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M. Bedello Tata A.Bedini L. Bassanelli P (1)

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για το φίλο μας

Scritti in ricordo di

Gaetano Messineo

a cura di E. Mangani, A. Pellegrino

(3)

Il volume è pubblicato da

© Edizioni Espera v.le Monte Falcone 71 00077 Monte Compatri (RM) www.edizioniespera.com edizioniespera@gmail.com

Impaginazione a cura della Casa Editrice

Tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-941582-3-6

In copertina:

Il giardino. Affresco del triclinio della Villa di Livia a Prima Porta, Palazzo Massimo alle Terme.

Frederick de Moucheron, Tour en ruine proche de Rome (recto); sec. XVII. Disegno; penna e inchiostro bruno; cm 19 x 32. Chantilly, Musée Condé, inv. DE 1116.

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Indice

Premessa

pag. 7

Tabula Gratulatoria

» 11

Ricordi

S. Loiacono Clarke

Gaetano Messineo (in memoriam)

» 15

D. Scarpati

Gaetano Messineo: un archeologo per davvero

» 17

R. Spadea

Frammenti di una lunga amicizia

» 19

Abbreviazioni Bibliografiche

» 23

Pubblicazioni

di

Gaetano

Messineo

» 25

N. Allegro

Rilievo fittile da Himera

» 37

Α. Α

ρχοντίδου

ργυρη

Ψαρά: Ένα «καταφύγιο» του µυκηναϊκού κόσµου στο κέντρο του Αιγαίου

» 43

M. Bedello Tata, L. Suaria

Scavo e valorizzazione di una villa rustica nell’area commerciale di

Castel

Romano

(Roma)

» 55

M. Bedello Tata, A. Bedini, L. Bassanelli, P. Bassanelli,

M. Muzzupappa, F. Bruno

Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

» 63

O. Belvedere, A. Burgio, R.M. Cucco

I nuovi scavi a Villa S. Marina

» 81

M. Buonocore

Gaetano Marini e i papiri di Ercolano: una inedita relazione del 1777

» 89

C. Calci

La serie Risorgimento Italiano delle medaglie di Francesco Grazioli

» 97

A. Carbonara, F. Panariti

Aggiornamenti sulla viabilità ostiense. La via Ostiense e la via Severiana

» 109

M. Cultraro

Elementi di interesse paletnologico nei depositi di olio bituminoso

della

Sicilia

centro-occidentale

» 129

M. David

Burdigala e Mediolanum nell’età di Teodosio. Fonti letterarie e fonti

(5)

F. Delpino

Felice Barnabei e il collezionismo artistico e antiquario

pag. 147

E. Di Giampaolo

Divagazioni archeologiche su un sito arcaico d’altura a Petralia Soprana

» 157

L. Finocchietti

Le caratteristiche topografiche del

vicus di Foruli

» 167

S. Gigli Quilici

Strade e marciapiedi, carri e pedoni a Norba

» 177

G. Greco

Da Hera Argiva alla Madonna del Granato: la costruzione di una iconografia

» 187

G. Grossi

Una nuova necropoli italica di tombe a tumulo nel territorio della sannita

Civitas

di Borrello (CH)

» 199

E. La Rocca

Sulla bottega di

Pasiteles e di Stephanos. II. Le Appiades di Stephanos

nei monumenta Asinii

e nel foro di Cesare

» 207

C. Letta

Un epigramma funerario su una stele con

Porta Ditis dalla Marsica

» 225

F. Lo Schiavo

Ancora sulle spade votive: il complesso dal nuraghe S’Iscolca di Ozieri

» 231

E. Mangani

Concezio

Rosa,

abruzzese

» 247

A. Pellegrino

La ricerca archeologica ad Efestia (Lemno), 1992-1999

» 263

A. Pellegrino

Monte Pallano e la Lucania della valle del Sangro

» 271

R. Pierobon Benoit

“Planta pedis”: un modo di comunicare. Un caso dal territorio di Iasos

» 289

M. Piranomonte

Proseguire il cammino: l’attività sul territorio del XV municipio

dopo

Gaetano

Messineo

» 299

L. Quilici

La villa dei Settebassi a Roma Vecchia

» 307

M. Ricciardi

Lavori nel sito preistorico di Poliochni: esperienze di restauro e

valorizzazione condotte tra gli anni 1986 e il 1997

» 315

M.A. Rizzo

Rappresentazioni di navi su due grandi pissidi white-on-red dalla tomba 1

(6)

A. Russi

Per la storia del Museo Nazionale d’Abruzzo all’Aquila. Il dibattito sulla sua

istituzione e gli interventi di Gaetano De Sanctis e Valerio Cianfarani

pag. 333

R. Santangeli Valenzani

L’iscrizione di Teodora da Santa Sabina. Una nuova ipotesi di interpretazione

» 345

F. Vistoli, A. Locchi

Alla ricerca di Prassitele. Brevi note su un inedito scavo archeologico del

(7)
(8)
(9)

Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

Margherita Bedello Tata - Alessandro Bedini - Leonardo Bassanelli

Pietro Bassanelli - Maurizio Muzzupappa - Fabio Bruno

Stato degli studi ( 1970-2014)

La storia degli studi sull’antica Ficana è ca-ratterizzata da un intreccio di collaborazioni eccellenti coordinate dalla Soprintendenza Archeologica di Ostia, oggi confluita nella Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il MNR e l’Area Archeologica di Roma. Come peraltro ben sapeva Gaetano, il concorso di competenze diverse si rivela fondamentale nella ricerca archeologica, specie nei momenti di forte difficoltà per la cultura sia sul fronte economico che programmatico. L’avvicen-darsi di collaborazioni con Università, Enti di ricerca e Istituzioni culturali italiane e stranie-re, iniziate negli anni settanta del Novecento, dà ancora oggi i suoi frutti grazie al generoso contributo di molti degli studiosi che fin dagli inizi seguirono le varie équipes di lavoro.

Il sito di Ficana ha conservato nel tempo un nesso inscindibile tra l’abitato, individua-to sul pianoro di Monte Cugno, ad Acilia, e la sua necropoli, che occupa le prospicien-ti colline dei Monprospicien-ti di San Paolo (fig. 1). Gli elementi salienti di questo contesto unitario, peraltro ormai ben noto nella letteratura ar-cheologica1, sono stati chiariti nel corso di

varie campagne di scavo condotte dalla So-printendenza a partire dagli anni settanta del Novecento, promosse sulla scorta delle fonti antiche, di ricognizioni e prospezioni archeo-logiche2. Le indagini hanno portato alla

defi-nizione delle principali caratteristiche dell’a-bitato e del suo sistema difensivo. Questo era formato da un aggere con fossato posto a pro-tezione di un primo nucleo di capanne cui, tra il VII e il VI sec. a.C., si aggiunsero edifici più stabili, con zoccolo in pietra. Grazie agli scavi anche la necropoli fu definita nelle sue linee essenziali. Già preceduta, come peraltro l’abitato, da testimonianze risalenti al bronzo

1 Recentemente Fulminante 2003, 200-204.

2 Quilici Gigli 1971; Zevi 1976; Zevi, Cataldi Dini 1977; Bartoloni et al. 1977.

finale, ha il suo floruit intorno alla metà del VII sec. a.C. e appare costituita prevalente-mente da tombe a fossa colmate da più strati di tufi, la cui disposizione per gruppi, in parte dipendente dalle caratteristiche del suolo, si deve all’esigenza di tenere uniti i nuclei fami-liari. La maggior parte delle tomberestituisce corredi di uomini, sepolti come guerrieri, e donne dedite ad attività domestiche (filatura e tessitura), costituenti la membratura di una comunità articolata, all’interno della quale si distingue una classe aristocratica, che ostenta il linguaggio dei principi, come testimonia-to da altre necropoli laziali, come Castel di Decima o Laurentina Acqua Acetosa. Non mancano nel comprensorio le testimonianze dell’occupazione successiva del territorio, documentata dai resti di ville rustiche di età romana con relativi sepolcreti, certamente ri-feribili ormai all’ager ostiensis.

Di fatto gli scavi nell’abitato furono condot-ti in stretta collaborazione con i quattro Iscondot-titucondot-ti scandinavi di archeologia e storia residenti a Roma: Accademia di Danimarca, Institutum

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64 M. Bedello Tata - A. Bedini - L. Bassanelli - P. Bassanelli - M. Muzzupappa - F. Bruno

Romanum Finlandiae, Istituto di Norvegia e Istituto Svedese di Studi Classici, mentre quel-li della necropoquel-li furono diretti dalla Soprin-tendenza3, che grazie ai risultati raggiunti

rac-colse le motivazioni per l’emanazione di una serie di vincoli4, rivelatisi nel tempo strategici

per la salvaguardia dell’intera zona, fortemen-te gravata dall’abusivismo.

Molto giovò alla conoscenza del sito, a ridosso degli stessi anni, la realizzazione di eventi e mostre in Italia e nei paesi partners. I risultati degli scavi italo-nordici, condotti tra il 1975 e il 1980, furono esibiti in una mo-stra monografica itinerante che, dopo essere stata ospitata in Danimarca, Svezia, Finlan-dia e Norvegia, giunse nell’autunno 1981 a Roma5. Seguirono imprestiti di materiale per

altre esposizioni, all’interno delle quali ven-nero messi in rilievo di volta in volta il ruolo di controllo svolto da Ficana sul basso corso del Tevere e sulle vie di collegamento tra La-zio ed Etruria, documentato dagli importanti materiali rinvenuti sia nell’abitato che nella necropoli, nonché i caposaldi della sua storia, intrecciatasi con le vicende di Roma nella sua espansione verso la costa. Particolarmente in-cisive furono le mostre che si collocano tra gli anni ottanta e i primi anni novanta del No-vecento. Tra queste l’esposizione che celebrò nel 1981 il bimillenario virgiliano6, quella

pro-mossa nell’ambito del Progetto Etruschi, ospi-tata in varie sedi della Toscana nel 1985, tra cui Siena, ove fu inviato un intero corredo da mensa dall’abitato7, quella sostenuta nel 1986

dal Ministero per i Beni culturali e ambienta-li, sul Tevere8, infine, nel 1990, la mostra “La

Grande Roma dei Tarquini”9, entrambe

tenu-tesi a Roma.

3 Una parte dei corredi è già stata pubblicata da Cataldi Dini 1977.

4 Alla vincolistica degli anni 1973 e 1974, riguardante la necropoli e le ville rustiche individuate nel territorio, riportata sulla Carta storica del Comune di Romaal F. 22 alle lettere B, C, D, si sono aggiunti l’ampliamento del vincolo della necropoli e quello sull’abitato: D.M. 3.04.1989; D.M. 13.10.1989.

5 Ficana 1981. Una prima rassegna si ebbe ad Ostia antica, presso la Rocca di Giulio II: Ficana 1977.

6 Malmgren 1981.

7 Magagnini, Rathje 1985. Su questo importante ritrovamento nel dettaglio: Rathje 1983.

8 Santa Maria Scrinari, Rathje 1986. 9 Pavolini 1990.

A partire dalla metà degli anni ottanta del secolo scorso, la ricerca sul campo ha segnato il passo. Limitati saggi sono stati condotti ai pie-di dell’abitato, in vista pie-di un progetto pie-di recu-pero della borgata di Acilia, poi non realizzato, mentre le nuove necessità edilizie, espresse da privati, hanno portato la Soprintendenza alla verifica dei terreni circostanti il contesto ficano, mediante sondaggi preventivi.

Per quanto riguarda l’edito è da segnalare, accanto ai contributi espressi nelle varie mo-stre, la realizzazione di una serie di studi de-dicati agli scavi di Ficana, sostenuta dalla So-printendenza e dagli Istituti nordici, cui fanno capo due primi volumi sulla Topografia gene-rale e sul Periodo protostorico e arcaico10,

cura-ti dall’Iscura-tituto Poligrafico dello Stato. La serie, che prevede, oltre al completamento degli stu-di sul periodo protostorico e arcaico, anche la pubblicazione della necropoli, è stata recente-mente ripresa dalla Casa Editrice Quasar, con un terzo volume sulle fortificazioni dell’età del ferro, e un quarto sui ritrovamenti di età repubblicana e imperiale11. I volumi sono

ac-compagnati da un ricco corredo bibliografico e da note di approfondimento su temi di ca-rattere petrografico, studi sull’industria litica, su reperti lignei, osteologici, faunistici, mala-cologici e antropologici. Per questo sono scesi in campo specialisti dei vari settori, italiani e stranieri, ognuno con contributi specifici: l’E-NEA, l’Università degli Studi di Roma ”La Sa-pienza” con l’Istituto di Mineralogia e il Dipar-timento di Scienze dell’Antichità, l’Università di Pennsylvania - Department of Anthropolo-gy and SocioloAnthropolo-gy West Chester, l’Università di Uppsala, l’allora consorella Soprintendenza Archeologica di Roma12. Ruolo fondamentale

per l’immediata diffusione dei dati scientifici ha svolto da subito il Comitato per l’Archeolo-gia Laziale, che ha assolto tra il 1978 e il 1995, nell’ambito del Consiglio Nazionale delle Ri-cerche, il compito di pubblicare quasi in diretta i risultati delle ricerche sul campo nei Quader-ni di Archeologia etrusco-italica13.

10 Fischer-Hansen 1990; Brandt1996.

11 Fischer-Hansen, Algreen-Ussing 2013; Pietilä-Castrén 2012.

12 Fischer-Hansen 1990, 21-34; Brandt1996, 393-474 ss. Si veda anche Vuorinen et alii 1990.

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65

Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

La difficoltà della tutela dell’abitato sul pia-noro ha spinto la Soprintendenza ad interrarne i fragili resti emersi con gli scavi, peraltro do-cumentati e vincolati, volendosi lasciare una seppur minima agibilità al privato, che da più di una generazione occupa la sommità di Mon-te Cugno con un casale anch’esso ormai stori-cizzato nel paesaggio. Per quanto riguarda la necropoli, invece, non trattandosi di strutture monumentali, ma di semplici fosse, si è scelto di operare mediante il prelievo dei manufatti e all’occorrenza di intere sezioni di scavo, per pro-cedere in laboratorio alle operazioni necessarie. I materiali ceramici diagnostici provenien-ti dall’abitato sono oggi in parte ospitaprovenien-ti nei magazzini nell’area archeologica di Ostia an-tica. Quelli più significativi, come il prezio-so servizio da banchetto dall’abitato equelli provenienti dalla necropoli, sono attualmen-te conservati nei depositi climatizzati della Sezione protostorica dell’ex Soprintenden-za Archeologica di Ostia, ospitata ad oggi, 2015, presso il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo di Roma. Qui sono stati restaurati, seguendo le linee guida di un progetto fina-lizzato all’immediato avvio di interventi di documentazione e restauro14. Detto progetto,

tuttora utilissimo per la pianificazione della spesa, è consistito nel completo monitorag-gio del materiale, riportato su schede, prima cartacee ora informatizzate, che consentono di attingere ad un piano di pronto intervento, che indica le necessità di restauro e il com-puto per l’acquisto di idonei contenitori e supporti, utili all’immagazzinamento, soste-gno e leggibilità dei materiali. Questo lavo-ro si è dunque configurato come una “banca progetti” in grado di facilitare, ogniqualvolta fosse possibile, i provvedimenti più urgenti e necessari alla messa in sicurezza e manu-tenzione dei manufatti. Grazie a questa pia-nificazione, che ha interessato circa quaranta corredi, provenienti dagli scavi 1975-1983, con restauri ormai completati nelle linee

es-Jarva 1981; Pavolini 1981; Cataldi Dini 1984; Melis, Rathje 1984; Algreen-Ussing, Fischer-Hansen 1985.

14 A questo proposito è giusto ricordare l’opera di riorganizzazione dell’intero settore e la svolta data al sistema di conservazione e manutenzione del materiale protostorico della ex Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia dalla restauratrice Sig.ra Laura Spada, che tra il 1983 e il 2007 ha condiviso con chi scrive scelte di tutela innovative.

senziali, è stato possibile avere accesso a fon-di aggiuntivi, come vedremo.

Al primo nucleo di tombe si sono aggiunti, in tempi recenti, i materiali provenienti da uno scavo compiuto tra il 2007 e il 2008 in una pic-cola area della necropoli già sottoposta a vin-colo archeologico15, il cui controllo, richiesto

dal proprietario e autorizzato dal Ministero, ha portato al recupero di ben 19 sepolture di cui 12 con corredo. Lo scavo esaustivo dell’ap-pezzamento, sostenuto finanziariamente dal proprietario stesso, gli ha consentito, una vol-ta liberato il terreno, di edificare, nell’ambito di una legalità spesso a rischio nella zona, che ricade nella borgata di Acilia.

Il restauro dei manufatti provenienti da questi ultimi scavi, in parte asportati assieme a intere porzioni di terreno, è iniziato imme-diatamente, grazie alla fortunata convergenza di più finanziamenti erogati nell’ambito della programmazione ordinaria. La completa re-alizzazione dell’intervento, pur supportato dall’Amministrazione, non sarebbe stata co-munque possibile senza il sostegno finanzia-rio della Svizzera, nell’ambito dell’“Accordo bilaterale tra Italia e Confederazione Elvetica sul controllo all’importazione di beni cultu-rali”, firmato il 20 ottobre 2006, ai sensi della Convenzione Unesco del 1970 al fine di impe-dire ogni illecita esportazione, importazione e trasferimento di beni culturali. L’accordo, entrato in vigore il 27 aprile 2008, ha permes-so alla Soprintendenza di partecipare, con esi-to favorevole, ai bandi aperti dalla Svizzera per la richiesta di aiuti finanziari a favore del mantenimento del patrimonio culturale mo-bile (Legge federale sul trasferimento interna-zionale dei beni culturali del 20 giugno 2003, art. 14,cpv 1, lett. B)16.

15 Lo scavo 2007-2008, condotto dalla ditta “La Fibula”, è stato diretto sul campo da chi scrive e dal dott. Alessandro Bedini, con il supporto degli arch. Giancarlo Guzzardi e Luigi Sebastiani del Grandeper disegni e rilievi. Foto da pallone sono state eseguite dal sig. Mario Letizia.

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66 M. Bedello Tata - A. Bedini - L. Bassanelli - P. Bassanelli - M. Muzzupappa - F. Bruno

La convergenza di più risorse, dunque, tra cui quelle di € 81000,00 erogate in cofinanzia-mento dalla Svizzera nel 2012, ha consenti-to di portare a buon fine lavori altrimenti di difficile realizzazione, sviluppando le linee guida del programma sopra citato con una tempistica rispettosa dell’urgenza, richiesta dal materiale fortemente degradato. Il pro-getto sulla “messa in sicurezza conservativa, integrazione, rimontaggio, ricostruzione vir-tuale in funzione della valorizzazione e espo-sizione dei corredi provenienti dalla necro-poli dell’antica Ficana”, si è realizzato con il completamento di due interventi, già avviati con la programmazione ordinaria, ed ha ri-guardato in particolare quattro corredi, rinve-nuti in due diverse campagne di scavo, legati da una singolare omogeneità, messa in piena luce con il restauro.

Il primo intervento ha interessato i corre-di corre-di due tombe principesche: 107, maschile, e 112, femminile, rinvenute nell’ultima campa-gna di scavo 2007-2008. Ne sono stati comple-tati lo scavo in laboratorio e il restauro dei ma-nufatti, nonché la valorizzazione, che ha avuto come capisaldi il rimontaggiosu supporti in plexiglass di oggetti metallici, come due tripo-di, un flabello ed uno sgabello, nonché degli elementi metallici relativi ad un carro, rimon-tato con finalità didattiche ed espositive. La complessità delle operazioni intraprese e la particolarità dei materiali hanno reso necessa-ria la collaborazione scientifica di alcune Isti-tuzioni per ricerche ed analisi altrimenti im-possibili all’interno della Soprintendenza. Per-tanto l’Istituto Centrale per il Restauro - Istitu-to per la Conservazione e il Restauro (Labora-torio di Biologia), ha prestato la sua opera per la determinazione di tracce organiche, mentre il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha dato ogni disponibilità per l’esecuzione di analisi di laboratorio. La documentazione del restau-ro del tripode in ferrestau-ro dalla tomba maschile, a sua volta, si è avvalsa del prezioso contributo dei tecnici del Settore scientifico disciplinare Ing/ Ind 15 “Disegno e metodi dell’Ingegne-ria Industdell’Ingegne-riale dell’Università della Calabdell’Ingegne-ria”, che hanno messo a disposizione risorse all’a-vanguardia nel campo della documentazione, i cui risultati saranno di seguito esposti.

Il secondo intervento ha privilegiato un altro importante aspetto della tutela, quello

della manutenzione e della conservazione nei depositi. Sono stati scelti i corredi principeschi delle tombe 30, maschile, e 32, femminile, rin-venute alla fine degli anni settanta del Nove-cento e conservate nei depositi. Il loro stato di conservazione, a distanza di quasi trent’anni dal restauro, suggeriva un’attenta manuten-zione, peraltro già prevista e quantificata nella ‘banca progetti’. Ogni manufatto è stato sot-toposto a revisione e collocato all’interno di contenitori appositamente studiati per un im-magazzinaggio a lungo termine, ovvero prov-visto di idoneo supporto atto a garantirne una maggior maneggevolezza. I corredi sono stati fotografati e documentati con schede e dise-gni, ponendosi così le basi per una loro più aggiornata lettura ed un costruttivo confronto tra le diverse metodologie di scavo e recupero adottate nel corso degli ultimi trent’anni.

A queste attività hanno prestato la loro opera, sotto la direzione della Soprintenden-za, restauratori, rilevatori, disegnatori e foto-grafi, il cui preciso coordinamento può dirsi frutto dell’eccellenza delle nostre maestranze coniugata con una corretta base progettua-le17, che dimostra come la professionalità e la

disponibilità riescano a far superare le tante difficoltà di ordine economico e gestionale, di cui è quotidianamente lastricato il cammino dei tecnici e degli archeologi.

È d’obbligo ricordare a questo punto come l’insieme degli interventi di conservazione messi in campo in questa occasione nasca da un passato prossimo molto costruttivo e co-stituisca il risultato di un lungo periodo di sperimentazione, iniziato negli anni settanta del Novecento dai tecnici del restauro e da-gli archeologi italiani, molti dei quali interni alle Soprintendenze. Questi, in quegli anni che segnano un momento di grandi scoperte in campo protostorico, si trovarono a dover gestire ritrovamenti complessi e il recupero di materiali fragilissimi, con tecniche

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Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

Fig. 2 - Ficana, Tomba 107. Tripode di ferro n. 17.

tali. Fu in quegli anni che si dovettero affinare tecniche di scavo e di conservazione innova-tive, la cui esecuzione, per motivi di tempo e sicurezza, venne trasferita in laboratorio, ove intere sezioni di terreno con i corredi furono asportate per venire più agevolmente tratta-te, con le stesse tecniche esemplari, che ancor oggi vengono proposte ed impiegate.

Margherita Bedello Tata

Ficana. Il tripode 17 della Tomba 107*

Si vuole dare qui notizia preliminare dell’ultimo scavo effettuato nella necropoli di Ficana, frutto di complesse sinergie, come ri-ferito nella relazione di Margherita Bedello18.

In particolare, nello spirito sempre dimostra-to da Gaetano Messineo, acudimostra-to indagadimostra-tore e conoscitore dei materiali di scavo, si sceglie di descrivere uno dei reperti più significati-vi della Tomba principesca 107 di Ficana, un monumentale tripode in ferro, sia per il suo emblematico valore ideologico, rappresenta-tivo della vita aristocratica di età orientaliz-zante nel Latium vetus, sia perché esempio di come si possa ottenere il recupero e la relati-va documentazione di oggetti in condizioni estremamente deperibili con l’ausilio di espe-rienze acquisite e di tecniche moderne, per cui si rimanda alle successive parti a cura di Pietro e Leonardo Bassanelli, per il restauro, e degli Ingg. Maurizio Muzzupappa e Fabio Bruno, per la documentazione in 3D.

La Tomba 107 e il tripode n. 17

La Tomba 107 è del tipo a pseudo camera, con copertura a tavolato sostenuto da pilastri lignei su basi in tufo; il momento della depo-sizione è collocabile nella seconda metà del VII sec. a.C. Il corredo è disposto in modo da rappresentare le precipue funzioni del prin-cipe defunto nell’ambito della sfera privata e pubblica. Sul lato sinistro del corpo, lungo

*18 Luciano Mandato della Soprintendenza speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’area archeologica di Roma, ha curato la rielaborazione della documentazione fotografica delle figg. 2-12.

18 Lo scavo condotto in proprietà Lippi nel 2007-2008 ha recuperato 12 corredi, fra cui la Tomba 107, di cui è in corso lo studio a cura del sottoscritto e della dr.ssa Bedello.

tutta la parete della tomba, è deposto il carro con i finimenti equini e davanti l’anfora vina-ria con, in successione, i bacili in bronzo e i vasi per contenere, versare e bere, tipici della cerimonia del banchetto pubblico19. Lungo la

parete a destra del corpo sono deposti tutti gli oggetti di prestigio che caratterizzano il

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68 M. Bedello Tata - A. Bedini - L. Bassanelli - P. Bassanelli - M. Muzzupappa - F. Bruno

principe come capo del gruppo gentilizio e della comunità di appartenenza. Fra questi un tripode monumentale in ferro (fig. 2). Il tipo è quello del sostegno a tre zampe con fa-scia cilindrica superiore. Lo schema di base è reso però più complesso dalla presenza, ne-gli spazi fra le zampe, di due fasce di sottile lamina che salgono dal punto di intersezio-ne del tirante centrale inferiore fra le zampe, incrociandosi verso l’alto, per essere saldate da un pernio con una borchia conica, ai lati dell’attacco delle zampe. Analoga borchia ferma anche il punto di incrocio delle due la-mine insieme ad una asticella fusa, a sezione rettangolare, che da questo incrocio sale per-pendicolarmente alla fascia del tripode, in corrispondenza del punto mediano dello spa-zio fra le due zampe. Qui l’asticella è saldata sempre da pernio con borchia conica, con evidente funzione di rinforzo; inoltre, in bas-so, sotto al punto di incrocio, l’asticella dopo una decisa rastremazione si piega a formare un gancio sporgente, per potervi appendere vasi o oggetti necessari per l’esecuzione di un rituale prestabilito. Ai lati delle zampe sono inoltre tesi due fili in ferro, saldati alla base delle zampe e al bordo inferiore della fascia di sostegno del tripode insieme alle estremità delle fasce ad incrocio centrale, con funzione di tiranti o controventature, in modo da ga-rantire la stabilità del tripode. Questo infatti presenta un’altezza sproporzionata al diame-tro della fascia di sostegno (nel nosdiame-tro caso di cm 60 di altezza e di cm 17 di diametro, con un rapporto di ca. 1 a 3), ma nei confronti disponibili l’altezza raggiunge anche il me-tro! Un ulteriore elemento, sempre di filo di ferro, circonda la fascia superiore del tripode, con andamento ondulato, formante tre curve e rispettive controcurve, sormontando i tre attacchi delle zampe e scendendo nella parte centrale fra le zampe in corrispondenza del-la borchia che fissa l’asticeldel-la perpendicodel-lare di rinforzo, terminante in basso con il gancio. Questo elemento, oltre ad essere decorativo, potrebbe avere una finalità funzionale, inca-strandosi sulla fascia che ha un profilo leg-germente troncoconico e sporgendo sopra ad essa per fermare il recipiente che doveva esservi collocato; ma su questo i dati di scavo non sono del tutto univoci e probanti e la pro-blematica resta aperta.

Inquadramento storico-tipologico

I tripodi in bronzo o ferro caratterizzano i corredi di area laziale, veiente e falisco-capena-te a partire dalla prima metà dell’VIII sec. a.C., presentando due tipologie principali, legate alla loro funzione. La prima, più semplice, è quella di una vasca a forma di bacile emisferico, in genere di lamina ribattuta, ad orlo semplice o distinto, con saldate, tramite ribattini rivestiti negli esemplari più antichi da vistose borchie troncoconiche, tre zampe a nastro di metallo fuso, che scendono formando un gomito subi-to dopo l’attacco. La seconda, più complessa, presenta una fascia di lamina verticale chiusa ad anello circolare, sorretta da tre zampe, sem-pre formanti gomito in alto, in genere raccor-date, ad un terzo circa di altezza dal piede, da un cerchio centrale orizzontale con funzione di tirante, saldato alle rispettive zampe da tre fa-scette ad esse perpendicolari, con le estremità ripiegate a squadra. Questa seconda versione di tripode, con funzione essenziale di sostegno, presenta diverse dimensioni e varianti, sia nel-la decorazione che nelnel-la conformazione delle zampe. Prenderò qui in considerazione solo gli esemplari forniti di fili o traverse lungo o fra le zampe. A Veio, Quattro Fontanili, nel secondo quarto dell’VIII sec. a.C. si trovano nella Tomba

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Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

FF 7-820 e Tomba CC 1-221 due tripodi in ferro

che, seppur frammentari, testimoniano già la presenza lungo le zampe di fili, che nel secon-do esemplare sono ritorti, come nel tripode in bronzo da Roma, Esquilino22 (fig. 3), mentre un

altro tripode di bronzo, sempre dall’Esquilino T. XCV23 (fig. 4), presenta le zampe contornate

da fili semplici, saldati in basso sulla parte an-teriore della zampa e in alto ai lati dell’attacco superiore. Il tripode in bronzo della Tomba 33 della Laurentina, inedito (fig. 5), è invece inte-ressante per la soluzione adottata, ancora in un momento iniziale dell’Orientalizzante antico, di far salire i fili, di tipo semplice, saldati

insie-20 NSc 1967, 154, fig. 46, n. 23; Iaia insie-2010, 36, fig. 5, 1. 21 NSc 1972, 223, fig. 19, n. 23.

22 Tomba CIV: Pinza 1924-1932, tav. LXXXIIIa, n. 3. 23 Pinza 1924-1932, tav. LXXXIIIa, n. 4.

me uno sopra l’altro, non ai lati ma sul fronte delle zampe, fino alla fascia superiore a cui si avvolgono con doppia curva e saldatura, con piastrina sagomata, al centro in basso, negli spazi fra le zampe. Sono identici due esemplari dalla Tomba 359 di Castel di Decima, inedita, databile al terzo quarto dell’VIII sec. a.C. Un confronto quasi puntuale si ha dalla Tomba LIV da Capena24 (fig. 6), con l’attacco però dei

fili sul fronte delle zampe, come nel tripode del-la Tomba XCV dell’Esquilino. Una forma simile si ha nella coeva Tomba 2 da Ardea datata al 730-720 a.C.25 con fili che si saldano alla fascia

centrale, senza però formare doppia curvatura, e diverso tipo di saldatura alla base delle zam-pe. Un altro tripode di bronzo, inedito, con fili ritorti proviene da La Rustica e presenta una ulteriore diversa soluzione del loro attacco alla parte inferiore delle zampe. Fili ritorti si

ritro-24 Paribeni 1906, 416, fig. 33. 25 Crescenzi, Tortorici 1983, 44-50. Fig. 5 - Laurentina, tripode di bronzo della Tomba 33.

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vano anche nel tripode della tomba 1036 di Veio, Casal del Fosso, di diversa tipologia ma importante per la sua datazione al terzo quarto dell’VIII sec. a.C. Questi tripodi si rifanno per-tanto ad un modello comune, ma con soluzioni diverse che possono indicare diverse produzio-ni locali. Nel corredo della Tomba 2 di Narce, loc. Petrina, della fine dell’VIII sec. a.C., si ha fine un tripode di bronzo con fili ritorti che si in-crociano fra le zampe26 (fig. 7). L’incrocio di due

verghe fra le zampe si ritrova in area laziale in una particolare tipologia di tripode monumen-tale, risalibile a prototipi orientali, rappresenta-ta dai tripodi in bronzo e ferro con decorazioni plastiche umane e animali delle Tombe Barbe-rini e Bernardini di Palestrina27, da cui può

de-rivare anche il tripode in ferro della Tomba 133 della Laurentina28. Pur in stato estremamente

frammentario, le basi delle tre zampe mostrano chiaramente la partenza dei fili ad arco con il punto di attacco decorato da tre protomi di

ca-26 A. Pasqui, in Barnabei, Gamurrini, Cozza, Pasqui 1894, 433, fig. 187.

27 Canciani, von Hase 1979, 44, tav. 33. 28 Bedini, Cassotta 2006, 478, II.975.

pro dalla lunghe corna, di un tipo molto simile a quelle presenti su un rod tripod da Cipro della prima metà dell’XI sec. a.C.29. La

documentazio-ne attualmente disponibile mostra che a partire dall’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C., in partico-lare in area laziale, vengono realizzati tripodi in bronzo e ferro caratterizzati da fasce incrocian-tisi verso l’alto fra le zampe, che si aggiungono ai fili che salendo dalle zampe si avvolgono in-torno alla fascia superiore; ganci sporgenti dal punto di incrocio delle fasce indicano l’uso di appendere vasi o strumenti necessari all’uso del tripode stesso. Sulla possibile genesi di que-sta forma di tripodi a fasce incrociate dall’area egea, non senza influssi vicino orientali ed in-trodotti in area tirrenica dall’apporto euboico, si rimanda alla convincente trattazione svolta da Colonna a proposito del frammento di tripode fittile euboico del Foro databile al 770 a.C.30; a

noi interessa qui sottolineare due punti: l’esclu-siva presenza di questa tipologia solo in tombe di rango principesco, come attestano anche i nuovi esemplari provenienti da corredi ancora inediti della Laurentina, e il legame dell’adozio-ne di questa forma con particolari cerimonie di uso esterno introdotte nel Lazio e fatte proprie dalla società aristocratica emergente.

I confronti

Fra gli esemplari finora editi, quello della Tomba 15 di Decima31 è il più antico ed il più

attendibile nella ricostruzione fatta, pur non priva di incertezze, dato lo stato precario di con-servazione che ha sconsigliato lo scavo integrale dell’oggetto che giace ancora sul blocco preleva-to sullo scavo32. I tre esemplari in bronzo di

Satri-cum33 sono anch’essi frutto di una ricostruzione lacunosa e non sempre attendibile, ma comun-que presentano notevoli analogie con il tripode di Ficana, essendogli anche cronologicamente più prossimi. Poco utili al momento per con-fronti di dettaglio sono i tripodi della Regolini Galassi di Cerveteri come pubblicati dal Pareti34.

29 Catling 1964, 193, n. 5 e tav. 27, e. 30 Colonna 1977.

31 Zevi et alii 1975.

32 Il corredo della Tomba 15 è attualmente esposto nell’Antiquarium presso la Tenuta Presidenziale di Castel Porziano.

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Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

Posso ora aggiungere due altri confronti dalla Tomba 93 e dalla Tomba 84 della Laurentina, entrambe tombe “principesche”, ancora inedite, con gli esclusivi oggetti di prestigio a partire dal carro. Il tripode della Tomba 93, il cui corredo è databile alla fine dell’VIII sec. a.C., è ancora da restaurare; è in bronzo con una altezza superio-re a cm 60 e oltsuperio-re alle fasce incrociate psuperio-resenta una sistemazione dei fili analoga a quella del tri-pode della Tomba 33, sempre della Laurentina, ripresa anche dal tripode della Tomba 15 di De-cima. La Tomba 84 è stata rinvenuta purtroppo sconvolta, forse da epoca antica, con un corredo dell’Orientalizzante medio. Del tripode in ferro, anch’esso di tipo monumentale, sono rimaste le parti inferiori delle tre zampe con il cerchio di raccordo inferiore, gli attacchi delle fasce incro-ciantisi e dei fili identici a quelli del tripode di Ficana (fig. 8). Si può pertanto constatare che la diffusione di questa particolare tipologia riguar-da essenzialmente i centri della fascia costiera, con un arco cronologico che si estende dalla fine dell’VIII sec. alla seconda metà del VII sec. a.C., con una tendenza a preferire il ferro al bronzo, per ovvi motivi funzionali. Più problematico re-sta da re-stabilire il o i luoghi di produzione, non ritenendo più condivisibile l’ipotesi di Satricum avanzata da Waarsenburg35.

35 Waarsenburg 1995, 198 e 217.

La funzione del tripode

La particolare forma di questi tripodi po-trebbe essere dovuta ad un uso diversificato, legato ad un determinato rituale, come fareb-be pensare la loro esclusiva deposizione solo in tombe di principi guerrieri. Nell’organiz-zazione interna dello spazio della Tomba 107 il tripode era collocato nel gruppo di arredi deposti lungo il lato destro del corpo, tutti ri-ferentisi alla sfera privata del defunto. Oltre agli elementi di apparato quali il poggiapie-di, che allude al trono, il flabello e il vassoio incensiere di bronzo, come vasellame vi sono solo le patere di bronzo, i calici e le coppette di bucchero, quindi forme riservate a sacrifi-ci e libagioni celebrate dal defunto in qualità

Fig. 7 - Narce, Petrina, tripode di bronzo della Tomba 2.

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del suo rango con funzione di capo religioso; i coltelli, gli spiedi e gli alari in ferro in qualità di pater familias e capo politico, con funzione di redistributore di beni di sussistenza; infine il tripode a bacinella di bronzo di tipo poli-funzionale associato ad una grande anfora a spirali di impasto e il monumentale tripode a fascia di ferro che, per gli oggetti trovati ad esso limitrofi, doveva essere legato in parti-colare al consumo del vino nei momenti più significativi della giornata del principe, come viene significativamente illustrato nella pa-tera 61565 della Tomba Bernardini di Pale-strina36, con il principe che liba seduto sotto

l’ombrello di fronte al grande sostegno con re-cipiente da cui può attingere vino da seduto, confermando la funzionalità della particolare altezza di questi sostegni e facendoci capire che i principi laziali comprendevano e con-dividevano il messaggio propagandistico di cui questi oggetti importati erano portatori, riproducendoli e adattandoli ai loro gusti ed alle loro particolari esigenze. Bisogna anche tener presente che, se diverse erano le occa-sioni per libare, diverse potevano essere an-che le modalità, dal tipo dei vini agli apparati funzionali ai determinati riti37. Il microscavo,

tramite la ricostruzione delle dinamiche po-stdeposizionali, ha permesso di stabilire che il tripode era collocato, stante, poco ad ovest del pilastro sud-ovest accanto allo sgabello ed al flabello; sotto di esso, verso l’interno della tomba, erano collocati, verosimilmente su un ripiano ligneo, un bacile-mortaio su tre pie-di pie-di derivazione orientale, una grattugia pie-di bronzo, un coltello, una coppetta di bucchero ed un coperchio di bronzo laminato con presa ad occhiello, riferibile o all’anfora a spirali o ad un recipiente di materiale organico, ipotiz-zabile per la presenza di terra di colore e con-sistenza particolari, da far pensare al disfaci-mento di materiale organico. Il mortaio-tripo-de e la grattugia sono legati ad un particolare modo di assumere il vino proprio del mondo orientale e greco di epoca omerica. Il vino non veniva infatti bevuto schietto, ma taglia-to e mescolataglia-to ad altri ingredienti aromatici o nutrizionali come ben illustrato nel canto XI dell’Iliade (v. 360 ss.), con la preparazione del

36 Canciani, von Hase 1979, n. 18; Botto 2004. 37 Gras 1983; Menichetti 2002.

kykeòn, una bevanda energetica a base di vino, farina di orzo, formaggio e miele.

Alessandro Bedini

Ficana. Tomba 107. Il restauro del tripode

Il blocco di cm 100 x 80 rimosso sullo sca-vo nel 2007 era costituito essenzialmente da una base argillosa con inclusi calcarei entro cui era scavata la fossa, e da terra argillosa sabbiosa del riempimento della fossa, entro cui erano contenuti gli oggetti in ferro (tri-pode, alari e spiedi) insieme al flabello e allo sgabello in lamina di bronzo. I reperti si pre-sentavano come un ammasso di elementi in ferro ossidato/deformato costituito da lami-ne, verghe e fili di vario spessore, sovrappo-sti su vari livelli con un’altezza variabile fino a cm 35, con andamento rettilineo e radiale/ obliquo (fig. 9).

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monumen-73

Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

tale con un’altezza superiore al mezzo metro, sormontato da due alari e da un gruppo di 5 spiedi, mentre alla percezione di un futuro visitatore del museo si sarebbero presentati come un insieme informe, se pur suggestivo, di elementi difficilmente comprensibili. Data la mole del blocco non era pensabile poter effettuare nessun esame radiografico; si è proceduto pertanto ad una documentazione sulla tipologia del tripode in questione sulla base di esemplari in ferro e bronzo di periodo orientalizzante da area laziale, in particolare dalle necropoli di Castel di Decima e Lauren-tina Acqua Acetosa, in parte ancora inediti. Arrivati ad una ricostruzione ideale della forma sulla base degli elementi visibili e dei confronti effettuati si è proceduto, grazie al finanziamento ottenuto con la cooperazione svizzera, al microscavo stratigrafico con lo smontaggio, elemento per elemento, al fine di una ricostruzione integrale, prevedendo il

risarcimento di eventuali parti, di cui già si poteva accertare una inconsistenza materica, rimanendo visibili solo in traccia, ricostruen-dole fedelmente in resina epossidica (fig. 9: fasce polverizzate). Oltre alla consueta docu-mentazione delle varie fasi di scavo, si è ese-guita una documentazione di tipo multime-diale secondo un progetto ideato e realizzato dal Dipartimento di Meccanica dell’Univer-sità della Calabria per documentare tutte le successive fasi di microscavo. La finalità era quella di giungere alla ricostruzione filologi-ca del tripode, di una tipologia non comune, attraverso il riconoscimento di tutte le sue parti strutturali, al momento non del tutto comprensibili. Lo smontaggio è stato effet-tuato cercando i singoli elementi in base alla ricostruzione ideale effettuata in precedenza, tenendo conto delle possibili deformazioni intervenute nelle fasi post deposizionali; si è trovata sempre una corrispondenza a quella

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che si può definire una radiografia mentale, confermando che il fattore fondamentale in questo tipo di restauro è la conoscenza di quello che si sta restaurando. Lo smontaggio del blocco è stato eseguito per gradi. Sono sta-ti rimossi dapprima gli alari, ricomponendo i frammenti su sagome in scala 1:1, tracciate su apposito supporto, poi gli spiedi che in fase di rimozione sono risultati essere 5 elementi.

Isolato così il gruppo dei ferri del tripode, si è operato un approfondimento del micro-scavo mirante ad individuare ed isolare gli elementi delle tre zampe ed in particolare le modalità di incrocio delle fasce laterali ed il loro sviluppo totale in lunghezza, verifican-do l’aderenza dei resti conservati al modello grafico elaborato sulla base delle misure delle tre zampe e dei tre incroci delle fasce fra le zampe, fortunatamente conservatisi nelle po-sizioni originarie.

Il microscavo ha inoltre evidenziato la pre-senza di un cerchio di rinforzo presso la base delle zampe del tripode (fig. 10) rimasto in

posizione originaria, che ha fornito un dato importante per ricostruire l’originaria collo-cazione del tripode e le successive dinamiche dello schiacciamento subito nelle vicende post deposizionali.

Si è passati poi alla rimozione delle zam-pe con i relativi fili ad esse aderenti e delle fa-sce, ricomponendole dai numerosi frammenti di cui si è mantenuta l’originaria successione documentata dall’accurato e complesso micro-scavo (fig. 11). Di queste, ricostruibili sicura-mente per tutta la loro interezza sulla base del microscavo, molti tratti erano ridotti a pura impronta (fig. 12), che tuttavia ha permesso una sicura ricostruzione totale, integrando le parti senza più consistenza materica con rico-struzioni in resina.

Dopo aver isolato la parte superiore del tri-pode identificando i singoli punti di saldatura delle zampe e delle fasce incrociantisi fra di esse, evidenziati da grosse borchie, si è attua-ta la sua rimozione ovviamente in numerosi frammenti, successivamente ricomposti dopo

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Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

pulitura e consolidamento, con le opportune integrazioni delle parti ridotte a soli ossidi senza più consistenza.

Si sono così potuti riassemblare i singoli elementi del tripode sulla base della docu-mentazione raccolta degli esemplari simili sia in bronzo che in ferro provenienti dalle coeve necropoli protostoriche Latine.

Per l’esposizione museale definitiva e per stabilità strutturale il tripode è stato dotato di un sostegno appositamente progettato38.

La progettazione del sostegno ha dovuto te-ner conto di una serie di problematiche tec-niche, data la complessità meccanica del tri-pode con le varie lamine e i fili che si saldano alla fascia superiore, che viene a costituire la parte più pesante rispetto alla fragilità

del-38 Il sostegno è stato realizzato da Gianni Tei, della Dit-ta Di Nave Anna.

le zampe. Su un disco di base in plexiglass, spesso un centimetro, sono stati fissati tre piccoli cilindri, cavi al centro e regolabili con un sistema di avvitamento, per l’allog-gio delle tre zampe in modo da ovviare ai loro leggeri dislivelli; dalla colonna centra-le piena, di cm 5 di diametro, si dipartono a raggiera, all’altezza della fascia superiore, tre perni a testa arrotondata con una vite che regola la loro spinta in modo da fare contra-sto all’interno della fascia e stabilizzare l’in-tera struttura, senza creare disturbo visivo. In basso si aggancia alla colonna un disco di plexiglass per sorreggere il cerchio di raccor-do fra le zampe.

Il microscavo è stato reso ancora più com-plesso a causa della presenza di ulteriori og-getti sottostanti al tripode (mortaio, grattu-gia, coperchio, coppetta, coltello, elementi in bronzo appartenenti alle lance), la cui collo-cazione ha contribuito ad una ricostruzione della posizione originale dei singoli oggetti al momento della deposizione e delle successi-ve modifiche post-deposizionali.

Leonardo Bassanelli, Pietro Bassanelli

Fig. 11 - Ficana, Tomba 107, tripode. Elementi della zampa A dopo la rimozione.

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Documentare un microscavo attraverso la digitalizzazione 3D

Introduzione

Sistemi e ambienti digitali vengono sem-pre più utilizzati come strumenti per la con-servazione, ricostruzione, documentazione, ricerca e promozione (Bruno 2010; Gallo 2014). I modelli 3D, sia di piccoli oggetti che di interi edifici o siti archeologici, sono ge-neralmente ottenuti per mezzo di tecniche di scansione 3D che permettono di creare copie virtuali molto fedeli agli originali. In genere, quando la documentazione digitale è focalizzata su oggetti o aree di piccole di-mensioni, i modelli 3D possono essere creati con differenti tecniche. Negli ultimi anni le tecniche ottiche sono quelle che si sono svi-luppate in maniera più interessante, e tra queste la tecnica fotogrammetrica è quella che ha avuto il maggiore sviluppo in quan-to si è dimostrata essere molquan-to economica e semplice da utilizzare.

Una potenzialità ancora poco espres-sa dalle tecniche digitali, quali strumen-ti di supporto al lavoro degli archeologi, è quella di realizzare una documentazione spazio-temporale delle unità stratigrafiche durante uno scavo archeologico (o un mi-croscavo come quello descritto in questo la-voro) attraverso la ricostruzione 3D di tutte le fasi del processo.

La metodologia seguita in questo lavoro ha permesso di rappresentare mediante diffe-renti modelli 3D l’evoluzione di un microsca-vo garantendo una dettagliata documentazio-ne di tutte le fasi più importanti. Una simile documentazione è risultata essere un valido ed innovativo aiuto nel lavoro di analisi e in-terpretazione dei dati raccolti.

L’approccio descritto risulta pertanto es-sere uno strumento molto innovativo sia per lo studio che per la fruizione, in quanto per-mette di disporre non solo del materiale fi-nale restituito dallo scavo, ma mantiene una traccia digitale della sua evoluzione nel tem-po conservando la memoria di tutto quello che, per forza di cose, viene distrutto. I dati raccolti hanno consentito di evidenziare le condizioni di giacitura dei singoli reperti re-cuperati nei diversi strati, risolvendo il pro-blema cruciale, presente in ogni scavo, per

cui il recupero di un frammento cancella la memoria dei passaggi precedenti.

Da un punto di vista scientifico, questo processo permette di verificare se il lavoro di scavo è stato eseguito correttamente e se i risultati ottenuti sono coerenti con lo scavo di partenza. Da un punto di vista didattico o della fruizione museografica le potenzialità della metodologia descritta sono infinite, in quanto lo studente o il singolo utente mu-seale può disporre di tutte le informazioni raccolte nei formati più svariati (testi, im-magini, video, modelli 3D), rivederle tutte le volte che vuole ed approfondire ciò che ritie-ne più interessante, il tutto contestualizzato nel tempo e nella stratigrafia corrispondente. Sviluppando un software ad hoc, in grado di gestire tutte queste informazioni, l’utente finale avrebbe a disposizione uno strumento di apprendimento evoluto, facile da usare e molto coinvolgente.

Acquisizione e ricostruzione 3D del micro-scavo

L’acquisizione 3D è stata effettuata, man mano che procedeva il microscavo, utilizzan-do esclusivamente una tecnica fotogramme-trica. Sono stati ricostruiti in 3D sette diffe-renti strati del pane di terra in sette momenti successivi della fase di scavo. Le ricostruzio-ni sono state ottenute elaborando al compu-ter un set di foto per ogni strato. Sono state realizzate circa 100 foto per ogni strato ruo-tando intorno al pane di terra. Le foto sono state acquisite direttamente dagli archeologi, mentre gli esperti di fotogrammetria hanno provveduto ad effettuare le ricostruzioni 3D. Per garantire una corretta ricostruzione del microscavo sono stati seguiti alcuni semplici accorgimenti quali l’impiego di teli bianchi per coprire lo sfondo e l’impiego di marker di riferimento per poter effettuare la scalatura e l’allineamento dei differenti modelli acquisiti ai vari step.

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vir-77

Fig. 13 - Processo di ricostruzione dei vari strati del microscavo (Muzzupappa, Bruno).

Fig. 14 - Processo di ricostruzione del Tripode (Muzzupappa, Bruno).

Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

tuale ricostruito al calcolatore, passando dalla cosiddetta nuvola di punti ed al modello 3D non texturizzato.

Per ogni strato ricostruito sono stati otte-nuti sia dei modelli leggeri (in termini di Me-gabyte), per effettuare l’animazione del proces-so di scavo, che dei modelli più dettagliati ed accurati, in modo da poter essere utilizzati per uno studio analitico.

Acquisizione e ricostruzione 3D del tripode

Di tutti gli oggetti del corredo presenti nel pane di terra, si è deciso di digitalizzare tutti i

frammenti trovati nei vari strati che compon-gono il tripode di ferro.

I frammenti sono stati divisi in due grup-pi: quelli da ricostruire mediante tecnica foto-grammetrica e quelli da modellare.

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78 M. Bedello Tata - A. Bedini - L. Bassanelli - P. Bassanelli - M. Muzzupappa - F. Bruno

I frammenti più piccoli (provenienti dalle tre zampe, dagli incroci, dai fili/tiranti delle zampe e dal filo ondulato che corre sulla fa-scia superiore), a causa della difficoltà di ri-conoscere delle feature, sono stati modellati manualmente con il modellatore 3D Blender. Anche per questi frammenti sono state acqui-site una serie di foto per essere utilizzate come “immagini guida” per la modellazione.

Affinché tutti i modelli, sia ricostruiti che modellati, potessero avere la stessa texture

in termini di luminosità e colore, si è dovuto procedere ad una equalizzazione delle tex -ture tramite un programma di fotoritocco. Il passaggio finale è stato quello di mettere in-sieme tutti i singoli frammenti per ottenere il modello del tripode completo (fig. 15).

Animazione delle fasi di scavo e ricom-posizione del tripode

Per completare il processo di documentazio-ne virtuale del microscavo tutti i modelli realiz-zati sono stati utilizrealiz-zati per realizzare un’anima-zione in grado di testimoniare l’intero processo. Per l’animazione sono stati utilizzati i mo-delli decimati (cioè molto leggeri in termini di megabyte) sia delle ricostruzioni dei vari strati di terra che dei frammenti del tripode (ricostruiti e modellati). Ciascun frammento è stato posizionato nel corrispondente stra-to di terra e, tramite la tecnica del key-fra -me, sono state applicate le trasformazioni di spostamento e rotazione in modo che ogni frammento andasse a collocarsi nell’esatta posizione del tripode ricomposto.

Maurizio Muzzupappa, Fabio Bruno Modello virtuale Modello reale

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Scoperte e restauri a Ficana tra vecchie e nuove collaborazioni

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Gambar

Fig. 1 - Aerofoto con perimetrazione delle aree archeologiche sottoposte a vincolo: 1) abitato, 2) necropoli.
Fig. 2 - Ficana, Tomba 107. Tripode di ferro n. 17.
Fig. 3 - Roma, Esquilino, tripode di bronzo della Tomba CIV.
Fig. 5 - Laurentina, tripode di bronzo della Tomba 33.
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Referensi

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