disegno
Il numero affronta il tema dello spazio pubblico nella città contemporanea attraverso una chiave di lettura innovativa; lontano dalle modalità rappresentative e stabili della città pre-moderna, ma anche dal vuoto neutrale della città moderna, lo spazio pubblico contemporaneo è concepito come una entità leggera e pervasiva, un territorio potenziale e trasformabile che permea l’intero tessuto della città.
This issue takes a radically innovative look at public space in contemporary cities. Far from the stable, representative approaches typical of pre-modern towns but also from the neutral emptiness of modern cities, contemporary public space is seen as a light, pervasive entity; a potential, transformable area that permeates the fabric of the entire city.
I contributi dell’
Editoriale
e dell’Opening
affrontano lo scenario urbano contemporaneo ed il ruolo dello spazio pubblico delineando nuove modalità interpretative e nuovi modelli teorici. Le ipotesi della “Nuova Carta di Atene
”, proposta daAndrea Branzi
, descrivono la città contemporanea come un territorio continuo, un organismo vivente in costante trasformazione; perMaria Claudia Clemente
la città è concepita come un teorico ed infinito potenziale spazio collettivo, uno sfondo da modificare, in cui è possibile rintracciare nuove modalità d’uso e nuove relazioni sociali; un tessuto complesso per il quale VincentTeodoli
, direttore della Tate Modern, invita a riflettere sul rapporto tra arte, luogo e collettività, tra visibile ed invisibile. TheEditorial
and theOpening
discuss the contemporary urban scenario and the role of public space, outlining some new interpretation methods and theoretical models. The hypotheses in the ‘New Athens Charter
’
byAndrea
Branzi
describe the contemporary city as a continual, integrated location – a sort of living organism undergoing constant transformation.Maria Claudia Clemente
conceives the city as a theoretical and infinite potential collective space: a background to be modified in which it is possible to note fresh forms of use and new social relationships. In this complex web, Tate Modern directorVicente Todoli
invites us to reflect on the relationship between art, location and the community, and between visible and invisible elements.Nella rubrica
Designer
sono analizzate alcune esperienze di trasformazione urbana: da una parte l’innovativaHigh Line
di New York - raccontata da Diller & Scofidio– dall’altra i temporanei e mobili esperimenti realizzati nel progetto Urban Play ad Amsterdam e nel festival di Esterni a Milano, che indagano le potenzialità programmatiche e sociali dello spazio pubblico. TheDesigner
feature analyses some important urban transformation experiences: the radical and innovativeHigh
Line
in New York –byDiller & Scofidio
discuss– and the temporary, mobile experiments in Amsterdam’sUrban Play
project and the Esterni festival in Milan, investigating of the planning and social potential of public space.Nella rubrica
Factory
, attraverso il caso studio dellaPhilips
, si evidenzia il ruolo della luce nella qualità dello spazio urbano. TheFactory
feature, using aPhilips
case study, reveals the role of light in the perception and quality of urban space.Innovation & Research
investiga su modalità e potenzialità della città on-demand, ovvero sulle possibilità insite nella invenzione di spazi pubblici temporanei e reversibili.Innovation & Research
presents numerous case studies in his examination of the methods and potential foron-demand cities
, i.e. the inherent possibilities associated with the invention of temporary, reversible public spaces that are ready for use.Open Space
esplora il territorio delle megalopoli contemporanee: dall’Expò di Shanghai
, alle foto diFrancesco Jodice
, alle incursioni radicali di Bansky.Open Space
explores the world of contemporary megalopolises, with a sort of reportage from theShanghai Expo
, with the imaginative photos ofFrancesco Jodice
and the description of the radical initiatives byBanksy
.
In
Close-up
viene raccontato da vicino uno dei primi e più riusciti spazi pubblici rubati alla città: l’allestimento della mostraContemporanea nel 1973
a Roma, all’interno del parcheggio di Villa Borghese, progettato da Luigi Moretti. TheClose-up
takes a look at one of the first and most successful public spaces to be appropriated from the city:1973’s ‘Contemporanea’ exhibition
in the underground car park of Villa Borghese in Rome, designed byLuigi
Moretti.
Infine nella nuova rubrica
Thinking about…
, viene esplorato il pensiero diDe Lucchi
, maestro del design italiano. Finally, the newThinking about…
feature presents the ideas ofDe Lucchi,
a master of Italian design.Designing the Void
English and Italian Texts
in
d
ic
e
disegno
industriale
industrial
design
numero curato da | edited by
Claudia Clemente, Massimo d’Alessandro, Susanna Mirza
Direttore | Director
Tonino Paris
Codirettore | Codirector
Lorenzo Imbesi
Vice direttore | Deputy Director
Raimonda Riccini
Coordinamento scientifico | Scientific Coordination Committe
Achille Bonito Oliva, Massimo d’Alessandro, Tonino Paris Corso di Laurea in Disegno Industriale, Sapienza Università di Roma Mario Morcellini
Facoltà di Scienze della Comunicazione, Sapienza Università di Roma Francesco Cervellini
Corso di Laurea in Disegno Industriale e Ambientale, Università di Camerino Vanni Pasca
Facoltà di Design, Politecnico di Milano Roberto Perris
Corso di Laurea in Disegno Industriale, Politecnico di Bari Medardo Chiapponi
Facoltà di Design e Arti, Università IUAV di Venezia Andrea Branzi
Facoltà di Design, Politecnico di Milano
Redazione | Editorial Staff
Coordinamento redazionale | Editorial Coordination Committe
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Palermo:Cinzia Ferrara, Dario Russo
Roma:Paolo Balmas, Barbara Deledda, Paola Schiattarella
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Hong Kong:Victor Lo, Lorraine Justice
Parigi:Federica Dal Falco
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10
opening34
designer60
factory68
innovation&researchAndrea Branzi
10 Urbanizzazioni deboli e debolissime |Weak and Very Weak Urbanization
Maria Claudia Clemente
14 Il progetto dello spazio publico |Designing Public Space
Massimo d’Alessandro
24 Tate Modern ‘Square’
Massimo d’Alessandro
34 N.Y.C., vista sulla High Line |N.Y.C., High Line View
Susanna Mirza
44 Public Design Festival
Daniele Durante
50 Strategie creative urbane open source |Open Source Urban Creative Strategies
Bianca Elena Patroni Griffi
60 City Beautification by Philips
Davide Sani
68 Città reversibile |Reversible Cities
80
I-XV
XVI-XXIV
open space
close up
Federica Dal Falco
Incursioni dell’arte nel tessuto urbano |Art Incursions in the Urban Fabric
Federica Dal Falco
I tracciati percettivi di Piero Sartogo|Piero Sartogo’s Perceptive Pathways
thinking about...
Tonino Paris
I clienti di De Lucchi |De Lucchi’s Client
Cecilia Cecchini
80 Banksy: Urban Guerrilla Art
Sabrina Lucibello
86 Shanghai Forever
Francesco Jodice
92 L’immaginazione dello spazio pubblico |The Perception of Public Space
04
editorialTonino Paris
Melbourne - che grazie alle sue scritte sulla noia, la monotonia del cibo, il caldo, il freddo sopportato dagli animali, vengono improvvisamente percepiti come insopportabili lager. La fantasia sovversiva di Banksy risparmia generalmente gli edifici di interesse storico-artistico e i vagoni delle metropolitane; sceglie piuttosto aree marginali che diventano immediatamente meta di giovani visitatori, quasi i suoi fulminanti interventi potessero riscattarene la bruttezza. Del resto il Banksy-pensiero recita: “Alcune persone diventano poliziotti perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore. Alcune diventano vandali perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore da vedere”.
Banksy trae ispirazione più che dalle superfici neutre dei muri da loro piccoli crolli, che incornicia con linee
tratteggiate facendoli diventare punti di vista privilegiati; da manifesti sbiaditi, che completa stravolgendone il senso; definito come uno dei massimi
esponenti dellaStreet Art, si
materializzano attraverso interventi che spiazzano l’osservatore per lo sguardo irriverente che - con spregiudicati accostamenti, lievi o radicali trasfigurazioni - ridicolizza immagini consuete, a volte vere e proprie icone della società contemporanea: la bambina vietnamita scampata alla bomba al napalm che cammina piangente tra Topolino e il pupazzo del Mc Donald sorridenti; il codice a barre che diventa una gabbia da cui fuggire; i Bobbies in divisa che si baciano appassionatamente; il ragazzo dal volto coperto nell’atto di lanciare una pietra che è invece un mazzo di fiori; la donna di servizio con crinolina che nasconde la spazzatura sotto un muro dipinto come un drappo sollevato; i turisti ciccioni che si autofotografano sorridenti seduti su un risciò trainato da un bambino smilzo; i personaggi di Pulp Fiction che impugnano banane al posto delle pistole, murales rimosso tra il cordoglio generale...
In alcuni casi sono immagini diventate note perché riprodotte su magliette, cartoline, poster, ma dalle quali Banksy, come spiega sul suo sito ufficiale, non trae profitti. Non è lui che le diffonde, così come precisa che non è su Facebook, Myspace, Twitter e che non è rappresentato da alcun gallerista. Infatti, nonostante le sue opere abbiano raggiunto quotazioni notevoli, che giornali e televisioni di tutto il mondo lo corteggino, la sua identità rimane sconosciuta, attorno ad essa si fanno solamente ipotesi più o meno verosimili (Robert o Robin Banks?). Si sa che è nato in Inghilterra, vicino Bristol, nel 1974 e che le sue gesta diguerrilla
artistsono iniziate alla fine degli anni ’80 nella crewBristol’s DryBreadZ. E ciò è sorprendente. In un’epoca nella quale l’apparire è diventato più importante dell’essere il suo
perseverare nell’anonimato risulta una scelta - all’inizio sicuramente dettata dalla possibilità di essere perseguito dalle autorità – di tutto rispetto. Nelle pochissime interviste rilasciate è camuffato, così come nei rari video “rubati” mentre è all’opera.
Nonostante un giurato di uno dei più prestigiosi premi di arte
contemporanea, ilTurner Prize, abbia proposto la sua nomination, Banksy rimane nell’ombra e continua ad esprimersi tramite i suoi lavori. Questi sono realizzati prevalentemente con la tecnica dello stencil, che gli consente precisione e soprattutto rapidità, indispensabile per i suoi interventi “di rapina” effettuati soprattutto in spazi residuali, luoghi inconsueti, perfino gabbie degli zoo -come a Bristol, Londra, Barcellona,
o
Banksy: Urban Guerrilla Art
Gli interventi di Banksy sul territorio costituiscono una sorta di denuncia sociale a scala urbana delle piccole e grandi violenze della società contemporanea, delle ossessioni, dei miti e dei valori dominanti.
Incuriosiscono e stupiscono grazie alla loro capacità di relazionarsi con gli spazi e di interagire con essi in modo inconsueto, caratteristica che rende riconoscibili le sue opere e dà luogo, in chi le guarda, ad una sorta di
straniamento percettivo di surrealistica memoria.
La storia dei writers, tra arte e vandalismo, accompagna il modificarsi della scena urbana da quando, nel corso degli anni Quaranta, i soldati alleati disegnavano sui muri un volto stilizzato accompagnato dalla scritta
Kilory was here, l’antesignano di una anonimataga testimonianza del passaggio in un certo luogo. Ilgraffiti writing- a Filadelfia, nella seconda metà degli Sessanta, a New York negli anni Settanta, fino a
raggiungere una diffusione planetaria a metà degli anni Ottanta - con le sue lettere giganti legate tra loro, fumetti, immagini stilizzate, slogan, ha colorato, imbrattato, rallegrato, deturpato le città. A secondo dei punti di vista, ma anche dei luoghi scelti e, soprattutto, degli autori, fra i quali si possono ascrivere artisti internazionalmente riconosciuti, come Keith Haring, solo per citare il più famoso.
Non è un caso se nell’area di West Hollywood, a Los Angeles, sono stati recentemente chiamati dal Mark Center for Arts and Architecture ventuno giovani artisti della scena underground americana per eseguire lavori di grandi dimensioni posizionati al posto degli onnipresenti cartelloni pubblicitari. Una sorta di
legittimazione, ma forse anche di snaturamento, di ciò che è nato “libero” e “contro”.
Banksy è nel solco di questa tradizione. La potenza dell’immaginazione e il talento pittorico di quello che viene Cecilia Cecchini
street art
Banksy, interventi urbani | urban interventions
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Banksy, dipinti appesi furtivamente in vari musei del mondo | paintings hung furtively in various museum in the world
Banksy’s work on the urban fabric constitutes a sort of social statement on an urban scale on the major and minor forms of violence of contemporary society, on our obsessions, and on myths and dominant values. His works arouse curiosity and amazement through their ability to relate with the spaces and interact with them in unusual ways. This characteristic makes his work instantly recognisable and arouses in the viewer a sort of perceptive estrangement of a surreal memory. The story of ‘writers’, a cross
between art and vandalism, has accompanied changes to the urban scene, ever since allied soldiers in the 1940s drew stylised faces on walls with the caption ‘Kilory was here’, the forerunner of an anonymous tag testifying to having been in a certain place. Graffiti writing — in Philadelphia, during the late Sixties, in New York in the Seventies, and worldwide in the mid-Eighties — with its huge, joined letters, cartoon characters, stylised images and slogans, has coloured, dirtied, brightened and defaced cities, depending on the point of view, the
places chosen, and above all, the authors, which include some internationally renowned artists, like Keith Haring, just to mention the most famous.
It’s no accident that in West Hollywood, in Los Angeles, 20 young artists of the American underground were recently called by the Mark Center for Arts and Architecture to execute large works to replace the omnipresent billboards. This acts as a sort of legitimisation, but perhaps also corruption, of that which was born ‘free’ and ‘anti’.
Banksy arrives in the wake of this tradition. The power of this artist’s imagination and painting talent, who is known as one of the greatest
exponents of Street Art, is seen in works which catch the viewer off guard because of their irreverent attitude which — through unscrupulous combinations, minor or radical transfigurations — ridicule common images, sometimes veritable icons of contemporary society, like the Vietnamese girl escaping a napalm attack, running as she cries between a smiling Mickey Mouse and Ronald Banksy, topi | rats
Banksy, interventi urbani | urban interventions
Pagine successive | Next pages: Banksy, interventi realizzati sul muro di separazione costruito dagli israeliani in Cisgiordania, 2005 | Interventions on the wall in the West Bank built by the Israelis, 2005
82
Banksy le istanze attiviste e la pratica artistica si fondono, mostrando quanto può essere forte l’impatto visivo, emozionale e di denuncia che l’arte può avere sui luoghi - o, come in questo caso, sui non-luoghi -,
trasfigurandoli e creando nuovi possibili immaginari, spaziali e sociali.
A scala dimensionale ridotta, ma non per questo meno incisiva, la sua abitudine di appendere furtivamente nei musei di tutto il mondo quadri da lui realizzati in perfetto “stile”, ma con particolari alla Banksy: dal gentiluomo
settecentesco che ha appena fatto scritte contro la guerra con la bomboletta spray (rimosso dopo 8 giorni dal Brooklyn Museum), alla donna Ottocentesca con maschera antigas (rimossa dal Metropolitan dopo due ore), al frammento di simil parete rocciosa con disegno alla maniera degli uomini primitivi di un carrello del supermercato (scoperto dopo otto giorni ma acquisito nella collezione museale dal British): “Evidentemente -ha detto l’autore - i musei fanno più attenzione a ciò che esce che a ciò che entra”.
una sorta ditag, di firma-logo del loro autore.
Nel 2005 Banksy ha raggiunto l’apice della disobbedienza creativa
materializzando altri possibili mondi proprio nei luoghi dove la segregazione e le divisioni sono più forti, dove le barriere non sono solo mentali ma anche, terribilmente, fisiche. E’ il caso degli interventi realizzati sul muro di separazione costruito dal governo israeliano nei territori della Cisgiordania. Alcuni tratti
dell’imponente barriera in cemento
sono diventati la gigantesca tela per idilliache quanto provocatorie visioni: bambini che giocano immaginando spiagge tropicali, che scavalcano il muro salendo una lunga scala o appesi ad un grappolo di palloncini che li sollevano, finestre che inquadrano tranquilli paesaggi montani, squarci di cieli azzurri... L’enorme contrasto con la desolazione dei luoghi rende la barriera ancora più intollerabile. Quanto di più lontano
dall’estetizzazione del politico o, con Benjamin, dalla politicizzazione dell’estetico. Al contrario nelle opere di da marciapiedi sconnessi uniti con una
riga bianca che corre senza sosta fino ad un muro sul quale è accucciata una guardia che sembra sniffare quella che è diventata una lunga striscia di cocaina; dalla chiglia arrugginita di una nave alla fonda, sulla quale appare una morte con sembianze di scimmia la cui falce è un vero tubo di plastica che pende da un oblò; da uno sportello con lucchetto, che un ratto-ladro cerca inutilmente di aprire o da una sbrecciatura di un muro che un ratto-operaio ha appena fatto con un
martello pneumatico.
“The rat” – forse non casualmente anagramma di “art” - è l’animale preferito e più dipinto da Banksy perché è: “Il più infimo, quello da sempre perseguitato dall’uomo ma che nonostante ciò è riuscito a
sopravvivere”.
A ben guardare il più adatto a rappresentare quella sorta di disaccordo come diritto-dovere praticato dal suo autore.
which Death appears, looking like a monkey, and whose scythe is actually a plastic pipe hanging from a porthole; from a padlocked window that a rat thief tries unsuccessfully to open, or to a wall that a construction rat has chipped away at with his jackhammer. ‘The rat’ — perhaps not accidentally an anagram of ‘art’ — is Banksy’s favourite and most commonly painted animal, because it’s: ‘The lowest, the one most persecuted by man, but still manages to survive’. If we look well, the rat is best suited to representing that sort of disagreement as a right-obligation practised by its author. His rats, though always different, busy in a variety of activities, are immediately recognisable and have become a sort oftag, a logo or signature of their author.
In 2005, Banksy reached the apex of creative disobedience, creating other possible worlds in the very places where segregation and divisions are the greatest, where barriers are not just mental, but also terribly physical. One example is his work on the wall built by the Israeli government in the West Bank. Some sections of the concrete imposing barrier have become the gigantic canvas for idyllic and provocative visions: children at play, while imagining tropical beaches, children climbing up a long ladder over the wall or hanging from bunches of balloons which lift them up, windows that frame tranquil mountain
landscapes, holes revealing the blue sky, etc. The extreme contrast with the desolation of the place makes the wall even more intolerable.
How far we are from the aesthetisation of politics or, as with Benjamin, from the politicisation of aesthetics. On the
contrary, in Banksy’s works, activism and artistic expression combine, showing just how strong a visual, emotional and protesting impact art can have on places — or, in this case, on non-places —, transforming them and creating new imaginary, spatial and social possibilities.
On a smaller — but no less incisive — scale, is his habit of furtively hanging his paintings in museums around the world, his own paintings done in perfect style, but with Banksy details:
from the 17thcentury gentleman
writing an anti-war slogan in spray paint (removed from the Brooklyn Museum after eight days), to the 18th
-century lady wearing a gas mask (removed from the Metropolitan after two hours), to the fake rock fragment with cave art containing a shopping trolley (discovered after eight days, but acquired by the British museum): ‘Obviously’, said the author, ‘museums are more concerned about what goes out than about what comes in’. 84
boredom, monotonous food, heat and cold borne by the animals, suddenly become perceived as unbearable lagers. Banksy’s subversive imagination is generally not expressed on buildings of historic or artistic value or on
underground trains; rather, he selects marginal areas which immediately become destinations for young visitors, with his lightning-fast interventions practically redeeming their ugliness. In fact, Banksy’s thought is expressed as follows: ‘Some people become cops to make the world a better place, some people become vandals to make the world a better-looking place’. Banksy derives inspiration from the neutral surfaces of walls, but even more so from their little broken bits, which he outlines with dashed lines, making them a privileged viewpoint; from faded posters, which he completes, totally transforming their meaning, from broken sidewalks joined with a white line that continues to a wall on which a cop crouches to sniff what has become a long line of cocaine; the rusted keel of a ship at anchor, on McDonald; a bar code that becomes a
cage from which to escape; Bobbies in uniform kissing passionately; a boy wearing a bandana caught in the act of throwing a bouquet of flowers; a maid in uniform sweeping dirt beneath a wall painted like a raised cloth; obese tourists taking each other’s photo sitting on a rickshaw pulled by a scrawny boy; characters from Pulp Fiction brandishing bananas instead of pistols. Such murals have been removed to general dismay. In some cases, his images have become well-known after being reproduced on T-shirts, postcards and posters. But, as he explains on his official website, Banksy does not profit from his images. He doesn’t distribute them, and he also explains that he’s not present on Facebook, MySpace or Twitter, and is not represented by any gallery. Indeed, despite the fact that his works demand high prices, and that newspapers and TV networks around the world court him, his identity continues to remain a mystery, with speculation of varying probability as to his real name (Robert or Robin Banks?).
It is known that he was born in England, near Bristol, in 1974 and that his work as a guerrilla artist began in the late Eighties with the Bristol’s DryBreadZ crew.
This is surprising. At a time when being seen is more important that simply being, his perseverance in remaining anonymous is a clear choice — certainly initially dictated by the possibility of being charged by the authorities — that is worthy of respect. In the rare interviews he has granted, he appears in disguise, as he is in the few ‘stolen’ videos of him at work. Although he has been nominated for one of the most prestigious contemporary art awards, the Turner Prize, Banksy remains in the shadows, and continues to express himself through his work.