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M. Bedello Tata Piccola coroplastica e l

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LE SEMBIANZE

DEGLI DEI

E IL LINGUAGGIO

DEGLI UOMINI

Studi di lessico

e forma degli artigiani capuani

A cura di

Maria Bonghi Jovino - Federica Chiesa

(2)

A GUISADIPRELUDIO: LINGUAGGIOEFORMAPERUNAPPROCCIO

ALCOMPORTAMENTOEALL’IMMAGINARIOCREATIVODEICOROPLASTI xx Maria Bonghi Jovino

LESEMBIANZEDIMENERVA-ATHENADAIMODELLIPRIMARIASTRATTI

AGLIEX-VOTOMATERICI xx

Maria Bonghi Jovino

ILCANTODELLANATURA: LA SIGNORADEGLI ANIMALI xx Federica Chiesa

LADONNA, ILPARTO, LADEA xx

Mariarosaria Borriello

ERCOLEINDIMENSIONEEROICAEAGRESTE xx

Alessandra Gobbi

LEIÚVILA: SPAZIDEDICATI? L’ARTIGIANO’ ALSERVIZIODELLACOMUNITÀ xx Valeria Sampaolo

LACETRADI APOLLO xx

Cristina Ridi

ECHIDIANTICHICULTI. ANIMALIVOTIVIEPERCEZIONEAMBIENTALE xx Rossella Patricia Migliore

PICCOLACOROPLASTICAEL’ESPERIENZADELLAGRECITÀ xx Margherita Bedello Tata

TIFATA, REGIO DIANAE SACRATA: APPUNTISULL’ORIGINEEL’ESTENSIONE

DELLOSPAZIOSACRO xx

(3)

DALL’IPERCRITICISMORADICALEDEL BELOCHALL’AUTONOMIA

INTERDISCIPLINAREEAINUOVIORIZZONTIPERLARICERCA xx Gianluca Melandri

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE*1 xx

TAVOLE xx

INDICEDELLE ILLUSTRAZIONI xx

(4)

M

ARGHERITA

B

EDELLO

T

ATA

PICCOLA COROPLASTICA E L’ESPERIENZA

DELLA GRECITÀ

Nel corso del III secolo a.C. , soprattutto a partire dagli anni centrali, la cultura artistica e la religiosità capuana registrano un nuovo fenomeno, all’interno del quale i due aspetti, culturale e religioso, appaiono talora intimamente correlati e insieme veicolati sulla scia di un sempre più ampio repertorio iconografi co di matrice greca, che dispiega il suo ricco potenzia-le nella coroplastica devozionapotenzia-le.

L’ ellenismo greco, con la dovizia delle sue esperienze artistiche, infl uen-zerà, infatti, la società di Capua, fornendo nuovi codici visivi alle esigenze cultuali, sfruttando il linguaggio laico creato da una geniale generazione di scultori, maestri nel dare vita ai sentimenti attraverso un gioioso repertorio di divinità, adatte ad essere replicate nella piccola plastica1.

Si tratta di un fenomeno a tutto tondo, destinato a permeare la penisola e l’ambito mediterraneo intero, con manifestazioni tese ad una generale uni-formità, il cui rifl esso nelle aree santuariali centro-italiche si esprimerà per

1 Il materiale che si presenta, in parte censito dal Patroni in un prezioso quanto ormai introvabile catalogo (PATRONI 1897-1904), è per lo più inedito e frutto di

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il tramite di una cospicua produzione di piccolo modulo, gremita da fi gure femminili, infantili e giovanili dall’incerta sessualità2.

La permeabilità di Capua sarà favorita da quello che sul piano storico sembra potersi interpretare come un momento di crisi dei suoi valori tra-dizionali, favorito da una più facile apertura e dinamismo dei mercati, cui contribuì la crescente infl uenza di Roma, che dopo il 330 a.C. aveva esteso il proprio dominio dall’Etruria alla Campania.

Il momento risulta, dunque, nonostante le vicende di cui la città fu alla fi ne perdente protagonista, come una stagione fl orida che andò a benefi cio della vivacità commerciale e che ebbe una ricaduta proprio sui suoi san-tuari.

Soggetti e modi della produzione annoverano novità anche nell’espres-sione del linguaggio religioso, a segnalare un ripensamento delle immagini tradizionali3, come dimostra la curiosità verso i culti orientali, di cui è te-stimone una statuetta di Bes (Tav. 33,1) che denuncia precoci contatti con l’Egitto tolemaico, da cui il manufatto, per caratteristiche tecniche peculia-ri, sembra essere stato importato4. Da ricordare è anche la presenza5, di un singolare busto di Giove Ammon (un unicum a Capua sia per fattura che per soggetto), che conferma questi interessi, forse transitati attraverso Pu-teoli, porto vivace e naturalesbocco a mare del fecondo distretto campano. La nuova, dinamica società capuana6 costituita in parte da mercanti, sol-dati, mercenari favorirà anche l’interesse verso altre espressioni religiose, tra cui quelle verso il culto di Attis, attestato sia al Museo Campano (Tav. 33,2) sia al Museo Nazionale di Napoli da fi ttili, alcuni dei quali di prove-nienza tifatina, la cui presenza non sembra in contrasto con i culti che si coagulano intorno al santuario di Diana nel II secolo a.C.7

2 POTTIER 1890, pp. 79-114, 197-225. Sull’Ellenismo mediterraneo si veda con

bi-bliografi a The Hellenistic West 2014. 3 BONGHI JOVINO 1995.

4 TÖRÖK 1995, Pl. XVIII, 10, pp. 32-33; I Fenici1988, p. 329. I due esemplari il

primo dall’Egitto (frammentario nella parte superiore: h. cm 10,9) e il secondo dalla Sardegna punica (h. cm 14) hanno forti assonanze con l’esemplare capuano (h. cm 13,7) in termini di dimensioni e caratteristiche tecniche, essendo pieni e modellati con unico stampo anteriore. “Romano” è un più tardo Bes da Pompei: D’AMBROSIO – BORRIELLO 1990, tav. 13, fi g. 78, p. 42.

5 L’esemplare, proveniente da Capua, fa parte delle collezioni del Museo Archeo-logico Nazionale di Napoli: DELLA TORRE – CIAGHI 1980, tav. I, 2; BEDELLO TATA

1987, p. 94. 6 JOHANNOWSKY 1976.

7 Il PATRONI 1897-1904, ai nn. 4760- 4763 ricorda almeno quattro statuette raffi

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L’affermazione di rappresentanti di vecchie famiglie e di nuovi espo-nenti di origine servile nei commerci internazionali, nelle compagnie mercantili e nelle società fi nanziarie nei centri egei8, provoca una mo-bilità sociale che si rifl ette anche nelle più modeste manifestazioni dei devoti.

Diventa dunque impensabile presso questa società la persistenza di al-cune offerte fi ttili come bustini, testine, oscilla, arulae9, connesse ad una religiosità ancora legata alla terra. L’esame delle piccole fi gure panneggia-te, ampiamente presenti dalla fi ne del IV secolo a.C., ha rivelato, su questo nuovo fronte, una intensa rete di contatti culturali con il mondo mediterra-neo – Grecia, Asia Minore e Africa costiera – confermando i contatti con l’Egitto ellenistico10.

In questo ambito non certo improntato all’originalità, ma senza dubbio diverso, rientra con il corpus delle fi gurine panneggiate, di cui Capua offre ricca documentazione11, lo stuolo di eroti (con alcune centinaia di esempla-ri è la categoesempla-ria più rappresentata dopo le tanagesempla-rine) raffi gurati in pose e attributi diversi (isolati, su animali con Afrodite, etc.)12, che ne denunciano di volta in volta la destinazione votiva o funeraria e le piccole dee con un più ridotto pantheon maschile (Apollo, Attis, Ganimede, etc).

Si tratta naturalmente di un materiale seriale, spesso prodotto a lungo, come dimostra l’usura di molti manufatti, destinato a genti dalla borsa leggera, che genera quel vivace circuito economico, che con felice sintesi viene defi nita industria del pellegrino e di cui le vicende politiche capuane, posteriori al 211 a.C., non sembrano aver interrotto il corso.

Proprio per una più adeguata comprensione sul versante religioso e per le ragioni che in principio abbiamo specifi cato, non sarà superfl uo seguita-re a sorvegliaseguita-re in parallelo le immagini e lo stile in quanto entrambi pos-sibile mezzo per penetrare problematiche che investono, solo in apparenza da lontano, la fenomenologia religiosa.

Ecco quindi che le offerte in terracotta di piccolo modulo appaiono con-sistenti di numero e stilisticamente omogenee, dando nuova forma anche

reca il n. inv. 4760. Due statuette dallo stesso prototipo sono al Museo Naziona-le di Napoli: DELLA TORRE – CIAGHI 1980, pp. 15-16, tav. IV, 3. Recentemente

sull’argomento, con riferimento ai ritrovamenti tifatini, si veda con bibl.: QUILICI

GIGLI 2009.

8 COARELLI 1983, pp. 217-239.

9 BEDELLO TATA 1990a, pp. 3-13.

10 BARONI – CASOLO 1990, pp. 105-107.

11 BARONI – CASOLO 1990.

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alle offerenti e devote con infanti tra le braccia13, caratteristico tema di un santuario matronale, che fi niscono anch’esse, come per la plastica in tufo, per aderire, non senza qualche inciampo, alle mode ellenistiche. La varietà dei prototipi a soggetto divino e mitologico documenta l’apertura degli artigiani verso modelli, veicolati appunto dai rapporti commerciali e di af-fari con i mercati d’oltremare. Tuttavia, come avviene quasi sempre anche in altre stipi dell’Italia peninsulare, tali modelli, nelle mani di una società comunque modesta culturalmente, tendono a perdere i tratti reciprocamen-te diversifi canti per assumere tonalità più omogenee, con conseguente e progressivo scarico della tensione e della qualità. Il carattere quasi indu-strializzato della produzione si riverbera nella quantità di oggetti prodotti su larga scala, che appare particolarmente abbondante nelle statuette fem-minili panneggiate.

Purtroppo Capua, depauperata all’epoca del ritrovamento di quei formi-dabili strumenti di lettura derivanti da una corretta documentazione di sca-vo, non ha conservato il senso e le modalità del riversarsi sui suoi luoghi di culto di questo materiale: decontestualizzato, esso resta infatti fl uttuante in una indeterminatezza che disorienta, nella perdita pressoché totale di quelle tracce necessarie a ricostruire tempi e forme del rito preposto all’offerta. È comunque evidente la differenza che corre tra le effi gi delle offerenti, delle madri, delle oranti di aspetto paesano (solo per citare le iconografi e più note), frutto di una religiosità popolare molto sentita sin dalla prima fase di produzione delle botteghe e le tante divinità forgiate sul modello greco-ellenistico, che si moltiplicano ora a servizio di una religiosità riferibile ad una classe sociale pur sempre modesta, ma più evoluta. Tanto espressione di una sensibilità più arcaica e diretta appaiono le prime, quanto più conge-niali sono le seconde, a interpretare richieste più astratte rivolte a fatti più simbolici, legati a momenti particolari dell’esistenza femminile14.

La varietà offerta dalla statuaria ellenistica e la sua capacità di comuni-cazione fanno il resto, fornendo i modelli. La coroplastica capuana di pic-colo modulo presenta, dunque, varie effi gi di divinità, da non ritenersi ne-cessariamente legate a quella titolare, come accade anche nel mondo greco, ove al numen tutelare di un santuario poteva essere dedicata la statua di un altro dio e in uno stesso tempio esservi simulacri di più divinità15, con ciò volendosi garantire protezione nei riguardi dei vari accadimenti della vita.

13 DELLA TORRE – CIAGHI 1980, esempi alle tavv. VIII, 6; X, 3.

14 PENSABENE – RIZZO – ROGHI – TALAMO 1980, da p. 25. Negli ultimi anni la

bi-bliografi a relativa al sacro ha avuto notevole sviluppo. Si considerino tra i tanti LIPPOLIS 2001; PENSABENE 2005; Lo spazio del rito 2005, passim.

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Come avviene peraltro anche in ambiente italico ove divinità secondarie si raccolgono intorno ad un culto principale e il votivo rifl ette le richieste e le preoccupazioni più varie in materia di salute, sentimenti, fertilità in senso lato, pericoli…16.

In analogia, il nutrito numero di tipi muliebri capuani può inserirsi nell’ambito di quelle manifestazioni, indici di un nuovo modo di rivolgersi alle divinità che soprassedevano ad alcuni importanti passaggi della vita, particolarmente articolati e complessi quando si tratti della sfera muliebre, dalla pubertà, al matrimonio, alla maternità.

Il santuario del Fondo Patturelli, da cui sembra provenire la maggior parte del materiale fi ttile qui considerato, poteva aver titolo per la sua stes-sa collocazione liminare, ad ospitare celebrazioni che regolamentassero l’entrata nei costumi socio religiosi della collettività, attraverso la divinità femminile poliadica, che vi aveva sede, la cui precisa identità rimane tut-tora oggetto di ricerca17. Dalle fonti e da altri contesti archeologici si rica-vano indicazioni in relazione ai gesti e alle cerimonie legate sin dai tempi più remoti ai passaggi di stato, come il deposito di materiali deperibili: la prima barba, i vestiti dell’infanzia, i capelli, i giocattoli…18.

Un gruppo di stele funerarie attiche di IV secolo a.C.19 testimonia il ge-sto dell’offerta di una statuetta femminile nuda intera o parziale, (che la si interpreti quale bambola o ex-voto è in discussione) da parte di fanciul-le alfanciul-le soglie della vita adulta. Parimenti fanciul-le numerose statuette capuane a soggetto divino, come quelle riferibili alla sfera afrodisia e forse anche le c.d. tanagrine, la cui diffusione coincide con un momento di evoluzio-ne dell’espressioevoluzio-ne religiosa e di crisi verso comportamenti rituali tradi-zionali20, potrebbero aver signi cato l’offerta nel contesto di cerimonie

16 LIPPOLIS 2001; MOREL 1991, da p. 25.

17 Sui culti capuani, nel più vasto ambito della Campania settentrionale, sulla persi-stenza del sostrato culturale e religioso etrusco nonchè sull’incidenza, certo non marginale, dell’elemento nativo, la bibliografi a è ampia e destinata ad arricchirsi. Da questo panorama quanto mai vasto e articolato si traggono contributi ricchi di proposte e di riferimenti bibliografi ci, alcuni dei quali ormai storici, altri derivanti da studi recenti: HEURGON 1942, da p. 297; la serie Capua preromana. Terrecotte

votive (a cura di M. Bonghi Jovino, 1965 ...); BIANCHI 1992; BONGHI JOVINO 1995;

COARELLI 1995; CRISTOFANI 1998; CARAFA 2008; BONGHI JOVINO 2010; CERCHIAI

2011; BONGHI JOVINO 2012. Tra gli ultimi lavori, legati alla ripresa delle ricerche

sul campo e mirati alla comprensione degli aspetti rituali suggeriti da alcune tipo-logie fi ttili: MIGLIORE 2011.

18 TORELLI 1976, da p. 163; TORELLI 1984, passim; HERSCH 2010, da p. 65.

19 REILLY 1997, fi g. 32, p. 155.

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legate al passaggio nell’età adulta. Certo è che dalla metà del III secolo a.C., fi no agli albori del II secolo a. C., la produzione fi ttile capuana si veste a suo modo di forme greche, quasi un contraltare femminile alla diffusione dello strigile, come uffi ciale adesione dei giovani uomini agli ideali della paideia.

Accade comunque che i modelli non vengano sempre accolti in modo fi lologico dalle botteghe capuane, per il riaffi orare di quella variabile polare, che vira verso una versione caricaturale. Ne è testimonianza la po-polare coppia con Afrodite/Venere e Pan (Tav. 33,3), replicata in numerosi esemplari, che riecheggia in forme scollacciate la scultura delia21 o il pic-colo nudo asessuato22 (Tav. 34,1-2) in atteggiamento epifanico, che l’eva-nescenza del calco impedisce di riferire ad un personaggio femminile23, ovvero a una fi gura giovanile. O ancora la Venere accucciata su bacile, presente con numerose repliche esaminata in altra parte del volume24 (Tav. 11), quasi una parodia della plastica ellenistica di matrice rodia. Altri sog-getti appaiono più aderenti ai modelli, come nel caso dell’Apollo musico (Tav. 34,3), che soprattutto nella versione stante con lungo chitone cinto,

himation, cetra e plettro (Tav. 27,1), rifl ette i modi della statuaria elleni-stica25, ltrata dalla produzione ttile microasiatica, come accade anche a Pompei26. O per l’ermafrodito (Tav. 34,4), presente in più copie27, la cui posa sognante presuppone una dipendenza da modelli statuari ellenistici28, come a Taranto29, Etruria e Lazio30.

Analogamente ad altri santuari della Campania, del Lazio e dell’Etruria meridionale, le botteghe capuane immettono sul mercato, nel III secolo a.C., un tipo di Diana/Artemide, rappresentata con gli attributi della caccia-trice (la faretra, l’abbigliamento), e nel contempo appoggiata alla torcia che

21 BIEBER 1961, p. 147, fi gg. 629-630.

22 Sicuramente da comune prototipo viene un esemplare conservato a Madrid, Col-lezione Salamanca: LAUMONIER 1921, tav. CX, 2, p.191.

23 MOLLARD-BESQUES 1954, Pl. LXXXV, n.. 227, p. 119.

24 Si veda BORRIELLOsupra, p. 000.

25 GUALANDI 1976, pp. 71-73.

26 D’AMBROSIO – BORRIELLO 1990, tav. 9, fi g. 38, p. 33. Cfr. nella glittica: LIMCII,

ad vocem Apollon, II,1, p. 200, II, 2, n. 89.

27 Nella collezione Pasquale è confl uito un esemplare, sempre da Capua (WINTER

1903, II, p. 359,7) presumibilmente dallo stesso prototipo. Un esemplare molto simile è attestato a Corfù (?): WINTER 1903, II, p. 96,5.

28 LIMCVII, 2, ad vocem Pothos I: VII,1, p. 502, VII, 2, nn. 14, 16, 18. 29 WINTER 1903, II, p. 253.

30 NAGY 1988, tav. LXXI, fi g. 218, p. 223; GATTI LO GUZZO 1978, tav. XXVII:

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ne evoca i caratteri catactoni (Tav. 34,5-36,1)31. Il risultato è una mescolan-za laica, non priva di una certa coqueterie, presa in prestito dal repertorio ellenistico con le sue pose fl uide e aggraziate. Nell’iconografi a più usuale e corsiva, esaminata in un recente contributo32, il tipo trova confronti soprat-tutto in analoghi manufatti fi ttili dalle stipi del Tevere e dell’Esquilino33 ed in Campania, a Teano e Fratte di Salerno34. In essa si mescolano vari tipi statuari, su cui predominano i caratteri dell’Artemis Laphria, che fu alla base di una copiosa produzione marmorea e di numerose più tarde copie romane. Ai prototipi isolati nel Museo Campano debbono aggiungersene altri documentati in musei e collezioni europee35, che attestano la fortu-na dell’immagine, che Capua sembra aver esportato almeno in due casi a Cales (Tav. 35,5) e a Nola36. Questa tipologia aggraziata risulta in forte contrasto con la concezione osca che emana da un’altra rappresentazione della dea, rigida, frontale, “xoanica”, nota nella coroplastica di piccolo e medio modulo37.

Nel confronto appare particolarmente interessante la netta distinzione di linguaggio che rifl ette due tempi, ma soprattutto due modi di vedere la dea: l’uno, legato ad una visione più antica e tradizionale da parte dei pagi rustici e montani, l’altro ad una committenza diversa, senza dubbio più mondana, ormai aperta alle stesse tendenze ellenizzanti che ispirano le c.d. tanagrine. Il legame con la caccia, qui defi nito dall’abbigliamento è sug-gerito nella vicina Teano dalla presenza di oggetti simbolici, che rientrano piuttosto nella vera e propria sfera dell’offerta, quali giavellotti e cinghiali fi ttili38. Tra le altre iconogra e si segnala la presenza di più copie della c.d. Artemide sicula con arco e pantera a lato (Tav. 36,2), prototipo condiviso

31 La bibliografi a sulla dea, Trivia, infernale, lucifera, preposta ai luoghi di margine e la sua originaria sfera cultuale in Italia centro-meridionale è vastissima. Recen-temente con bibliografi a SPINETO 2000, da p. 19; PASQUALINI 2013, pp. 289-307.

32 BEDELLO TATA 2012, da p. 223.

33 PENSABENE – RIZZO – ROGHI – TALAMO 1980, tav. 18, n. 59; GATTI LO GUZZO 1978,

tav. XI, esemplare E XXIXa.

34 JOHANNOWSKI 1963, p. 151, fi g. 14p; MOREL 1998, tav. XLIV,5; GRECO 1990,

fi g. 225.

35 Ai prototipi di cui alle sigle Diana I-VIII in BEDELLO TATA 2012, va aggiunto un

altro esemplare da Capua: WINTER 1903, II, p. 164,6 con repliche disperse tra

Berlino, Monaco, Parigi, Londra e collezioni private. Si veda anche un esempla-re a Madrid di probabile provenienza capuana: LAUMONIER 1921, tav. LXXX, 1,

p. 159.

36 WINTER 1903, II, p. 164, 2 e 6.

37 BONGHI JOVINO 1971, tav. XI; BEDELLO TATA 2012, fi g. 5.

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con Teano39 e Cuma40, da cui proviene un esemplare di maggiori dimen-sioni, per il quale si suppone una dipendenza da modelli siracusani mediati dalla costa campana. Richiami al tipo ellenistico dell’Artemis Bendis41 pre-senta un esemplare, cinto da nebris (Tav. 36,3), che risulta strettamente ap-parentato a manufatti dalle stipi romane di Minerva Medica e del Tevere42, ed ancor di più ad un fi ttile dal santuario di Santa Venera a Paestum43, quasi identico. Piuttosto a un tipo statuario di Artemide come Ekate, che a una Afrodite, sembra possa riferirsi una statuetta (Tav. 36,4), in posizione rota-ta, vestita con chitone sottile e mantello le cui pieghe si raggruppano sulla coscia, molto vicina tipologicamente ad una serie marmorea da Rodi44.

La raffi gurazione di Venere/Afrodite, presente in numero cospicuo a Ca-pua, prende avvio dalla coroplastica greca, a sua volta ispirata da quella ri-voluzione “laico-borghese” che tra IV e III secolo a.C. investe l’immagine femminile e il pensiero della società. È una “icona” che attraverso la diffu-sione delle terrecotte di Tanagra e poi di Myrina invade la penisola italiana, così che si può affermare che non esiste quasi nessuna stipe votiva priva della sua Afrodite, soprattutto nel tipo stante in appoggio laterale. Basta dare uno sguardo al volume del Winter 1903, per avere un’idea del vasto campionario di personaggi femminili, legati alla dea e alla sua cerchia, che dalla Grecia attraverso la Magna Grecia giunse a infl uenzare Capua.

Al Museo Nazionale di Napoli ne sono attestati più tipi che al Museo Campano: seduti e stanti, in associazione con Eros o Pan. Variazioni sul tema, con la dea stante, nuda o seminuda, nel tipo della Cnidia e della pudica, appoggiata ad erma, anfora o, più frequentemente, a pilastro45, in associazione con Eros, sono presenti anche in altri Musei e collezioni

39 GABRICI 1910, pp. 6-151; JOHANNOWSKY 1963, fi g. 14p.

45 In base all’edito vi sono attestati i seguenti tipi presso il Museo di Napoli: dia-demata e appoggiata ad erma (LEVI 1926, n. 559, p. 123); seduta in trono con

Eros (DELLA TORRE – CIAGHI 1980, tav. III, 2, p. 10); in piedi con Pan (DELLA

TORRE – CIAGHI 1980, tav. III, 3, pp. 14-15); nuda stante (LEVI 1926 n. 562-565,

pp. 124-125); seminuda au pilier (LEVI 1926, n. 553, 554, p. 122; DELLA TORRE –

CIAGHI 1980, tav. XIV, 2-4, pp. 38-39). Al Museo del Louvre, nella collezione del

marchese Campana (BESQUES 1986, pp. IX-X): Afrodite seminuda (BESQUES 1986,

pl. 2 a, c); au pilier (BESQUES 1986, Pl. 3 b); assisa su roccia (BESQUES 1986 Pl. 4

e); assisa su volatile (BESQUES 1986, Pl. 5,b, p. 8); con Pan (BESQUES 1986, Pl. 6e,

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europee, ove il materiale capuano pervenne in seguito ai ben noti traffi ci ottocenteschi. La varietà delle iconografi e ed il numero elevato documen-tato nei manufatti presenti nei vari musei europei oltre che a Napoli e al Campano confermano la curiosità dei coroplasti verso le forme assun-te nella statuaria greca dalla dea, simbolo di un nuovo modo di vedere la donna. Manifestano inoltre la popolarità della dea, che per il mondo muliebre evoca la raggiunta maturità sessuale, il matrimonio, la legitti-ma procreazione, in complementarietà con Diana/Artemide, che vigila sui momenti precedenti, dalle fasi prenatali, poi infantili, fi no al limitare dell’età adulta.

La tipologia più diffusa al Museo, defi nita sinteticamente “au pilier,” forse la più popolare della penisola46, riproduce una gura di donna aggra-ziata e sinuosa, nuda fi no ai fi anchi, improntata a modello statuario elabora-to nel primo Ellenismo. L’immagine è ricorrente nella coroplastica dell’a-rea apulo-tarantina, che dalla produzione di Atene e poi di Tanagra prende le mosse47 sulla scia delle correnti dinamiche dell’Ellenismo e dell’opera scultorea di Prassitele48, rispetto a cui la terracotta, materiale fondamental-mente anticlassico, mostra una sua ovvia autonomia. Ogni confronto con la grande arte infatti, nella maggior parte dei casi, è possibile nell’insieme ed impossibile nel dettaglio, soprattutto in quei centri come Capua, ove i modelli giungono per la maggior parte già fi ltrati. Il tipo “au pilier” è declinato al Museo Campano in vari prototipi (Tav. 36,5; 37, 2-4,; 38,1), che generano esemplari di dimensioni minute (in complesso non più alti di cm 20), sostanzialmente analoghi (posa fl essuosa, pilastro di appoggio, abbigliamento succinto) salvo piccole variazioni in quei particolari, che servono a differenziare l’offerta commerciale. È il caso dell’esemplare qui riprodotto alla Tav. 36,5, derivante dallo stesso prototipo di una statuetta di

tipo della pudica, presente a Berlino e a Napoli e proveniente, la prima da Pompei, la seconda da Curti è catalogata da WINTER 1903, II, p. 217, 8 A, B.

46 Gli esempi sono numerosi, rispondono ad un’immagine standard, che viene resa con esiti spesso diversi. A titolo di esempio: Teano, Fondo Ruozzo (MOREL

1991, fi g. 9d); santuario di Marica alle foci del Garigliano (MINGAZZINI 1938, tav.

XXV,5); santuario irpino della Mefi te in Valle d’Ansanto (RAININI 1976, fi g. 164,

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Nike (Tav. 37,1), da ritenersi variante dalla stessa bottega, dipendente, per il tramite tarantino dalla coroplastica dell’Attica e della Beozia49.

Echi della statuaria greca si avvertono in una statuetta che riproduce la dea vestita da un aderentissimo chitone (Tav. 37,4)50 e in un esemplare (Tav. 38,3)51, molto consunto, la cui lettura è favorita dal confronto con un altro prototipo capuano generatore di una statuetta dell’Ashmolean Museum di Oxford52. Ma più che nella statuaria in marmo gli esemplari capuani trovano appunto nella coroplastica dell’Italia meridionale, soprat-tutto dell’Apulia e dell’Asia minore, il loro più diretto interlocutore: così dicasi per l’esemplare della Tav. 38,2, confrontabile con una terracotta da Reggio Calabria53 e per gli esemplari di cui alle Tavv. 38,4 e 39,154. Il fi ttile con la dea che si scopre, aprendo il manto, (Tav. 39,2), derivante da tipologie ellenistiche e tardo ellenistiche55, riveste particolare interes-se per il fatto di condividere lo stesso prototipo di quattro einteres-semplari di dimensioni minori da Fratte di Salerno56. Per questo speci co caso re-sta da re-stabilire se il fi ttile sia giunto a Capua come dono di un devoto o sia frutto di commercio. È altresì possibile che alla base vi sia l’opera di maestranze itineranti57 o l’esistenza di matrici parallele nei due centri. L’associazione di Afrodite ed Eros è documentata da una statuetta acefala stante (Tav. 39,3) che nella sua compostezza riecheggia la statuaria greca con riferimenti all’Eirene di Kephisotodos. Un altro esemplare (Tav. 39,4) conservato fi no al busto riporta la dea con pettinatura a nodo sul capo associata a un piccolo erote sulla spalla, tipologia attestata nella statuaria fi ttile capuana di medio modulo58 nell’ultimo quarto del II secolo a.C., in dipendenza da tipi apuli59, microasiatici e di Myrina60. Moltissime repli-che fanno capo, infi ne alla coppia con Pan, già illustrata (Tav. 33,3) che, in

49 BESQUES 1986, Pl. 3,c e ; BESQUES 1972, Pl. 7 b, d. fi gg. 27 e 28 sono repliche dal medesimo prototipo

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virtù dell’assioma ubi multa ibi domestica61, è da ritenersi creazione certa di una bottega capuana.

La sfera afrodisia accoglie ancora, con richiami all’aspetto erotico, fi gu-re femminili (Afrodite o Leda) assise nude o seminude su oca o cigno (Tav. 40,1-2)62, riconducibili in genere alla ceramica greca e alla coroplastica dell’Italia meridionale e di area microasiatica ove il tipo è testimoniato a

Myrina fi no al volgere del I secolo a.C. – inizi del successivo63. In parti-colare l’esemplare della Tav. 40,1, apparentato ad altro fi ttile capuano del Louvre64, trova confronti nella coroplastica tarantina65. L’altro, di fattura più aggraziata (Tav. 40,2) ha in una statuetta della collezione Salamanca di Madrid il suo corrispondente integro66 e nel ttile di cui alla nostra Tav. 40,3, noto in più repliche, il confronto interno più appropriato, confi guran-dosi tutti come prodotti della medesima bottega.

Controversa risulta l’identifi cazione di un piccolo gruppo di fi gure fem-minili sedute su roccia di cui nel Museo Campano sono stati isolati alcuni esemplari, in numero minore rispetto a quelli indicati dal Patroni67. Identi-fi carle come Afrodite, Muse, Ninfe o personifi cazioni legate alla sfera afro-disia dipende generalmente dal contesto68, soprattutto nel mondo romano quando copie marmoree servirono ad ornare ninfei ed edifi ci imperiali.

Negli esemplari del Museo Campano non sarei aliena dal riconoscere delle Ninfe, non estranee alla sfera afrodisia o ancor meglio la stessa Afro-dite. Nell’area etrusca, in via di romanizzazione, questo particolare tipo femminile, dalle forme esposte e libere nel movimento, risulta particolar-mente adatto a dar corpo a personaggi mitologici, come Arianna e

Andro-61 Ai 15 esemplari del Museo Campano e ai 3 del Museo Nazionale di Napoli (DEL -LA TORRE – CIAGHI 1980, pp. 14-15, tav. III, 3), sono da aggiungere: uno da Pompei

(D’AMBROSIO – BORRIELLO 1990, p. 39, tav. 12, fi g. 69), uno da Castellammare di

Stabia (MINIEROet Alii 1997, fi g. 16, pp. 24-25) e gli esemplari confl uiti al Louvre

(BESQUES 1986, p. 9, Pl. 06e), a Berlino, Londra, Monaco e in collezioni private

(WINTER 1903, II, p. 406, 5).

62 Un’altra piccola fi gura femminile su cigno risulta tra i materiali forse pertinenti ad una stipe, rinvenuti in via Campania a Santa Maria Capua Vetere: DE FRANCISCIS

1952, p. 324, n. 9.

63 MOLLARD BESQUES 1963, Pl. 37 a-c, p. 32. Esempi dalla Grecia, dall’area

microa-siatica e dall’Italia meridionale: WINTER 1903 II, p. 193.

64 BESQUES 1986, Pl. 5 b, p. 8.

65 WINTER 1903, II, p. 193, 7.

66 LAUMONIER 1921, tav. LXXXIII, 2, p. 163.

67 Il Patroni (PATRONI 1897-1904, n. 4160-4170), elenca un buon numero di

esempla-ri coresempla-rispondenti alla stessa tipologia al momento non tutti esempla-rintracciabili.

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meda, quali appaiono nella coroplastica architettonica69. Scoperte no ai fi anchi, di dimensioni ridotte, tra i cm 9 e i 12, tutti questi fi ttili conservati al Museo Campano sono, come accade per la maggior parte dei manufatti qui presentati prive di testa70. Anche in presenza di un accenno ad una ba-setta, il loro aspetto rimane sciolto ed evidente il legame con la statuaria di matrice rodia. La postura è simile con qualche variazione nel busto, fermo o leggermente girato e nelle gambe, ora incrociate, ora divaricate e sfalsate. La fattura, rispetto al materiale fi nora illustrato appare molto più accurata. Tre degli esemplari del gruppo (Tav. 40,4 e Tav. 41,1-2) mostrano caratte-ristiche simili e confronti diretti e stringenti con la produzione di Tanagra e Myrina71. Scendendo in ulteriori dettagli l’esemplare della Tav. 40,4 con torso nudo lievemente rotato e gambe leggermente divaricate deriva da un prototipo analogo o identico a quello di un fi ttile apulo72, di ispirazione rodia, la stessa che alimenterà, più tardi, la statuaria romana di medesimo soggetto. Gli altri esemplari (Tav. 41, 2-3) con le gambe incrociate e lievi differenze nella rotazione del busto, trovano sempre nell’ambito dell’Elle-nismo mediterraneo il terreno di coltura73.

L’esemplare di cui alla Tav. 41,1 trova anch’esso riferimenti nelle coro-plastica di Tanagra, che veicolato da Taranto74 giunge a in uenzare contesti romani ove uno specifi co confronto nella c.d. stipe di Minerva Medica75 te-stimonia dell’uniformità raggiunta dalla produzione del periodo. Per la fi -gura alla Tav. 41,2 valgono le stesse considerazioni circa la derivazione da tipi fi ttili tanagrini e apuli di ascendenza scultorea76. Il ttile sembra con-dividere lo stesso prototipo di un manufatto capuano confl uito a Berlino77, con monogramma sul retro, uguale a quello rilevato su statuette capuane

69 COLONNA 1992: tav. XXIV; BONAMICI 1992, tav. V.

70 Il fatto che la maggior parte dei fi ttili qui presentati siano prive di testa può dipen-dere da un motivo tecnico legato alla modellatura, come accade per moltissime delle fi gure fi ttili panneggiate del Museo Campano per cui le teste potevano essere applicate al corpo in un diverso momento, il che le avrebbe rese più fragili nel punto dell’attacco, corrispondente al collo. Questo non escluderebbe una rottura intenzionale per motivi cultuali.

76 Tanagra, Taranto e il mondo apulo, la Sicilia sono un fi orire di tipi stanti e seduti: WINTER 1903, II, p. 131, p. 127, 4. Si confronti con una statua di Musa da Atene,

forse parte di gruppo frontonale: THOMPSON 1952, pp. 109-110, pl. 28, c-d.

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dal Louvre78 e dal Museo Campano79, per le quali si richiama un marchio presente su di un fi ttile da Camiro. Il dato si rivela di estremo interesse rafforzando la tesi di rapporti diretti con Rodi o per importazione di matrici o per presenza a Capua di maestranze rodie. Tali ipotesi di lavoro si rileve-rebbero di conseguenza percorribili anche per gli altri due esemplari (Tav. 40,4 e Tav. 41,1) che per caratteristiche tecniche, iconografi che e stilistiche sembrano essere prodotti della stessa bottega. L’esemplare della Tav. 41,3 presenta prototipo affi ne a un fi ttile del Louvre da Capua, di fattura più corsiva, ma integro80.

Andando verso le conclusioni, vale riaffermare come esse siano infi ciate dalla mancanza dei dati di scavo. Da qui la necessità di affi darsi per la cro-nologia, come si è tentato di fare, ad un allargamento dei confronti con ma-teriale affi ne. La ricerca effettuata in questa direzione permette di collocare la maggior parte dei manufatti tra la fi ne della seconda fase di attività delle botteghe capuane e l’inizio della seguente, con limiti cronologici compresi tra la metà del III e la fi ne del II secolo a. C.81.

Nel corso di questo periodo si constata un’effettiva abbondanza nella produzione, che contrasta con la perdita di peso politico della città e di am-pie parti del suo territorio, dopo la defezione del 215-211 a.C., ma che tro-va ampie giustifi cazioni nel suo inalterato peso economico82. Nell’ambito del periodo proposto, si possono operare delle distinzioni che permettono di porre ancora sullo scorcio del IV secolo il fi ttile dell’Artemide sicula (Tav. 36,2), dipendente da tipo cumano a sua volta tradito da Siracusa, attraverso la costa campana e quello di Afrodite/Venere con erote (Tav. 39,3). Risultano più recenti, invece, le statuette di Attis (Tav. 33,2), Afro-dite/Venere con Eros sulla spalla (Tav. 39,4) e AfroAfro-dite/Venere su cigno (Tav. 40,1), che scendono al II secolo a.C. con attardamenti verso la fi ne del secolo e l’inizio del successivo per la coppia di Afrodite/Venere e Pan (Tav. 33,3) e per l’Artemide/Diana con nebride (Tav. 36,3). Anche le fi gure sedute su roccia alla base delle quali debbono ritenersi fondamentali gli

78 BESQUES 1986, p. 38, pl. 28 c-d.

79 BESQUES 1972, p. 60, tav. 73 b-d; CASOLO 1987, pp. 61-62, tav. I, nn. 6685, 6305,

5898; BARONI – CASOLO 1990, pp. 457-458, esemplari C LXXXII a1, C LXXXII

a2.

80 BESQUES 1986, Pl. 5,c.

81 Il riferimento è alle ampie periodizzazioni proposte da BONGHI JOVINO 1971, da p.

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82 All’epoca della calata di Annibale Capua risultava ricchissima anche rispetto a Napoli, Cuma e Pozzuoli: POL. Hist III,91. In questo contesto si inseriscono le

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apporti della statuaria rodia, fi ltrata attraverso la coroplastica greca e ma-gno greca, potrebbero scendere al II secolo a.C. Per il resto, la produzione si può collocare nel corso della seconda metà del III secolo a. C. con fi ttili la cui resa piuttosto “stanca” è da attribuire ad un impiego prolungato delle matrici nel tempo.

Per quanto concerne l’aspetto stilistico si conferma il ruolo avuto da Ta-ranto83 e dai centri apuli nella trasmissione delle mode scultoree assimilate e fatte proprie dalle botteghe coroplastiche dei centri ellenistici, primi tra tutti Tanagra e Myrina. L’Attica, la Beozia e soprattutto Rodi hanno offerto vari spunti, ma si possono ipotizzare veri rapporti diretti soprattutto con quest’ultima.

Per quanto riguarda, invece, l’aspetto tipologico, la piccola statuaria fi t-tile capuana offre in questo periodo un vasto repertorio, specie, come si è visto, se si volge lo sguardo oltre il Museo Campano. Per restare a noi vicino, dalla stessa collezione capuana del Museo Nazionale di Napoli, proviene una ben più consistente casistica di eroti, divinità, personaggi e gruppi mitologici che testimoniano di un vero e proprio “boom” della pic-cola coroplastica che ruota intorno alle altrettanto numerose fi gure panneg-giate. In questa sede si sono analizzate solo alcune delle tipologie più fre-quenti nella piccola statuaria, conservata presso il Museo Campano, tra cui quella riferibile a Diana/Artemide appoggiata a pilastro, in una iconografi a particolarmente apprezzata in Campania e nel Lazio84. La posa in appoggio laterale della dea viene condivisa anche dal corposo drappello di fi gurette di Venere/Afrodite e dall’ermafrodito, che più della cacciatrice mostrano stretti rapporti con la coroplastica greca e magno greca.

Sui contatti con altri centri della Campania è da osservare che l’edito, non dà ancora la piena misura dell’interesse dei coroplasti verso la piccola statuaria a soggetto divino, come a Napoli, ove è documentata una scarsa presenza di fi gure di divinità e “tanagrine”, in una situazione ancora da approfondire85.

Nell’ambito del circuito degli scambi, che dovevano essere numerosi e frequenti, in questa sede si è segnalata la presenza a Nola, Cales e Teano di un tipo di Diana/Artemide di derivazione capuana e, in area vesuviana, la presenza del gruppo con Afrodite/Venere e Pan, prodotto a Capua, la cui fortuna è testimoniata dal grande numero di repliche a noi note. La pre-senza dell’Artemide sicula a Teano, Capua, Cuma denuncia l’interscambio

83 BONGHI JOVINO 1961; EADEM 1968; EADEM 1976; BEDELLO TATA 1978.

84 BEDELLO TATA 2012, p. 224, nota 50.

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tra i tre centri, confermando quanto già noto, specie per Cuma la cui storia si intreccia a quella di Capua nella Praefectura Capuam Cumas dal 318 a.C.86.

A Pompei, ove sono documentati tipi di Afrodite/Venere “au pilier”, di eroti e divinità varie tra cui Apollo e Atena87,giunge da Capua, come anche nel santuario in località Privati presso Stabia il noto gruppo di Afrodite/ Venere e Pan (Tav. 33,3). Molti punti di contatto, dovuti anche all’avanzato livello d’informazione, li cogliamo in area pestana, ove si confermano i numerosi scambi già evidenziati sia nella coroplastica votiva (teste tra vi-ticci, donne fi ore, eroti in groppa ad animali, soggetti divini e mitologici, la piccola fi gura di cui alla Tav. 39,2)sia in quella architettonica, quest’ultima permettendoci di allargare lo sguardo fi no alla penisola sorrentina88. Gli in-fl ussi apuli rilevati in entrambi i contesti subiscono analoghi riadattamenti, in diretta funzione di una analoga committenza89.

Infi ne appaiono particolarmente degni di nota e pregni di signifi cato gli stretti confronti con materiale affi ne proveniente da due importanti stipi votive “romane”, che confermano l’esistenza di un linguaggio sempre più comune, conseguenza di cambiamenti nella compagine sociale e in una po-litica che si concretizza in una interrelazione commerciale e stradale artico-lata, in cui Capua occupa un ruolo non secondario nello scambio di uomini e idee. In quest’ottica ci sono di supporto i confronti con i materiali più modesti provenienti dalle stipi dell’Esquilino e del Tevere90, ove tra III e II secolo a. C. si respira un analogo clima culturale con la corposa presenza della piccola statuaria e si verifi cano imprestiti da Capua91.

Nel materiale fi ttile dal Tevere la produzione si confi gura come espres-sione di un ceto popolare che personalizza il rapporto con gli dei, come si suppone per Capua, utilizzando come veicolo nuove iconografi e, for-malmente legate a modelli esterni di matrice microasiatica e post classica. Come a Capua i tipi vanno dagli eroti cavalcanti animali alle fi gurine fem-minili panneggiate, a divinità sia maschili (Apollo, Ermes…) che femmi-nili (Afrodite, Diana) sedute e statuarie, più spesso stanti nel tipo “au pi-lier”. Tale produzione è da ritenersi legata alla sfera muliebre e alla ritualità connessa ai passaggi di stato sia fi sici che sociali, a partire dalla pubertà

86 CATUCCI – JANNELLI 2005.

87 D’AMBROSIO – BORRIELLO 1990.

88 MINIEROet Alii 1997, pp. 18-19, fi gg. 5, 6.

89 Per i materiali architettonici di Fratte, cui si fa riferimento: GRECO 1990, da p. 65.

BEDELLO TATA 1978; JOHANNOWSKY 1989, p. 63.

90 GATTI LO GUZZO 1978; PENSABENE – RIZZO – ROGHI – TALAMO 1990.

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fi no all’entrata nella collettività, attraverso il matrimonio e la riproduzione, come si verifi ca nei santuari ove la varietà dei tipi, tradotti in forme classi-che, ben illustra i ruoli fondamentali della donna.

Il confronto con il materiale di queste stipi romane, per il periodo che va dalla fi ne del IV agli inizi del II, con un vero e proprio incremento nel III secolo a.C., indica che l’entrata nell’orbita di Roma della città campana, e non solo di essa, favorì senza dubbio il formarsi di un linguaggio uniforme, che in qualche modo si sostituisce a quella identità, più rustica e vivace che si era espressa a Capua a partire dalla presa di potere da parte degli Osci, e che si manifesta ancora limitatamente nell’interpretazione locale di alcune tipologie.

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Capua, Museo Campano, statuette fi ttili. 1. Bes; 2. Attis; 3. Afrodite/Venere e Pan.

1 2

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Capua, Museo Campano, statuette fi ttili. 1-2. Figurette stanti; 3. Apollo musico 4. Ermafrodito; 5. Diana/Artemide.

1 2

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Capua, Museo Campano, statuette fi ttili. 1-5. Diana/Artemide.

3 4 5

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Capua, Museo Campano, statuette fi ttili. 1. Diana/Artemide; 2. Artemide sicula; 3. Diana/Artemide; 4. Figura muliebre stante; 5. Venere/Afrodite.

1 2 3

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Capua, Museo Campano, statuette fi ttili. 1. Nike; 2-4. Venere/Afrodite. 1

2

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Capua, Museo Campano, statuette fi ttili. 1-4. Venere/Afrodite.

1 2

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Capua, Museo Campano, statuette fi ttili. 1-2. Venere/Afrodite; 3-4.Afrodite ed Eros.

1

2

4

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Capua, Museo Campano, statuette ttili. 1-2. Figura assisa su cigno; 3-4. Figura femminile assisa.

1 2

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Capua, Museo Campano, statuette fi ttili. 1-3. Figura femminile assisa.

1 2

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