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Review of Roberta Cella La documentazion

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ROBERTA

CELLA,

La documentazione Gallerani-Fini nell’Archivio di

Stato di Gent (1304-1309)

, Firenze, Sismel-Edizioni del

Gal-luzzo, 2009, pp. 407 (Memoria Scripturarum, 4. Testi in

volgare, 1).

Questo libro di Roberta Cella è frutto di lunghe ricerche sulla documenta-zione relativa alla compagnia Gallerani conservata presso l’archivio di Gent, ri-cerche che hanno già prodotto in passato alcune pubblicazioni sull’argomen-to1. Si tratta di una documentazione complessa, consistente in libri contabili,

lettere, appunti e annotazioni contabili, scritture di vario tipo, che l’Autrice ha il merito non piccolo di avere riordinato, classificato e reso disponibile agli stu-diosi. In parte questa documentazione fu studiata a suo tempo da Georges Big-wood, negli anni Venti del secolo scorso, e quindi edita dopo la sua morte (1930) da Armand Grunzweig, che portò a conclusione nei primi anni Sessanta l’imponente lavoro avviato dal maestro (G. Bigwood, Les livres des comptes des Gallerani, Ouvrage revu, mis au point, complété et publié par Armand Grun-zweig, I.Le texte, II.Introduction et tables, Bruxelles, Académie Royale de Belgi-que, 1961-62). Questi due volumi rappresentano senza dubbio uno strumento molto utile nell’affrontare l’esame delle altre carte Gallerani e della storia stessa della compagnia senese, visto che l’edizione di Bigwood e Grunzweig è corre-data di uno studio approfondito sulla compagnia Gallerani e i suoi clienti. Ma l’edizione del 1962 riguarda solo due libri di conto dell’azienda senese, conser-vati nell’archivio di Gent, a fronte di una documentazione ben più ampia. I due libri già editi sono il libro dell’entrata e dell’uscita della filiale di Londra (1 maggio 1305-1 novembre 1308) e un altro, mutilo e lacunoso, riguardante la fi-liale di Parigi (libro « dele dette dei villani » della fifi-liale parigina), relativo al pe-riodo 1306 - metà 1308). Per contro, i documenti editi nel volume della Cella riguardano il periodo 1304-1309 e sono: 1) il Libro vecchio dell’entrata e del-l’uscita della filiale di Londra (20 gennaio 1303/4 – 30 aprile 1305); 2) due bi-glietti sciolti conenuti nel libro vecchio di cui sopra; 3) un consuntivo dei con-tanti di cassa della filiale di Londra alla data 30 aprile 1305; 4) registrazioni ausi-liarie al libro nuovo dei conti della filiale di Londra (12 maggio – 5 agosto 1305); 5) una lettera di cambio rilasciata da Biagio Aldobrandini datata Londra, 5 ottobre 1305; 6) una ricordanza d’una fideiussione (ottobre 1305) tratta dal grande libro della filiale londinese; 7) il Libro delle spese quotidiane della «

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nenga » di Fiandra (Bruges, 15 luglio – 28 agosto 1306); 8) tre lettere di Ranie-ri, da Nîmes, al figlio Pietro a Parigi (6 - 30 maggio 1307); 9) note di crediti dell’Île de France in due rotoli pergamenacei (circa 1306 – ottobre 1307); 10) una lettera di Ciampolo di Giacomo Gallerani, da Siena, a Mino di Giacomo Ubertini e ai compagni alle fiere di Champagne (15 maggio 1308); 11) una let-tera di Bartolomeo del Massiccio, da Bruges, a Bartolomeo Fini, a Ypres (16 agosto 1309).

Come si vede, si tratta di una documentazione molto ampia ed eteroge-nea, di non facile interpretazione. Essa, però, rappresenta solo una parte del-le carte Galdel-lerani-Fini conservate nell’Archivio di Stato di Ghent. L’intera documentazione è inventariata e descritta analiticamente dall’Autrice (pp. 59-177), mentre le ragioni e i criteri che stanno alla base della scelta dei testi da pubblicare sono esposti all’inizio del capitolo 3 (pp. 179-181). Solo una minima parte dei documenti Gallerani-Fini è già stata edita da altri studiosi. Oltre ai già citati libri di conto editi da Bigwood-Grunzweig insieme ai lo-ro interfoliati, vi è una lettera di Niccolao di Guido Mazzi di San Galgano al nipote Tommaso Fini (databile fra il 18 aprile 1306 e il primo ottobre 1309), pubblicata da Laura Galoppini in un volume che raccoglie studi in onore di Luigi Berlinguer2. Ma per il resto questa vasta documentazione è inedita. Da segnalare, fra l’altro, un “Libro di compravendita di monete mi-nute, buglione ed argento della filiale di Parigi (aprile-ottobre 1305)”, che potrebbe risultare di grande interesse per i numismatici e gli storici della monetazione tardo-medievale, in quanto documenta i rapporti della compa-gnia Gallerani-Fini con la zecca reale di Parigi, la “Moneta del re di Fran-cia”. Senza dubbio molto interessanti sono anche un “Quaderno delle spese di casa per il vitto e « di fuore » dal vitto della filiale di Londra tenuto da Nicoluccio di Cante” (I gennaio – 31 ottobre 1306), che purtroppo è acefa-lo, un “Libro delle entrate e delle uscite del conte Roberto di Fiandra (ago-sto 1307-18 settembre 1309”, che è lacunoso e in parte mutilo, un “Libro delle riscossioni di Fiandra tenuto da Pietro Ranieri” (gennaio – 12 agosto 1308) e infine un “Libro di riscossione delle taglie e dei doni imposti dal conte alle città di Fiandra (maggio 1308 – 21 agosto 1309)”.

Tra i motivi che possono aver indotto l’editrice a scegliere di pubblicare alcuni testi e non altri, vi è presumibilmente anche lo stato di conservazione in cui versano taluni di questi documenti. Ad esempio, il “Grande libro della filiale di Londra” (gennaio 1304 - primo novembre 1308), si presenta con quasi tutte le carte in pessimo stato di conservazione, alcune delle quali mutile e seriamente danneggiate da fori di tarli, gore di umidità e consun-zioni varie (cfr. la descrizione del pezzo a pp. 69-70). Ma in particolare, di fronte all’evidente necessità di operare una cernita, l’Autrice si è rivolta

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so quelle carte che rappresentano tipologie funzionali meno note (come il consuntivo dei contanti di cassa, le registrazioni ausiliarie, la lettera di cam-bio) o tipi materiali rari nella documentazione di cui disponiamo (i due ro-toli pergamenacei con note di crediti) e d’altra parte verso quei documenti contabili che per il loro contenuto risultano complementari ai libri di conto editi da Bigwood e Grunzweig.

Tra i documenti editi dall’Autrice uno dei più curiosi e particolari è il “Libro delle spese quotidiane della « Renenga » di Fiandra”, tenuto a Bruges dal 15 luglio al 28 agosto 1306. Bisogna considerare che un socio importante della compagnia Gallerani, Tommaso Fini, esercitò la carica di ricevitore comitale per il conte di Fiandra tra il 1306 e il 1309, un ruolo senz’altro di grande rilevanza. In pratica il ricevitore rivestiva un ruolo chiave nella ri-scossione dei vari proventi fiscali e nella gestione delle finanze comitali. Le sue funzioni prevedevano l’esercizio di una complessa attività, comprenden-te la ricezione dei proventi in natura e dei proventi monetari che il concomprenden-te otteneva dal suo dominium personale (sia il vecchio che il nuovo dominio, ovvero quello acquisito nel corso del Duecento) e dai territori extra domi-nium, nonchè i proventi che derivavano da imposte straordinarie, stabilitead hoc a seconda delle necessità contingenti. Le entrate del demanio erano ri-scosse attraverso una fitta rete di esattori territoriali, distinti in renneurs e in

recheveurs a seconda che dovessero occuparsi delle aree del vecchio dominio o dei territori del nuovo, mentre i proventi extra-demaniali erano riscossi da altri ufficiali, detti balifs e censiers. Naturalmente ogni anno si tenevano dei rendiconti generali in date stabilite. Così, i renneurs e i recheveurs erano chiamati a rendere conto al ricevitore generale una volta l’anno, a partire dalla festa di San Giovanni (24 giugno) in due diverse sessioni della renenga, termine che indica propriamente la ‘sessione di rendicontazione’. La parola è un adattamento del fr. renenghe che a sua volta deriva dal fiammingo rede-ninghe. I balivi invece dovevano presentarsi davanti al ricevitore generale tre volte l’anno: all’Epifania, alla festa di San Michele (8 maggio) e alla festa di Santa Croce (14 settembre). La contea di Fiandra sperimentò nella seconda metà del Duecento lo stesso processo di accentramento della gestione finan-ziaria che si manifestò in altri principati e regni europei (ad esempio in In-ghilterra e nel regno di Francia). Così sul finire del XIII secolo la carica di ricevitore generale venne ad assumere un’importanza sempre maggiore e ad assorbire tutte le funzioni finanziarie di maggior rilievo, incluse la gestione dei pagamenti e l’eventuale accensione di mutui. Tommaso Fini lavorò co-me ricevitore generale con la collaborazione del fratello Bartoloco-meo presen-tando due rendicontazioni in francese relative alle audizioni della renenga, una tenuta a Bruges nel 1306 e l’altra a Ypres nel 13093. Bartolomeo fu

in-3. Per queste notizie cfr. CELLA, La documentazione Gallerani-Fini cit., pp. 31-32

e E.E. KITTEL, FromAd Hoc to Routine. A Case Study in Medieval Bureaucracy,

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fatti incaricato nell’aprile 1308 dell’esazione della rendita e della taglia scadu-ta il primo novembre 1307 e per la supervisione della renenga a venire. La

renengache si tenne a Bruges nel 1306, cominciò con un certo ritardo, il 15 luglio, e si protrasse fino a domenica 28 agosto. Naturalmente il prolungarsi di queste sedute per un mese e mezzo comportava tutta una serie di spese di vario genere, soprattutto di vitto, puntualmente riportate in un apposito registro. Si dispone così di un lungo elenco di « dispese fatte per chagione della renencha », comprendenti l’acquisto di salmone, storione, aringhe, ci-polle, pepe, zucchero rosa (« çucharo rosado ») e altre spezie, formaggio fre-sco, formaggio di Brie, pane, burro, frutta, aceto, uova, pere, mele, mostar-da, ciliegie, birra, pollastri, lardo, prugne, pesche, vino agro, vino « ranese », vino greco, zafferano e zenzero, farro, mandorle, carne di montone, di bue e di porco, pesce, porcellane, paglia, erba, avena, cera per candele, carte e fogli « di banbagia », « lavatura » di tovaglie e drappi, servizi di corriere po-stale, e altre varie voci. Si tratta in sostanza di una fonte che getta una luce diretta e immediata all’interno della vita quotidiana di un istituto importante come quello della renenga, una fonte tanto divertente quanto utile non solo agli storici della gastronomia medievale, ma anche agli storici dell’economia medievale, visto che ogni voce è corredata dal corrispettivo costo in denaro.

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som-ma di denaro che aveva inizialmente depositato. Ma in questo caso, nel 1305, sembrerebbe appunto di assistere ad una fase intermedia, ove si ritene-va necessario rilasciare, a maggior garanzia del creditore, almeno due lettere di cambio, una chiusa e una aperta.

L’altra fonte che mi pare essere particolarmente interessante per tipologia documentaria e contenuti sono le lettere, sia le tre lettere private scritte da Ranieri al figlio Pietro, sia le due di affari inviate l’una da Siena alle fiere di Champagne, l’altra da Bruges a Ypres. Le lettere di Ranieri furono tutte spedite da Nîmes a Parigi, nello spazio di neppure un mese, tra il 6 e il 30 maggio 1307. Delle due lettere di affari, al contrario, la prima fu redatta da Ciampolo di Giacomo Gallerani, in tutta probabilità il direttore della com-pagnia (almeno a partire dal 1303), residente stabilmente a Siena, e indirizza-ta ad uno dei soci più anziani, Giacomino di Giacomo Ubertini, a capo del-la filiale parigina a partire dall’estate 1307, del-la seconda fu mandata da Bartolo-meo del Massiccio, socio dei Gallerani dal 1303 fino almeno alla fine di ot-tobre 1307, a Bartolomeo Fini, di stanza a Ypres, al servizio del conte di Fiandra nella riscossione delle imposte in qualità di esattore e principale assi-stente del fratello Tommaso, ricevitore generale. Ad aiutare Tommaso e Bartolomeo nella loro attività in Fiandra vi era poi un terzo fratello, Filippo, associato alla compagnia Gallerani dal gennaio 1307, al quale si fa riferimen-to nell’indirizzo della lettera (« Baltalomeo Fini vel a Filippo son frere a Ipro »).

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quindi l’affresco di « un mondo – come afferma l’Autrice – fatto di spirito d’avventura e intraprendenza, di astuzia e amore per i piaceri della vita, per il gioco e le vesti, ma anche di cinismo, avidità, violenza, solitudine, che sembra preludere a tanta della migliore novellistica trecentesca ». Non pos-sono non venire in mente, a tal proposito, alcune novelle delDecameron.

Una nota di colore riguarda anche la lettera inviata da Bruges a Ypres nell’estate del 1309 da Bartolomeo del Massiccio a Bartolomeo Fini, nella quale il mittente informa il destinatario di aver comprato per suo fratello Fi-lippo un giovane falcone, “un bello terçuolo da fare ramagio”, un falcone ancora da addestrare alla caccia, rispetto al falcone adulto, chiamato “grifa-gno”. Ecco così attestata la passione di questi mercanti-banchieri per svaghi e passatempi come la caccia, spesso considerati appannaggio esclusivo dei giovani rampolli di famiglie nobili, in nome di una distinzione presunta tra stili di vita (e ideologie) della nobiltà e della “borghesia”, una distinzione che esiste più nella testa di alcuni storici contemporanei che nella concreta realtà dell’Italia basso-medioevale.

Il volume è corredato di un commento linguistico sui testi editi, tutti in senese antico, più precisamente nel senese della fase di transizione dalla for-ma arcaica a quella trecentesca. Il commento segue la descrizione e i tratti evidenziati da Arrigo Castellani nel 2000 (Grammatica storica della lingua italia-na, I. Introduzione, Bologna, il Mulino, 2000, pp. 350-362). Sono natural-mente presenti anche degli indici: un indice unico che comprende sia gli antroponimi che i toponimi, un indice delle cose notevoli e dei testi anti-chi, un indice dei fenomeni linguistici e delle forme citate, un indice degli studiosi e degli strumenti citati. Forse, a maggior beneficio del lettori, il pri-mo indice avrebbe potuto essere scomposto in tre indici distinti (uno per gli antroponimi I, uno per gli antroponimi II e un terzo per i toponimi), ma la scelta di racchiudere tutte le voci in un indice unico pare comunque legitti-ma. La presenza di un indice delle cose notevoli e dei testi antichi arricchi-sce l’apparato di uno strumento di orientamento utile per i lettori. Le tavole finali, con una selezione di fotografie di alcuni testi, offrono un campionario delle mani dei principali autori dei testi editi, alcune delle quali non facil-mente identificabili, mentre l’ultima figura (29b) mostra ilsignum, lo stemma della compagnia che i Gallerani, come tutte le società mercantili-bancarie medievali, apponevano sui loro documenti e sulle balle di merce che spedivano.

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libri di fiera, ovvero i libri di entrata e uscita compilati appositamente nel corso di ogni fiera di Champagne alla quale partecipavano soci e fattori della compagnia4. Ciò dipendeva dal fatto che il personale della compagnia

atti-vo presso le fiere di Champagne faceva capo alla filiale di Parigi, presso cui depositava la propria specifica contabilità.

In conclusione, questo libro costituisce uno strumento fondamentale per lo studio non solo delle vicende della compagnia Gallerani, ma anche del panorama mercantile-bancario senese di fine Duecento-inizi Trecento e, più in generale, per lo studio della storia delle compagnie italiane del Tardo Medioevo. Il volume della Cella si segnala per l’accuratezza filologica e per uno sforzo di classificare con precisione le varie tipologie funzionali relative ai documenti e alle carte Gallerani-Fini che, prima delle ricerche dell’Autri-ce, si presentavano in uno stato di pressochè totale disordine. Un’ultima an-notazione può non essere del tutto superflua. Spesso, quando documenti di così difficile lettura e interpretazione sono resi immediatamente accessibili ad un pubblico vasto, può succedere che non tutti i lettori riescano a ren-dersi conto appieno del grado di complessità che caratterizza ricerche simili. Alle difficoltà di inventariazione del materiale, di lettura ed edizione dei te-sti secondo criteri filologici rigorosi, si aggiungono i problemi d’identifica-zione di tutti i personaggi storici e dei luoghi geografici citati, di esatta comprensione dei contenuti (che spesso hanno un carattere tecnico) e lo sforzo di dover ricostruire globalmente le attività e le vicende di una deter-minata società mercantile-bancaria e dei suoi membri. Non è un caso che molti documenti in volgare giacciano tuttora sepolti in scaffali di archivi ita-liani e stranieri, inediti o talora affatto sconosciuti alla comunità scientifica internazionale. Per questo complesso di motivi un libro come quello ogget-to di questa recensione risulta tanogget-to più meritevole di apprezzamenogget-to.

IGNAZIODEL PUNTA

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