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Banksy urban guerrilla art guerrilla art

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Academic year: 2018

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Il numero affronta il tema dello spazio pubblico nella città contemporanea attraverso una chiave di lettura innovativa; lontano dalle modalità rappresentative e stabili della città pre-moderna, ma anche dal vuoto neutrale della città moderna, lo spazio pubblico contemporaneo è concepito come una entità leggera e pervasiva, un territorio potenziale e trasformabile che permea l’intero tessuto della città.

This issue takes a radically innovative look at public space in contemporary cities. Far from the stable, representative approaches typical of pre-modern towns but also from the neutral emptiness of modern cities, contemporary public space is seen as a light, pervasive entity; a potential, transformable area that permeates the fabric of the entire city.

I contributi dell’

Editoriale

e dell’

Opening

affrontano lo scenario urbano contemporaneo ed il ruolo dello spazio pubblico delineando nuove modalità interpretative e nuovi modelli teorici. Le ipotesi della “

Nuova Carta di Atene

”, proposta da

Andrea Branzi

, descrivono la città contemporanea come un territorio continuo, un organismo vivente in costante trasformazione; per

Maria Claudia Clemente

la città è concepita come un teorico ed infinito potenziale spazio collettivo, uno sfondo da modificare, in cui è possibile rintracciare nuove modalità d’uso e nuove relazioni sociali; un tessuto complesso per il quale Vincent

Teodoli

, direttore della Tate Modern, invita a riflettere sul rapporto tra arte, luogo e collettività, tra visibile ed invisibile. The

Editorial

and the

Opening

discuss the contemporary urban scenario and the role of public space, outlining some new interpretation methods and theoretical models. The hypotheses in the ‘

New Athens Charter

by

Andrea

Branzi

describe the contemporary city as a continual, integrated location – a sort of living organism undergoing constant transformation.

Maria Claudia Clemente

conceives the city as a theoretical and infinite potential collective space: a background to be modified in which it is possible to note fresh forms of use and new social relationships. In this complex web, Tate Modern director

Vicente Todoli

invites us to reflect on the relationship between art, location and the community, and between visible and invisible elements.

Nella rubrica

Designer

sono analizzate alcune esperienze di trasformazione urbana: da una parte l’innovativa

High Line

di New York - raccontata da Diller & Scofidio– dall’altra i temporanei e mobili esperimenti realizzati nel progetto Urban Play ad Amsterdam e nel festival di Esterni a Milano, che indagano le potenzialità programmatiche e sociali dello spazio pubblico. The

Designer

feature analyses some important urban transformation experiences: the radical and innovative

High

Line

in New York –by

Diller & Scofidio

discuss– and the temporary, mobile experiments in Amsterdam’s

Urban Play

project and the Esterni festival in Milan, investigating of the planning and social potential of public space.

Nella rubrica

Factory

, attraverso il caso studio della

Philips

, si evidenzia il ruolo della luce nella qualità dello spazio urbano. The

Factory

feature, using a

Philips

case study, reveals the role of light in the perception and quality of urban space.

Innovation & Research

investiga su modalità e potenzialità della città on-demand, ovvero sulle possibilità insite nella invenzione di spazi pubblici temporanei e reversibili.

Innovation & Research

presents numerous case studies in his examination of the methods and potential for

on-demand cities

, i.e. the inherent possibilities associated with the invention of temporary, reversible public spaces that are ready for use.

Open Space

esplora il territorio delle megalopoli contemporanee: dall’

Expò di Shanghai

, alle foto di

Francesco Jodice

, alle incursioni radicali di Bansky.

Open Space

explores the world of contemporary megalopolises, with a sort of reportage from the

Shanghai Expo

, with the imaginative photos of

Francesco Jodice

and the description of the radical initiatives by

Banksy

.

In

Close-up

viene raccontato da vicino uno dei primi e più riusciti spazi pubblici rubati alla città: l’allestimento della mostra

Contemporanea nel 1973

a Roma, all’interno del parcheggio di Villa Borghese, progettato da Luigi Moretti. The

Close-up

takes a look at one of the first and most successful public spaces to be appropriated from the city:

1973’s ‘Contemporanea’ exhibition

in the underground car park of Villa Borghese in Rome, designed by

Luigi

Moretti.

Infine nella nuova rubrica

Thinking about…

, viene esplorato il pensiero di

De Lucchi

, maestro del design italiano. Finally, the new

Thinking about…

feature presents the ideas of

De Lucchi,

a master of Italian design.

Designing the Void

English and Italian Texts

(2)
(3)

in

d

ic

e

disegno

industriale

industrial

design

numero curato da | edited by

Claudia Clemente, Massimo d’Alessandro, Susanna Mirza

Direttore | Director

Tonino Paris

Codirettore | Codirector

Lorenzo Imbesi

Vice direttore | Deputy Director

Raimonda Riccini

Coordinamento scientifico | Scientific Coordination Committe

Achille Bonito Oliva, Massimo d’Alessandro, Tonino Paris Corso di Laurea in Disegno Industriale, Sapienza Università di Roma Mario Morcellini

Facoltà di Scienze della Comunicazione, Sapienza Università di Roma Francesco Cervellini

Corso di Laurea in Disegno Industriale e Ambientale, Università di Camerino Vanni Pasca

Facoltà di Design, Politecnico di Milano Roberto Perris

Corso di Laurea in Disegno Industriale, Politecnico di Bari Medardo Chiapponi

Facoltà di Design e Arti, Università IUAV di Venezia Andrea Branzi

Facoltà di Design, Politecnico di Milano

Redazione | Editorial Staff

Coordinamento redazionale | Editorial Coordination Committe

Sabrina Lucibello(caporedattore | Editor-in-Chief),Fiorella Bulegato, Federica Dal Falco, Loredana Di Lucchio, Lorenzo Imbesi, Carlo Martino

Napoli:Vincenzo Cristallo, Alfonso Morone

Milano:Alessandro Biamonti, Marinella Ferrara

Palermo:Cinzia Ferrara, Dario Russo

Roma:Paolo Balmas, Barbara Deledda, Paola Schiattarella

Venezia:Simona Romano, Olga Barmine

Bangkok:Tommaso Maggio

Boston:Kristian Kloeck e Carla Farina

Buenos Aires:Pablo Ungaro

Hong Kong:Victor Lo, Lorraine Justice

Parigi:Federica Dal Falco

San Diego:Adriana Cuellar

Segreteria di redazione | Editorial Headquarter

Chiara Mele

Via Angelo Brunetti 42, 00186 Roma | telfax +39063225362 via Flaminia 70 c/o dip ITACA, 00196 Roma

tel. +39 (0)6 49919016 | fax.+39 (0)6 49919015 www.disegnoindustriale.net | info@disegnoindustriale.net

Collaborazione all’attività editoriale | Editorial Activity Partnership

DE-TALES Ltd. 1-5 Lillie road SW61TX London

Progetto grafico | Art Director

Roberta Sacco

Impaginazione | Production

Factory LSD

Traduzione | Translations

A cura di | by Claudia Vettore

DIID_Disegno Industriale | Industrial Design

Rivista bimestrale | Bimonthly magazine

Fondata da | Founded by

Tonino Paris

Registrazione presso il Tribunale di Roma 86/2002 del 6 marzo 2002 | Registered in Rome, Italy ISSN: 1594-8528 Anno / year VIII, 2010 n.44, may | june

Direttore Responsabile | Editorial Director

Tonino Paris

Editore | Publisher

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Stampa| Printing

Tipografia Ceccarelli, Grottedi Castro - VT

www.disegnoindustriale.net

10

opening

34

designer

60

factory

68

innovation&research

Andrea Branzi

10 Urbanizzazioni deboli e debolissime |Weak and Very Weak Urbanization

Maria Claudia Clemente

14 Il progetto dello spazio publico |Designing Public Space

Massimo d’Alessandro

24 Tate Modern ‘Square’

Massimo d’Alessandro

34 N.Y.C., vista sulla High Line |N.Y.C., High Line View

Susanna Mirza

44 Public Design Festival

Daniele Durante

50 Strategie creative urbane open source |Open Source Urban Creative Strategies

Bianca Elena Patroni Griffi

60 City Beautification by Philips

Davide Sani

68 Città reversibile |Reversible Cities

80

I-XV

XVI-XXIV

open space

close up

Federica Dal Falco

Incursioni dell’arte nel tessuto urbano |Art Incursions in the Urban Fabric

Federica Dal Falco

I tracciati percettivi di Piero Sartogo|Piero Sartogo’s Perceptive Pathways

thinking about...

Tonino Paris

I clienti di De Lucchi |De Lucchi’s Client

Cecilia Cecchini

80 Banksy: Urban Guerrilla Art

Sabrina Lucibello

86 Shanghai Forever

Francesco Jodice

92 L’immaginazione dello spazio pubblico |The Perception of Public Space

04

editorial

Tonino Paris

(4)

Melbourne - che grazie alle sue scritte sulla noia, la monotonia del cibo, il caldo, il freddo sopportato dagli animali, vengono improvvisamente percepiti come insopportabili lager. La fantasia sovversiva di Banksy risparmia generalmente gli edifici di interesse storico-artistico e i vagoni delle metropolitane; sceglie piuttosto aree marginali che diventano immediatamente meta di giovani visitatori, quasi i suoi fulminanti interventi potessero riscattarene la bruttezza. Del resto il Banksy-pensiero recita: “Alcune persone diventano poliziotti perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore. Alcune diventano vandali perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore da vedere”.

Banksy trae ispirazione più che dalle superfici neutre dei muri da loro piccoli crolli, che incornicia con linee

tratteggiate facendoli diventare punti di vista privilegiati; da manifesti sbiaditi, che completa stravolgendone il senso; definito come uno dei massimi

esponenti dellaStreet Art, si

materializzano attraverso interventi che spiazzano l’osservatore per lo sguardo irriverente che - con spregiudicati accostamenti, lievi o radicali trasfigurazioni - ridicolizza immagini consuete, a volte vere e proprie icone della società contemporanea: la bambina vietnamita scampata alla bomba al napalm che cammina piangente tra Topolino e il pupazzo del Mc Donald sorridenti; il codice a barre che diventa una gabbia da cui fuggire; i Bobbies in divisa che si baciano appassionatamente; il ragazzo dal volto coperto nell’atto di lanciare una pietra che è invece un mazzo di fiori; la donna di servizio con crinolina che nasconde la spazzatura sotto un muro dipinto come un drappo sollevato; i turisti ciccioni che si autofotografano sorridenti seduti su un risciò trainato da un bambino smilzo; i personaggi di Pulp Fiction che impugnano banane al posto delle pistole, murales rimosso tra il cordoglio generale...

In alcuni casi sono immagini diventate note perché riprodotte su magliette, cartoline, poster, ma dalle quali Banksy, come spiega sul suo sito ufficiale, non trae profitti. Non è lui che le diffonde, così come precisa che non è su Facebook, Myspace, Twitter e che non è rappresentato da alcun gallerista. Infatti, nonostante le sue opere abbiano raggiunto quotazioni notevoli, che giornali e televisioni di tutto il mondo lo corteggino, la sua identità rimane sconosciuta, attorno ad essa si fanno solamente ipotesi più o meno verosimili (Robert o Robin Banks?). Si sa che è nato in Inghilterra, vicino Bristol, nel 1974 e che le sue gesta diguerrilla

artistsono iniziate alla fine degli anni ’80 nella crewBristol’s DryBreadZ. E ciò è sorprendente. In un’epoca nella quale l’apparire è diventato più importante dell’essere il suo

perseverare nell’anonimato risulta una scelta - all’inizio sicuramente dettata dalla possibilità di essere perseguito dalle autorità – di tutto rispetto. Nelle pochissime interviste rilasciate è camuffato, così come nei rari video “rubati” mentre è all’opera.

Nonostante un giurato di uno dei più prestigiosi premi di arte

contemporanea, ilTurner Prize, abbia proposto la sua nomination, Banksy rimane nell’ombra e continua ad esprimersi tramite i suoi lavori. Questi sono realizzati prevalentemente con la tecnica dello stencil, che gli consente precisione e soprattutto rapidità, indispensabile per i suoi interventi “di rapina” effettuati soprattutto in spazi residuali, luoghi inconsueti, perfino gabbie degli zoo -come a Bristol, Londra, Barcellona,

o

Banksy: Urban Guerrilla Art

Gli interventi di Banksy sul territorio costituiscono una sorta di denuncia sociale a scala urbana delle piccole e grandi violenze della società contemporanea, delle ossessioni, dei miti e dei valori dominanti.

Incuriosiscono e stupiscono grazie alla loro capacità di relazionarsi con gli spazi e di interagire con essi in modo inconsueto, caratteristica che rende riconoscibili le sue opere e dà luogo, in chi le guarda, ad una sorta di

straniamento percettivo di surrealistica memoria.

La storia dei writers, tra arte e vandalismo, accompagna il modificarsi della scena urbana da quando, nel corso degli anni Quaranta, i soldati alleati disegnavano sui muri un volto stilizzato accompagnato dalla scritta

Kilory was here, l’antesignano di una anonimataga testimonianza del passaggio in un certo luogo. Ilgraffiti writing- a Filadelfia, nella seconda metà degli Sessanta, a New York negli anni Settanta, fino a

raggiungere una diffusione planetaria a metà degli anni Ottanta - con le sue lettere giganti legate tra loro, fumetti, immagini stilizzate, slogan, ha colorato, imbrattato, rallegrato, deturpato le città. A secondo dei punti di vista, ma anche dei luoghi scelti e, soprattutto, degli autori, fra i quali si possono ascrivere artisti internazionalmente riconosciuti, come Keith Haring, solo per citare il più famoso.

Non è un caso se nell’area di West Hollywood, a Los Angeles, sono stati recentemente chiamati dal Mark Center for Arts and Architecture ventuno giovani artisti della scena underground americana per eseguire lavori di grandi dimensioni posizionati al posto degli onnipresenti cartelloni pubblicitari. Una sorta di

legittimazione, ma forse anche di snaturamento, di ciò che è nato “libero” e “contro”.

Banksy è nel solco di questa tradizione. La potenza dell’immaginazione e il talento pittorico di quello che viene Cecilia Cecchini

street art

Banksy, interventi urbani | urban interventions

Pagina | Page 81:

Banksy, dipinti appesi furtivamente in vari musei del mondo | paintings hung furtively in various museum in the world

(5)

Banksy’s work on the urban fabric constitutes a sort of social statement on an urban scale on the major and minor forms of violence of contemporary society, on our obsessions, and on myths and dominant values. His works arouse curiosity and amazement through their ability to relate with the spaces and interact with them in unusual ways. This characteristic makes his work instantly recognisable and arouses in the viewer a sort of perceptive estrangement of a surreal memory. The story of ‘writers’, a cross

between art and vandalism, has accompanied changes to the urban scene, ever since allied soldiers in the 1940s drew stylised faces on walls with the caption ‘Kilory was here’, the forerunner of an anonymous tag testifying to having been in a certain place. Graffiti writing — in Philadelphia, during the late Sixties, in New York in the Seventies, and worldwide in the mid-Eighties — with its huge, joined letters, cartoon characters, stylised images and slogans, has coloured, dirtied, brightened and defaced cities, depending on the point of view, the

places chosen, and above all, the authors, which include some internationally renowned artists, like Keith Haring, just to mention the most famous.

It’s no accident that in West Hollywood, in Los Angeles, 20 young artists of the American underground were recently called by the Mark Center for Arts and Architecture to execute large works to replace the omnipresent billboards. This acts as a sort of legitimisation, but perhaps also corruption, of that which was born ‘free’ and ‘anti’.

Banksy arrives in the wake of this tradition. The power of this artist’s imagination and painting talent, who is known as one of the greatest

exponents of Street Art, is seen in works which catch the viewer off guard because of their irreverent attitude which — through unscrupulous combinations, minor or radical transfigurations — ridicule common images, sometimes veritable icons of contemporary society, like the Vietnamese girl escaping a napalm attack, running as she cries between a smiling Mickey Mouse and Ronald Banksy, topi | rats

Banksy, interventi urbani | urban interventions

Pagine successive | Next pages: Banksy, interventi realizzati sul muro di separazione costruito dagli israeliani in Cisgiordania, 2005 | Interventions on the wall in the West Bank built by the Israelis, 2005

82

Banksy le istanze attiviste e la pratica artistica si fondono, mostrando quanto può essere forte l’impatto visivo, emozionale e di denuncia che l’arte può avere sui luoghi - o, come in questo caso, sui non-luoghi -,

trasfigurandoli e creando nuovi possibili immaginari, spaziali e sociali.

A scala dimensionale ridotta, ma non per questo meno incisiva, la sua abitudine di appendere furtivamente nei musei di tutto il mondo quadri da lui realizzati in perfetto “stile”, ma con particolari alla Banksy: dal gentiluomo

settecentesco che ha appena fatto scritte contro la guerra con la bomboletta spray (rimosso dopo 8 giorni dal Brooklyn Museum), alla donna Ottocentesca con maschera antigas (rimossa dal Metropolitan dopo due ore), al frammento di simil parete rocciosa con disegno alla maniera degli uomini primitivi di un carrello del supermercato (scoperto dopo otto giorni ma acquisito nella collezione museale dal British): “Evidentemente -ha detto l’autore - i musei fanno più attenzione a ciò che esce che a ciò che entra”.

una sorta ditag, di firma-logo del loro autore.

Nel 2005 Banksy ha raggiunto l’apice della disobbedienza creativa

materializzando altri possibili mondi proprio nei luoghi dove la segregazione e le divisioni sono più forti, dove le barriere non sono solo mentali ma anche, terribilmente, fisiche. E’ il caso degli interventi realizzati sul muro di separazione costruito dal governo israeliano nei territori della Cisgiordania. Alcuni tratti

dell’imponente barriera in cemento

sono diventati la gigantesca tela per idilliache quanto provocatorie visioni: bambini che giocano immaginando spiagge tropicali, che scavalcano il muro salendo una lunga scala o appesi ad un grappolo di palloncini che li sollevano, finestre che inquadrano tranquilli paesaggi montani, squarci di cieli azzurri... L’enorme contrasto con la desolazione dei luoghi rende la barriera ancora più intollerabile. Quanto di più lontano

dall’estetizzazione del politico o, con Benjamin, dalla politicizzazione dell’estetico. Al contrario nelle opere di da marciapiedi sconnessi uniti con una

riga bianca che corre senza sosta fino ad un muro sul quale è accucciata una guardia che sembra sniffare quella che è diventata una lunga striscia di cocaina; dalla chiglia arrugginita di una nave alla fonda, sulla quale appare una morte con sembianze di scimmia la cui falce è un vero tubo di plastica che pende da un oblò; da uno sportello con lucchetto, che un ratto-ladro cerca inutilmente di aprire o da una sbrecciatura di un muro che un ratto-operaio ha appena fatto con un

martello pneumatico.

“The rat” – forse non casualmente anagramma di “art” - è l’animale preferito e più dipinto da Banksy perché è: “Il più infimo, quello da sempre perseguitato dall’uomo ma che nonostante ciò è riuscito a

sopravvivere”.

A ben guardare il più adatto a rappresentare quella sorta di disaccordo come diritto-dovere praticato dal suo autore.

(6)

which Death appears, looking like a monkey, and whose scythe is actually a plastic pipe hanging from a porthole; from a padlocked window that a rat thief tries unsuccessfully to open, or to a wall that a construction rat has chipped away at with his jackhammer. ‘The rat’ — perhaps not accidentally an anagram of ‘art’ — is Banksy’s favourite and most commonly painted animal, because it’s: ‘The lowest, the one most persecuted by man, but still manages to survive’. If we look well, the rat is best suited to representing that sort of disagreement as a right-obligation practised by its author. His rats, though always different, busy in a variety of activities, are immediately recognisable and have become a sort oftag, a logo or signature of their author.

In 2005, Banksy reached the apex of creative disobedience, creating other possible worlds in the very places where segregation and divisions are the greatest, where barriers are not just mental, but also terribly physical. One example is his work on the wall built by the Israeli government in the West Bank. Some sections of the concrete imposing barrier have become the gigantic canvas for idyllic and provocative visions: children at play, while imagining tropical beaches, children climbing up a long ladder over the wall or hanging from bunches of balloons which lift them up, windows that frame tranquil mountain

landscapes, holes revealing the blue sky, etc. The extreme contrast with the desolation of the place makes the wall even more intolerable.

How far we are from the aesthetisation of politics or, as with Benjamin, from the politicisation of aesthetics. On the

contrary, in Banksy’s works, activism and artistic expression combine, showing just how strong a visual, emotional and protesting impact art can have on places — or, in this case, on non-places —, transforming them and creating new imaginary, spatial and social possibilities.

On a smaller — but no less incisive — scale, is his habit of furtively hanging his paintings in museums around the world, his own paintings done in perfect style, but with Banksy details:

from the 17thcentury gentleman

writing an anti-war slogan in spray paint (removed from the Brooklyn Museum after eight days), to the 18th

-century lady wearing a gas mask (removed from the Metropolitan after two hours), to the fake rock fragment with cave art containing a shopping trolley (discovered after eight days, but acquired by the British museum): ‘Obviously’, said the author, ‘museums are more concerned about what goes out than about what comes in’. 84

boredom, monotonous food, heat and cold borne by the animals, suddenly become perceived as unbearable lagers. Banksy’s subversive imagination is generally not expressed on buildings of historic or artistic value or on

underground trains; rather, he selects marginal areas which immediately become destinations for young visitors, with his lightning-fast interventions practically redeeming their ugliness. In fact, Banksy’s thought is expressed as follows: ‘Some people become cops to make the world a better place, some people become vandals to make the world a better-looking place’. Banksy derives inspiration from the neutral surfaces of walls, but even more so from their little broken bits, which he outlines with dashed lines, making them a privileged viewpoint; from faded posters, which he completes, totally transforming their meaning, from broken sidewalks joined with a white line that continues to a wall on which a cop crouches to sniff what has become a long line of cocaine; the rusted keel of a ship at anchor, on McDonald; a bar code that becomes a

cage from which to escape; Bobbies in uniform kissing passionately; a boy wearing a bandana caught in the act of throwing a bouquet of flowers; a maid in uniform sweeping dirt beneath a wall painted like a raised cloth; obese tourists taking each other’s photo sitting on a rickshaw pulled by a scrawny boy; characters from Pulp Fiction brandishing bananas instead of pistols. Such murals have been removed to general dismay. In some cases, his images have become well-known after being reproduced on T-shirts, postcards and posters. But, as he explains on his official website, Banksy does not profit from his images. He doesn’t distribute them, and he also explains that he’s not present on Facebook, MySpace or Twitter, and is not represented by any gallery. Indeed, despite the fact that his works demand high prices, and that newspapers and TV networks around the world court him, his identity continues to remain a mystery, with speculation of varying probability as to his real name (Robert or Robin Banks?).

It is known that he was born in England, near Bristol, in 1974 and that his work as a guerrilla artist began in the late Eighties with the Bristol’s DryBreadZ crew.

This is surprising. At a time when being seen is more important that simply being, his perseverance in remaining anonymous is a clear choice — certainly initially dictated by the possibility of being charged by the authorities — that is worthy of respect. In the rare interviews he has granted, he appears in disguise, as he is in the few ‘stolen’ videos of him at work. Although he has been nominated for one of the most prestigious contemporary art awards, the Turner Prize, Banksy remains in the shadows, and continues to express himself through his work.

Referensi

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