ymagine che segue, non a Si qua, con una costruzione diffusa e riscontrabile, per esempio, in «iuvencum / occuluit Liber falsi sub imagine cervi» di Ovidio, Met., VII 359-360 (e giacche´ siamo a discorrere delle poche mende riscontrate nel volume, non si manchera` di segnalare «in principio Satur-naliorum» a p. 433, che pur trovandosi nel corpo di una citazione dell’Ascensius diffi-cilmente puo` essergli attribuito). Tuttavia l’aspetto piu` significativo dell’impresa di Andrea Severi e` l’annotazione, che mostra – lo si accennava gia` prima – lo straordinario intarsio di allusioni e di riprese, che deve avere entusiasmato le prime generazioni di lettori: e diventa allora importante osservare che sono relativamente poco numerosi i gruppetti di versi di cui il curatore non ab-bia trovato riscontri antichi o moderni, a ri-prova del carattere contaminatorio certo, ma genialmente contaminatorio delle egloghe. La contaminazione non riguarda solo gli autori, ma i generi, con accostamenti fulmi-nanti come quello di VII 27-29 «Cum Paris Iliaca tria numina vidit in Ida / (aut Paris aut alius puerum qui obtruncat ad aram) / pastor erat», dove e` strabiliante il v. 28, dal momento che esso, come rileva Severi, rie-cheggia cio` che di Pirro dice Virgilio in Aen., II 663 «natum ante ora patris, patrem qui obtruncat ad aras», ma modificandolo e soprattutto piegandolo a parlare non gia` del-la caduta di Troia ma di Abramo che si ap-presta a sacrificare ad aram, e non piu` ad aras, un puer che e` il suo proprio figlio Isacco. All’abilita` combinatoria si unisce la capacita` di variare i costrutti; i versi IV 214-215 «purpurat arte genas et collocat ar-te capillos, / arar-te regit gressus et lumina temperat arte» ne sono un esempio insigne, con la sequenza parallela del primo, in cui artesi trova in seconda e in penultima sede, ogni volta preceduto dal verbo e seguita dall’oggetto, con la congiunzione al centro, e il chiasmo del secondo, in cui arte e` tra-sferito agli estremi, i verbi in seconda e pe-nultima sede, gli oggetti al centro, separati dalla congiunzione che ancora una volta e` chiamata a far da perno. Si potrebbe conti-nuare a piacere, ma non si esaurirebbe mai
un campionario cosı` variato e cosı` bene illu-strato dal curatore, che ci ha dato un libro da cui si impara molto e che fornira` a cia-scun lettore, accanto alle acquisizioni, molti spunti per nuove indagini.
EDOARDOFUMAGALLI
GIOVANNI GARZONI, Historiae Bononienses, edizione critica a cura di ALESSANDRA MANTOVANI, Bologna, Bononia University Press, 2009 (Studi e Testi, 2). Un vol. di pp. 551.
Allievo del Valla e in corrispondenza con il Poliziano, il bolognese Giovanni Garzoni e` trait d’union tra due grandi generazioni di umanisti del Quattrocento italiano. Ma e` an-che il rappresentante di un umanesimo pe-culiare come quello bolognese, caratterizza-to da un dialogo costante tra i nuovi studia humanitatis e il sapere «pratico» di un’Uni-versita` di antiche tradizioni. Eppure il Gar-zoni ha dovuto attendere a lungo prima che gli studiosi di letteratura umanistica tornas-sero a dedicargli uno spazio monografico, nonostante Ezio Raimondi avesse dato con-segne precise sul lavoro che ancora andava fatto perche´ l’italianistica, e soprattutto quel-la bolognese, riscoprisse i grandi scrittori quel- la-tini che illustrarono l’Umanesimo felsineo1.
Dopo la pubblicazione dell’Epistolarum fa-miliarum libri X a cura di Levi Robert Lind2 – non registrata dalla voce di R.
Ri-dolfi nelDizionario biografico degli italiani – l’edizione critica di A. Mantovani racco-glie finalmente quella antica e autorevole sollecitazione, presentando un testo di asso-luto interesse come i tre libri delleHistoriae
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998 ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
1 Si vedano almeno: E. RAIMONDI, Uma-nesimo e universita` nel Quattrocento bolo-gnese, in Studi e memorie per la storia dell’Universita` di Bologna, n.s., I, Bologna 1956, 347-49; ID., Codro e l’Umanesimo a Bologna, Bologna 1987.
2 L.R. L
bononienses. Come illustra la studiosa, piu` che di un unico testo, si tratta di diversi te-sti che ebbero tradizione spesso indipenden-te, ma che intorno al 1494 furono raccolti organicamente dal Garzoni nei tre mss. idio-grafi Bologna, Bibl. Universitaria, lat. 751, 752, 753. Il volume si apre con una Intro-duzione (pp. 9-63) nella quale, dopo aver riesaminato alcuni punti controversi del pro-filo biografico dell’umanista e medico bolo-gnese, l’A. ne traccia il ritratto culturale di un intellettuale pienamente inserito nel di-battito storiografico del suo tempo e parteci-pe di quella «tensione progettuale e ideolo-gica» della storiografia umanistica che egli eredito` in primis dal Bruni delle Historiae florentini populi (p. 320). Le pp. 37-63 pre-sentano una «tavola riassuntiva e sinottica degli eventi di cui la narrazione storica da` conto» (p. 37) e sopperiscono parzialmente all’assenza di una traduzione e di un com-mento. All’introduzione segue una Nota al testo divisa in quattro sezioni: I manoscritti (pp. 69-100), con la presentazione dei dodi-ci testimoni manoscritti dell’opera; La clas-sificazione dei manoscritti (100-208); Fon-damenti e criteri editoriali (pp. 209-13); Criteri di trascrizione (pp. 215-18). Le pp. 211-491 consegnano il testo delle Historiae con degli apparati critici che tengono conto delle varianti tra`dite dai testimoni e dei mo-vimenti redazionali dell’opera e che purtrop-po non sono collocati a pie’ di pagina bensı` alla fine di ogni libro. Infine quattro appen-dici riproducono materiali utili a una miglio-re compmiglio-rensione dell’opera, come un saggio antologico della Cronica di Galeazzo Mari-scotti (Appendice I, pp. 495-504), che se-condo l’A. puo` avere fornito al Garzoni ma-teriali e canovacci per la sua realizzazione letteraria, e come tre confronti sinottici tra diversi momenti redazionali di alcuni passi delle Historiae. Un indice dei nomi e dei manoscritti conclude il volume.
FABIODELLASCHIAVA
DOMENICOBORDIGALLO,Urbis Cremonae syti designum (ms. AA.8.16 della Biblioteca
Statale e Libreria Civica di Cremona), a cura di EMANUELA ZANESI, Cremona, Fan-tigrafica, 2011. Un vol. di pp. 303.
Il volume presenta la trascrizione del testo latino, con annessa traduzione a fronte, del manoscritto di Domenico Bordigallo Urbis Cremonae syti designum, conservato presso la Biblioteca Statale di Cremona (ms. Civi-co AA.8.16), ed e` il risultato di un progetto culturale, promosso dall’Associazione ex alunni del Liceo Manin di Cremona e soste-nuto dalla Provincia di Cremona, che ha vi-sto la luce solo a seguito di molti sforzi le-gati ad alcune iniziali difficolta` formative e organizzative. L’idea del lavoro e` nata dalla volonta` di studiare e diffondere a piu` livelli, grazie anche alla presenza della traduzione italiana, un testo ricchissimo di notizie di storia locale, al quale fino ad oggi molti stu-diosi hanno avuto necessita` di riferirsi, sen-za pero` avere a disposizione un’edizione che ne potesse facilitare la consultazione.
Dell’opera del Bordigallo (1449-1527), notaio cremonese e personaggio di spicco in citta` ove ricoprı` molti incarichi pubblici, ri-mangono solo due manoscritti cartacei en-trambi in possesso della Biblioteca Statale di Cremona: il ms. Governativo 335, del fondo statale, e il ms. Civico AA.8.16, ap-partenente, invece, al fondo comunale. Il primo e` giunto nella citta` lombarda soltanto nel 2000, grazie a una donazione del Mini-stero per i Beni e le Attivita` Culturali, ed e` un codice miscellaneo che unisce carte di diversa provenienza, data e formato. Il testo del Designum, che si trova ai ff. 2-27, e` da-tato 1515 ed e` sda-tato vergato dallo stesso autore. Alcuni indizi portano a pensare che tale manoscritto possa essere identificato con quello che Francesco Novati (1859-1915) chiamo` Codice Pallavicino in quanto proveniente dalla biblioteca di tale famiglia. Il secondo manoscritto, invece, proviene con ogni probabilita` dalla biblioteca degli Ala-Ponzone, lasciata poi in eredita` all’Im-peratore d’Austria e quindi giunta al Comu-ne di Cremona. Anche in questo caso ci si trova di fronte ad un autografo che pero`, a differenza del caso precedente, riporta