmano – le siyar– che definisce i rapporti giuridici intercorrenti appunto tra dar al-islame dar al-harb. Quanto

a Shafi‘i, allievo di Malik a Medina, poi trasferitosi a Baghdad e infine,

defini-tivamente, al Cairo, muore nel 204/820, al tempo di al-Ma’mun. Sono

passa-ti cinquant’anni dalla morte di Abu¢anifa, ma i suoi ashabAbu Yusuf e

Shay-bani sono contemporanei di Shafi‘i, anche se più anziani di lui. Tutti

condividono un modo di pensare il mondo di tipo duale, due ambiti che si op-pongono, da un lato quello, percepito come un’unità, dominato dall’islam, dall’altro tutto il resto. In realtà una forte asimmetria attraversa questa duali-tà, una asimmetria che riguarda lo statuto non paritario delle due parti. Una disparità che nell’arco di tempo che va da Abu¢anifa a Shafi‘isembra

accre-scersi. Se per Abu ¢anifa e i suoi seguaci si tratta infatti di due ambiti giuris

-dizionali diversi, in uno dei quali, la dar al-harb, gli atti di un musulmano per

il fiqh sono nulli, ma che pure riceve un riconoscimento in quanto territorio in cui vigono regole diverse da quelle dell’islam, che un musulmano che tem-poraneamente vi risieda deve osservare,38 per Shafi‘i considerare la dar al-islamcome un ambito giurisdizionale palesemente non ha senso, perché la

legge dell’islam è valida per l’individuo musulmano dovunque si trovi, e così facendo potenzialmente corrode l’ambito in cui si applicano le leggi della dar al-harb. E in effetti non può sfuggire come nell’intitolazione del paragrafo del

Kitab ikhtilaf al-fuqahadi ¥abaria cui sopra abbiamo fatto riferimento, la

ca-sistica considerata preveda una serie di possibili mutamenti di situazione, in cui la dar al-harbva sempre più restringendosi, o perché, in una certa zona, gli

harbi diventano tutti musulmani e emigrano nella dar al-islamo perché la

legge dell’islam vi diviene imperante (presumibilmente a seguito di un jihad

vittorioso). Il pensiero di Abu¢anifa sembra esprimere l’esigenza primaria di

37 The Islamic Law of Nations, p. 19.

(22)

[15] alla ricerca di dar al-islam 285

stabilire in modo netto i confini tra il mondo dell’islam e tutto ciò che ne sta al di fuori, anche attraverso la negazione della possibile esistenza di una ter-za categoria di territori, dotati di uno statuto per così dire intermedio e di na-tura temporanea, quello di dar al-‘ahdo dar al-sulh, che invece Shafi’i, insieme

ad altri giuristi, contemplano.39 In un tempo in cui le conquiste territoriali realizzate sotto gli Omayyadi sono da circa un secolo parte integrante di quel mondo che convenzionalmente i giuristi designano come dar al-islam, il

pensiero di Shafi‘isembra manifestare una concezione identitaria più

dina-mica e forse anche più aggressiva.

Solo col tempo le due coppie di termini, dar al-islame dar al-harb,si

avvia-no a diventare formule convenzionali fisse, lasciando dietro di sé una scia di espressioni equivalenti, ma più fluide, in cui, come ancora in Shaybani,

luo-ghi e gente – dar e ahl– possono occupare l’uno il posto dell’altro, dove harb

può essere sostituito da shirko kufr, e dove dar al-harbpuò essere anche più

semplicemente e concretamente, come nel Muwatta’di Malik, ardal-‘aduww,

la “terra del nemico”.40

Scorrendo le pagine del capitolo dedicato alle siyar nel Mabsutdi Sarakhsi,

in pieno v/xi secolo, si nota come dar al-islame dar al-harbricorrano con

mar-tellante frequenza: ogni specifica questione è considerata in relazione allo svolgersi dei fatti in terra d’islam o nell’altra dar, in un instancabile dislocarsi

del punto di vista, fra interno e esterno, che ha il potere di capovolgere ogni situazione, in un passaggio continuo di categoria che scatta non appena si var-cano i confini dell’uno o dell’altro territorio. La posizione di un individuo, con tutto quanto gli appartiene, e, nel caso di un individuo di genere femminile, anche il feto che porta nel ventre, sono considerati in un’ottica differente, so-no passibili di trattamenti differenti a seconda che si troviso-no da una parte o dall’altra,41 anche nel caso si tratti di un musulmano o di una musulmana. La dimensione temporale dell’accadimento – cioè la considerazione del quando qualcosa è avvenuto – è incollata, ai fini della sua valutazione giuridica, allo spazio in cui esso ha “avuto luogo”.

Ma è vero che già tre secoli prima, nel Kitab al-asl di Shaybani – che

raccoglie le opinioni di Abu¢anifa trasmessegli da AbuYusuf42 – massima

attenzione è dedicata alla complessa casistica relativa al passaggio di un individuo da una darall’altra: anche qui il prima e il dopo, sempre

stretta-mente correlati al luogo dell’azione, sono sottoposti, attraverso la finzione di una serie di domande poste al giurista, a una disamina puntigliosa, certa-mente legata a esperienze concrete, ma anche dettata da un gusto e da un’affi-nata capacità di ipotizzare e dunque di immaginare. Soffermiamoci,

esem-39 Cf. H. Inalcik, “dar al-‘ahd”, E. I.2, vol. ii. 40 Anas b. Malik, al-Muwatta’, Bayrut 1993, i, p. 378.

41 Al-Sarakhsi, Kitab al-mabsut, Bayrut, Dar al-Fikr, 1421/2000, juz’ 10, pp. 54-55.

Referensi

Dokumen terkait

Dengan aplikasi Rumah Dosen informasi mengenai profil dosen mudah didapatkan, selain itu aplikasi Rumah Dosen membantu dosen dalam mendokumentasikan pekerjaannya

Apakah ada perbedaan pengaruh antara model pembelajaran Inquiry dan model pembelajaran Direct Intruction pada kelompok siswa yang memiliki kemandirian belajar rendah

[r]

Praktik Pengalaman Lapangan (PPL) merupakan program wajib bagi mahasiswa program kependidikan Universitas Negeri Semarang (UNNES) yang berkaitan dengan praktik

Langkah-langkah yang diperlukan terutama untuk menaikkan jumlah daging dalam negeri yaitu merangsang berkembangnya peternakan besar maupun kecil

Pemikiran dasar yang terkandung dalam Pancasila, yaitu pemikiran dasar yang terkandung dalam Pancasila, yaitu pemikiran tentang manusia yang berhubungan dengan

Berpiki inspiratif ini lebih tinggi dibandingkan dengan berfikir inovatif karena hasil dari berpikir inovatif ternyata belum tentu dapat mengubah kondisi masyarakat dari

Penelitian Tindakan Kelas yang telah peneliti beri judul “Penggunaan Permainan lego Dalam Bidang Pengembangan Kognitif untuk Mening- katkan Kreativitas Anak Usia Dini di PPT