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O. Selvafolta Testi manuali disegni per

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al Politecnico di Milano nella seconda metà dell’Ottocento:

il ruolo di Archimede Sacchi

Ornella Selvafolta

Fondato nel 1863 con una sezione di Ingegneria civile e una sezione di Ingegneria industriale, il Poli-tecnico di Milano ampliava dopo due anni la propria offerta formativa aggiungendo una sezione di Ar-chitettura civile. L’iniziativa colmava una lacuna nel complessivo disegno culturale della scuola che, fin dalle origini, aveva mirato ad accentrare la didattica e a esercitare il controllo sulle professioni del pro-getto nelle diverse specializzazioni tecniche e artistiche.1Nello stesso tempo l’iniziativa era il sintomo di

come l’esercizio dell’architettura fosse aperto a interessanti prospettive in un periodo segnato, come ben sappiamo, da grandi interventi territoriali, dai processi di ampliamento delle città, da rilevanti innova-zioni nel campo dei materiali e dei sistemi costruttivi.2

A tali ambiti si addiceva una preparazione che andasse oltre le competenze tradizionali maturate nel-le accademie di Belnel-le arti e impostate sulla composizione e l’ornato, e fosse invece in grado di risponde-re alle diverse istanze di modernizzazione che avevano investito il saperisponde-re e, in particolarisponde-re, il progetto e il prodotto edilizio. Il tutto era indice dell’interesse crescente che questo settore disciplinare andava assu-mendo nell’istituto milanese, così da coinvolgere non soltanto la sezione specifica di architettura, ma anche quelle di ingegneria dove si assiste a una progressiva immissione di corsi inerenti la progettazione di edifici.

È il caso dell’insegnamento di Architettura pratica, istituito nell’anno accademico 1867-68,3

dappri-ma nel triennio specialistico di Ingegneria civile, successivamente esteso, con qualche variante, anche al-le altre sezioni: un corso trasversaal-le, quindi, ai diversi sbocchi professionali, che intendeva istruire gli

1Sulla storia istituzionale del Politecnico di Milano (in origine Regio Istituto Tecnico Superiore) esistono numerosi con-tributi, tra cui: FERDINANDOLORI,Storia del R. Politecnico di Milano, Milano, Tip. Antonio Cordani, 1941;Il Politecnico di Milano (1863-1914). Una scuola nella formazione della società industriale, a cura di GIOVANNISTRACCA, Milano, Electa, 1981;

Il Politecnico di Milano nella storia italiana (1914-1963), Milano-Bari, Cariplo-Laterza, 1989, 2 vol. Per l’ordinamento degli studi cfr. ORNELLASELVAFOLTA,Una scuola per il progetto. La formazione tecnico-scientifica al Politecnico di Milano,inMilano scientifica 1875-1924, I,La rete del grande Politecnico, a cura di ELENACANADELLI, Milano, Sironi, 2008, p. 49-71. Per

ap-profondimenti specifici si veda da ultimo la sezioneStudi“Il Politecnico di Milano”, a cura di ANDREASILVESTRI, «Annali di

storia delle Università italiane», 12 (2008).

2Cfr. su questi temi: PAOLOMORACHIELLO,Ingegneri e territorio nell’età della destra, 1860-1875. Dal Canale Cavour al-l’Agro Romano, Roma, Officina, 1976; con maggiore attenzione all’architettura cfr. VINCENZOFONTANA,Il nuovo paesaggio del-l’Italia giolittiana,Bari, Laterza, 1981.

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studenti sui metodi e le pratiche del progetto, da interpretare non tanto come esercizio del bel compor-re, quanto come esercizio del comporre bene e in modo efficiente. Un corso che, a parere di Luca Bel-trami, non riguardava «solo l’equilibrio e la simmetria delle masse, ma altresì le minute particolarità edi-lizie che soddisfano le esigenze sociali […], accoppiando alle leggi di proporzioni l’accorta scelta ed ap-plicazione dei materiali, per arrivare così, con metodo ed ordine, a fondere in un solo studio la logica del comporre colla pratica del costruire».4

Si trattava cioè di un insegnamento perfettamente in linea con gli orientamenti del Politecnico che tra-sferiva all’architettura quell’impegno pragmatico-applicativo già assegnato alla scienza, auspicando un pro-getto capace di coniugare le ragioni dell’arte con quelle dell’utile, le facoltà dell’invenzione con la padro-nanza dell’esecuzione: in ultima analisi, di commisurarsi ad una concreta operatività. «Uno splendido cor-so» che «le scuole di ingegneria del regno ci invidiano» – affermerà in anni successivi Giuseppe Colombo – dove «la teoria e l’applicazione si fondevano con mirabile armonia, e in cui l’allievo senza uscire dalla scuo-la, si trovava alle prese colle difficoltà che la pratica presenta e veniva condotto per gradi a risolverle».5

Suo ideatore e principale professore fu per un ventennio Archimede Sacchi, laureato in Ingegneria al-l’Università di Pavia, tra i fondatori (con Francesco Brioschi e Giuseppe Colombo) del Politecnico di

Mila-4LUCABELTRAMI,Commemorazione della vita e delle opere di Archimede Sacchi. Lettura fatta al Collegio degli Ingegneri ed Architetti nell’adunanza 12 dicembre 1886,«Il Politecnico. Giornale dell’Ingegnere Architetto Civile e Industriale», vol. 19, fasc. 1-2, febbraio 1887, p. 47. Per Luca Beltrami (1854-1933), figura di primo piano dell’architettura e della cultura del restauro tra Otto e Novecento, laureato in Architettura civile al Politecnico di Milano dove, per breve periodo, insegnò Architettura pratica,cfr.Luca Beltrami architetto. Milano tra Ottocento e Novecento, a cura di LUCIANABALDRIGHI, Milano, Electa, 1997 e,

in particolare, il saggio di AMEDEOBELLINI,Luca Beltrami architetto restauratore, p. 92-139.

5GIUSEPPECOLOMBO,Archimede Sacchi, in RITSM,Programma 1886-1887,Milano, RITSM, 1886, p. 70. Per la figura di Colombo (1836-1921) cfr.Giuseppe Colombo. Industria e politica nella storia d’Italia: scritti scelti, 1861-1916,a cura di CAR -LOG. LACAITA, Milano-Roma, Cariplo-Laterza, 1985.

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no, scomparso prematuramente, nel 1886, all’età di 49 anni, ma con una perdurante influenza sulla didat-tica, sinceramente rimpianto e apprezzato dai suoi colleghi. Basta leggere gli scritti in memoria per capire che non si tratta di testi di maniera e formule di rito, bensì di interventi partecipi e informati, alcuni come quel-lo di Luca Beltrami, preparati dopo un attento studio della sua opera di insegnante e di professionista.6

Interessante, anche ai fini della futura impostazione didattica di Archimede Sacchi, è il modo in cui tali contributi ricordano la figura del padre Luigi, artista e pioniere della fotografia sulla scena milanese e lombarda, inventore di particolari procedimenti di stampa e in costante «peregrinazione fotografica» tra le principali architetture e i monumenti «dell’Italia intera».7Da lui Archimede ereditò un «amore

in-tenso all’architettura che ebbe un passato così splendido nel nostro paese», con lui «girò la penisola in pellegrinaggio artistico ed ebbe ad erudirsi profondamente», mentre addestrava la mente alla ricerca dei soggetti e allenava lo sguardo a cogliere le peculiarità e i dettagli degli edifici.8«È facile immaginare»

co-me il giovane Archico-mede si esercitasse a «comprendere perché questo o quel framco-mento architettonico meritasse di essere riprodotto» o perché scegliere un determinato punto di vista […]»: in altri termini «è facile immaginare» come il lavoro sul campo e il confronto diretto con le fabbriche stimolassero una per-cezione dell’architettura «scevra di ogni concetto scolastico», inducendo ad «abbracciare le questioni edi-lizie nel loro completo aspetto, sia dal lato estetico che dal lato costruttivo».9

Tornando tuttavia all’Architettura pratica insegnata al Politecnico: leEffemeridi, che per diverse

de-cine di anni accompagnano i programmi a stampa dell’istituto, le dedicavano ampio spazio nel 1868-69, quando, dopo solo un anno dall’avviamento, il corso aveva già trovato un’organizzazione che rimarrà so-stanzialmente invariata, articolandosi in una parte di «esercitazione grafica continua», cioè di disegni e progetti, e in una di «conferenze», cioè di lezioni ex cathedra: «due rami» coordinati tra loro ed in sussi-dio reciproco «in modo che riescano ad un unico fine», a loro volta perfettamente congruenti con l’im-pianto metodologico dell’insegnamento politecnico.10

«Esercitazione grafica continua»: il disegno è disciplina inseparabile da ogni percorso formativo indi-rizzato al progetto e, come tale, è materia caratterizzante del Politecnico nei diversi ambiti di studio e nel-le diverse modulazioni di: rilievo dal vero e disegno architettonico, di schizzi e disegno quotato, di dise-gno d’ornato e disedise-gno tecnico-strutturale. Per Sacchi è sì il tramite espressivo per eccellenza del proget-tista, la sua «langue universelle»,11ma è anche metodo di studio, procedimento di analisi, occasione di

ap-prendimento, invenzione, elaborazione e traduzione concreta dell’idea. L’«esercitazione» che egli propu-gnava non mirava tanto a fissare gli effetti dell’arte, quanto a rappresentare un processo, così da costituir-si come un fondamentale momento di conoscenza dell’architettura nelle sue multiformi sfaccettature,

di-6Si vedano soprattutto: GIUSEPPECOLOMBO,Archimede Sacchi. Lo stesso brano sotto il titolo generaleIn morte dell’ing. Professore Cav. Archimede Sacchi,è pubblicato sulla rivista «Il Politecnico. Giornale dell’Ingegnere Architetto Civile Industria-le», XVIII, fasc. 10-11 (novembre 1886), p. 574-576, insieme al discorso pronunciato da CELESTECLERICETTIal Cimitero

Mo-numentale di Milano (23 luglio 1886), p. 576-577; cfr. inoltre: LUCABELTRAMI,Commemorazione della vita.

7Cfr.Alle origini della fotografia: Luigi Sacchi lucigrafo a Milano, 1805-1861, a cura di MARINAMIRAGLIA, Roma, Motta, 1996;Luigi Sacchi. Un artista dell’Ottocento nell’Europa dei fotografi. Le fotografie della Raccolta Parenti nella biblioteca di storia e cultura del Piemonte, a cura di ROBERTOCASSANELLI, Torino, Provincia di Torino, 1998; ROBERTOCASSANELLI,Luigi Sacchi e le origini della fotografia d’architettura in Italia,inLa cultura architettonica nell’età della restaurazione, a cura di GIULIANARICCI,

Milano, Mimesis, 2002, p. 385-394; le espressioni citate sono di Giuseppe Mongeri (nel 1852), tratte da CASSANELLI, p. 389.

8CELESTECLERICETTI,In morte dell’ing. Professore Cav. Archimede Sacchi,p. 586. 9LUCABELTRAMI,Commemorazione della vita,p. 46-47.

10Effemeridi 1868-1869,in RITSM,Programma 1869-1870,Milano, RITSM, 1869, p. 25-33.

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ventando una sorta di ‘simulazione’ della futura vita professionale, come se che il foglio dovesse «passare nelle mani del costruttore» e illuminarlo su ogni componente e circostanza della loro messa in opera.12

Fin dalle loro origini settecentesche questa impostazione aveva del resto caratterizzato le scuole di In-gegneria moderna dove il disegno quale «le plus intelligent intérmediaire entre la pensée et l’exécution»,13

12Si legge ad esempio nelleEffemeridi 1868-1869: «Nella scuola di disegno […] uno o due progetti di architettura […] devono essere sviluppati da ciascheduno degli allievi in maniera completa come se in seguito dovessero essere eseguiti; […] per cui gli allievi incominciano effettivamente in questa scuola il primo tentativo dell’esercizio della professione, fanno le prime prove dell’esperienza sulle cose di architettura.[…]» (p. 25). Fu stabilita «l’importanza, per esempio, di inscrivere tutte le mi-sure nei disegni uniti ai contratti, di completare il progetto aggiungendo ai disegni una descrizione precisa corredata di schiz-zi in iscala [sic] ove occorra, di non confondere le prescrischiz-zioni tecniche colle convenschiz-zioni […] furono eseguiti dagli allievi, con molta precisione, disegni nei quali era indicato ogni accessorio della costruzione» (p. 31). Per considerazioni sul disegno, spe-cialmente in rapporto al progetto di edifici industriali, cfr. ORNELLASELVAFOLTA,Il progetto d’industria e la «fatica del calcolo». Disegni del Politecnico di Milano, inI disegni d’archivio negli studi di storia dell’architettura,Atti del Convegno, Napoli, Electa, 1994, p. 209-212; da ultimo, cfr. ADELEBURATTIMAZZOTTA,Cultura del progetto e didattica della rappresentazione al Politec-nico di Milano tra Ottocento e Novecento,«Annali di storia delle università italiane», 12 (2008), p. 147-169.

13ARMENGAUDaîné, ARMENGAUDjeune, avec AMOUROUX,Nouveau cours raisonné,Préface, s.n.p. Sul disegno nelle

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era sempre stato considerato veicolo di una scrittura chiara e precisa, capace di sottrarre la misura al-l’opinione, di anticipare sviluppi e risultati, di dialogare con il mondo della produzione e con gli opera-tori dell’arte edilizia. Le stesse finalità erano quindi perseguite nelle «esercitazioni grafiche» che scandi-vano le ore di Architettura pratica e che conducescandi-vano gli allievi al progetto spesso tramite elaborati di no-tevole qualità grafica: lo dimostrano alcune tavole di studenti risalenti al periodo tra il 1880 e il 1910, rilegate in grandi volumi e da intendersi, forse, come modelli per gli allievi, dove, «ogni accessorio della costruzione» è rappresentato con ricchezza e esattezza di dettagli, a garanzia di una realizzazione confor-me, frutto di un dialogo proficuo tra progettista ed esecutore.14

Le conferenze di Architettura pratica vertevano sulle «importanti questioni le quali costituiscono co-me l’economia dell’architettura», nelle quali rientravano sia gli aspetti progettuali, le caratteristiche strut-turali, la tecnologia degli impianti e dei materiali, sia l’organizzazione del lavoro durante il cantiere, i sus-sidi meccanici e la quantificazione delle loro prestazioni, le stime preventive, i contratti di appalto, i ca-pitolati di onere, la redazione del giornale dei lavori, la produttività della manodopera.15L’attenzione era

quindi rivolta a un cantiere mirato all’efficienza prospettando, in un settore ancora artigianale e basato sulle pratiche tradizionali dei mestieri, rendimenti razionali e ottimizzati che, in alcuni punti, sembrano preconizzare tempi e metodi dell’organizzazione scientifica del lavoro.16

La padronanza grafica proveniente dagli esercizi di disegno, le conoscenze acquisite dalle conferenze confluivano poi nel progetto di edifici scelti tra una campionatura ‘realistica’ rispetto ai futuri sbocchi professionali, che abbandonava le ambizioni artistiche e le tipologie monumentali a favore di architet-ture diffuse. Non a caso, campo obbligato di studio per tutti gli studenti era quello dell’edilizia residen-ziale nelle varie declinazioni delle «case d’affitto e signorili, essendo queste composizioni ordinarie e pie-ne di particolarità esclusive oltre quelle comuni»: vale a dire essendo un campo ricco di opportunità, in cui tenere conto sia delle generalità del progetto, sia delle specificità funzionali e delle individualità del-le aspettative.

Scuole, asili, ospizi, ospitali, fontane, macelli, mercati, lavatoi, ed alcuni esempi di architetture indu-striali erano le altre tipologie contemplate: edifici definiti da Sacchi «modesti ma necessari, di piccole pro-porzioni ma di grande interesse» e passibili di significativi «miglioramenti». Edifici, funzioni e servizi ri-chiesti dalla maggior parte delle città italiane, anche di medie e piccole dimensioni e che, di

conseguen-le di ingegneria in rapporto alla manualistica, cfr. anche il mio,“Le dessin bien entendu” e il progetto ben congegnato. Conside-razioni dalla letteratura tecnica del XIX secolo,inRappresentazione dell’architettura e dell’ambiente: principi costitutivi del proget-to tra artificio e natura, I,Rappresentazione dell’architettura: forma, geometria e tipologia, Milano, Ministero dell’Università e del-la Ricerca Scientifica e Tecnologica, 1997, p. 119-128.

14I disegni sono conservati alla Biblioteca Centrale di Ingegneria del Politecnico di Milano, rilegati in volumi: un volume per l’anno 1880 col titoloSezione ingegneria industriale. III corso;tre volumi per gli anni 1909-1910 col titoloCostruzioni in-dustriali;cfr. ORNELLASELVAFOLTA,Il progetto d’industria e la «fatica del calcolo».

15Effemeridi 1868-1869,p. 26-31.

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za, aprivano un vasto campo di intervento dove i politecnici potevano dimostrare la loro competenza e af-fidabilità attraverso soluzioni contraddistinte da «un giudizioso impiego dei materiali, da una ragionata disposizione delle parti, da un prudente equilibrio delle spese in relazione allo scopo dell’opera».17

L’utilità dell’insegnamento, la continuità con cui venne impartito, il numero crescente di allievi, la sua novità nel panorama didattico italiano, richiesero da parte del docente la preparazione di un volume di testo che andò oltre il consumo nelle aule scolastiche per diventare parte del bagaglio culturale e della stru-mentazione professionale di molte generazioni di ingegneri e architetti. È significativo che, tra gli argo-menti trattati nel corso, Sacchi scegliesse di affrontare quello della residenza, considerata in un’ampia gam-ma tipologica e nelle diverse gradazioni di reddito; nel 1874 pubblicò infattiLe abitazioni. Alberghi, ca-se operaie, fabbriche rurali, caca-se civili, palazzi e ville: un volume di più di 700 pagine, corredato da circa 300 illustrazioni, frutto di un lungo e assiduo lavoro, nato dal proposito di fondere composizione e

co-17Ivi, p. 32-33: «L’attività con cui vennero intraprese le costruzioni nelle cospicue città deve propagarsi anche in quei Co-muni le cui amministrazioni pei rivolgimenti delle relazioni commerciali, per le nuove vie, pel progresso industriale, dovran-no preoccuparsi dei bisogni cambiati, nuovi e sempre crescenti. Le condizioni adunque dell’architettura moderna devodovran-no mo-dificarsi, ed accanto all’architettura diremo artistica si avrà quella dei piccoli edifizi [sic] pubblici, delle scuole, degli asili, de-gli ospizi, dede-gli ospitali, delle fontane, dei macelli, dei mercati, dei lavatoi. Opere modeste ma necessarie, di piccole propor-zioni ma di grande interesse e miglioramento. Compito degli ingegneri è di concorrere colla loro coltura a rendere efficace que-sto miglioramento, col redigere progetti nei quali si dimostri un giudizioso impiego dei materiali, una ragionata disposizione delle parti, un prudente equilibrio delle spese in relazione dello scopo dell’opera».

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struzione, i principi con le evenienze del fabbricare, i concetti estetici e scolastici «colle minute partico-larità che la pratica del costruire suggerisce».18

Ne sortì, scrivevano i contemporanei, un «risultato inatteso», nuovo per metodo e fini, fittissimo di argomenti, non facile per contenuti e organizzazione, perché non poteva fare riferimento alle certezze del-la scienza e, soprattutto, aldel-la sua limpida catena di «logiche conseguenze». Lo rilevava ancora una volta Luca Beltrami in un bel passaggio che merita una citazione: «Nelle materie puramente scientifiche ogni passo non è che la conseguenza logica, immediata della dimostrazione precedente: l’ordine delle varie par-ti è dettato, anzi imposto, dallo stesso sviluppo metodico della materia, formando un filo conpar-tinuo che costituisce la traccia precisa, evidente dell’insegnamento: al contrario nell’argomento trattato da Sacchi con tanta indipendenza da ogni vecchio sistema, era assai difficile il mantenere un nesso, un filo d’assieme: le varie parti dell’insegnamento non hanno quella dipendenza reciproca che imponga un prestabilito or-dine nello svolgimento, nessuna ha quella prevalenza che possa costituire un punto di partenza, un car-dine per lo sviluppo delle altre, cosicché riesce arduo il tenere in evidenza all’allievo la linea fondamen-tale, la traccia dell’insegnamento».19

Nonostante tali difficoltà e nonostante l’indice sovrabbondante, il volume ebbe il merito di sistema-tizzare per la prima volta in Italia il vasto campo di conoscenze necessarie al progetto di abitazione e in-contrò notevole fortuna anche dal punto di vista editoriale. Pubblicato a Milano da Ulrico Hoepli, eb-be infatti altre due edizioni riviste e ampliate entro il 1886, segnalandosi, osservava Giuseppe Colombo come un’«opera magistrale», tra le più «originali» in materia di architettura, segnata da un successo che «superò le previsioni dell’autore», compensandolo delle sue lunghe fatiche.20ALe abitazionispettò

inol-18Cfr. ARCHIMEDESACCHI,Le abitazioni. Alberghi, case operaie, fabbriche rurali, case civili, palazzi e ville, Milano, Hoepli, 1874. Per il nesso con le osservazioni successive si riporta l’indice del volume nella sua suddivisione in parti e capitoli, trala-sciando i numerosi paragrafi: I FORMA DEGLI EDIFICI DI ABITAZIONE: 1 Corpi di fabbrica. 2 Distribuzione dei muri maestri e

dei corpi di fabbrica. 3 Altezze dei piani, 4 Spessezza dei muri. 5 Proporzioni dei fabbricati. 6 L’insieme delle piante. II SPE -CIE DIFFERENTI DI EDIFIZI[sic]. 7 Principi fondamentali di distribuzione. 8 Situazione ed impianto degli edifizi [sic]. 9

Di-stribuzione generale degli alberghi. 10 DiDi-stribuzione generale delle case operaie. 11 DiDi-stribuzione generale delle case rustiche. 12 Distribuzione generale delle case civili. 13 Distribuzione generale di ville e palazzi. III DIPARTIMENTO DEI PASSAGGI E DEL COMMERCIO. 14 Principi di distribuzione dei passaggi. 15 Androne, Atrio, Porteria [sic] e Cortili. 16 Conformazione delle

sca-le e loro specie. 17 Distribuzione degli scalini nella pianta. 18 Particolari distributivi degli scalini nelsca-le scasca-le curve. 19 Co-struttura [sic] delle scale di legno e di metallo. 20 CoCo-struttura [sic] delle scale di pietra. 21 Particolari di costruzione e finimento di scale. 22 Piano mobile o lift. 23 Anticamere, corridoi e gallerie. 24 Dipartimento pel commercio. IV DIPARTIMENTO RU -STICO. 25 Stalle. 26 Bovili e stalle per le vaccine. 27 Ovili. 28 Porcili. 29 Abbeveratoio e guazzatoio. 30 Fenile [sic] e

stanzo-ne della paglia. 31 Letamaia. 32 Rimesse, portici e piccolo rustico. 33 Cortile rustico. V DIPARTIMENTO DEI PADRONI. 34

Re-quisiti generali delle stanze per ricevere. 35 Stanze per ricevere. 36 Ballatoi, terrazzini, terrazze e logge. 37 Serre. 38 Camere da letto. 39 Bagno. VI DIPARTIMENTO DEI SERVI. 40 Principali distinzioni e stanze di abitazione. 41 Particolarità delle cucine.

42 Forni. 43 Ordinamento delle cucine. 44 Ordinamento delle panetterie. 45 Acquaio. 46 Lavanderia. 47 Bigattaie. 48 Ti-naio. 49 Latteria. 50 Aie. 51 Dispense. Caciaie e granai. 52 Legnaie. 53 Bottaio, celliere e cantine. 54 Ghiacciaie. 55 Cister-ne. 56 Pozzi. VIIFOGNATURA E CONDOTTE. 57 Latrine o ritirate. 58 Cloache e pozzi neri. 59 Fognatura generale. 60 Tubi di

condotta. 61 Trombe, chiavi, conserve e purgatoi. 62 Assetto delle piccole condotte. VIII ACCESSORI DI FINIMENTO. 63

Cam-mini [sic]. 64 Stufe e caloriferi. 65 Assetto generale degli apparati di riscaldamento. 66 Ventilazione. 67 Distribuzione del gaz. 68 Tubi e apparati pel gas. 69 Apparati avvisanti e chiamativi.

19LUCABELTRAMI,Commemorazione della vita,p. 48.

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ri-tre il privilegio di inaugurare la collana «Biblioteca tecnica»: quel nuovo e proficuo filone di pubblica-zioni che connoterà, forse più di altri, l’attività di Hoepli, nato dall’incontro e dalla collaborazione con i professori del Politecnico, all’origine di un intreccio virtuoso tra editoria e università che, da Sacchi in poi, si svolse con continuità e con risultati molto concreti.

Lo testimonia il fatto che nel 1875, l’anno successivo aLe abitazioni, su 20 nuovi titoli pubblicati, la

metà apparteneva all’indirizzo tecnico-scientifico, poi straordinariamente potenziato dall’uscita, nel 1877, delManuale dell’Ingegneredi Giuseppe Colombo, riproposto con lo stesso titolo per almeno 84 edizio-ni, fino al 2003: un fenomeno editoriale di grande rilievo e significato che associava due nomi simbolo delle cultura dell’epoca, «quello di Colombo, la figura di maggior spicco nella Milano industriale e quel-lo di Hoepli, l’editore che più di tutti avrebbe fornito a quella stessa Milano e a quanti in Italia inten-devano cimentarsi con le nuove tecnologie, testi e materiali sui quali studiare, specializzarsi, svolgere la professione»21.

Per quanto riguarda il volume di Sacchi, la scelta dell’argomento «abitazioni», oltre ad offrire le già segnalate opportunità di progetto, è indice della sua importanza nella cultura dell’epoca, testimoniato dal proliferare di una letteratura variamente specialistica da cui il tema-casa emergeva come nodo centrale di riflessione: per la presenza immanente nella storia umana, per essere espressione di necessità, ma an-che prodotto dell’arte e della tecnica, per rivelare attitudini e comportamenti, per rispecchiare le strate-gie dell’organizzazione sociale, per stimolare il confronto tra modernità e tradizione.22Secondo

Camil-lo Boito, professore di Architettura al Politecnico, l’abitazione era il «contenente, per così dire, del mon-do architettonico» e rappresentava «il monumento essenziale» della società, il paradigma in base a cui si poteva misurare il grado di «incivilimento» e di «progresso».23

Fu tuttavia Archimede Sacchi a dare concretezza a tali osservazioni dedicando il suo spesso tomo ai diversi modi di abitare, consapevole sia della ricchezza di implicazioni culturali che essi presupponeva-no, sia delle moltiplicate opportunità professionali che offrivano ai progettisti politecnici, in rapporto ai fenomeni di crescita urbana, all’affacciarsi sul mercato di nuovi soggetti sociali, al diversificarsi dei

biso-formata, aumentata e con un trattato sui giardini, Milano, Hoepli, 18782, 2 vol.;Le abitazioni: alberghi, case operaie, fabbri-che rurali, case civili, palazzi e ville: ricordi / compendiati da Archimede Sacchi, ed. riformata, aumentata, Milano, Hoepli, 1886. 21Ulrico Hoepli 1847-1935, editore e libraio, a cura di ENRICODECLEVA, Milano, Hoepli, 2001, p. 24, cfr. inoltre EMA

-NUELASCARPELLINI,Editoria e cultura tecnico-scientifica nella Milano del secondo Ottocento,inInnovazione e modernizzazione in Italia fra Otto e Novecento,a cura di ENRICODECLEVA-CARLOG. LACAITA-ANGELOVENTURA, Milano, Franco Angeli, 1995,

p. 578-632. In generale sull’apporto di Hoepli alla manualistica tecnica cfr. ELENASVALDUZ,Aggiornare la professione: l’edito-ria tecnico-scientifica, Ulrico Hoepli e i manuali per l’architetto, «Ricerche Storiche», a. XXIX, 1999, p. 299-329. Per conside-razioni sulla letteratura tecnica anche in riferimento alle riviste e al loro significato nella didattica rimando inoltre ai saggi di ANDREASILVESTRI:La rivista «Il Politecnico» da Francesco Brioschi a Cesare Saldini e altro,in questo stesso volume eLa comu-nicazione tecnico-scientifica sull’Esposizione: qualche campionatura, inMilano e l’Esposizione internazionale del 1906. La rappre-sentazione della modernità, a cura di PATRIZIAAUDENINO-MARIALUISABETRI-ADAGIGLIMARCHETTI-CARLOG. LACAITA,

Milano, Franco Angeli, 2008, p. 61-79.

22Solo a titolo di esempio si riporta quanto scrive CÉSARDALYad introduzione diArchitecture privéé au XIXesiècle sous Na-poléon III, Paris, Morel & Cie, 1864 (molto diffuso e conosciuto dagli ingegneri e architetti italiani): «En quelque lieu du glo-be et à quelque époque de l’histoire – y compris le temps présent – qu’on veuille considérer la Maison par son plan, elle ré-pond au mode d’existence que le climat et la civilisation imposent, par son aspect, elle fait entrevoir le sentiment d’art qui mine, tandis que par son ensemble, elle fait mille révélations sur le goût du public, sur les usages et sur les mœurs du foyer do-mestique, et elle offre des échappées de vue sans nombre sur le caractère des relations sociales», cit. in apertura al contributo di MONIQUEELEB-VIDAL- ANNEDEBARRE-BLANCHARD,Architectures de la vie privée. Maisons et mentalités XVIIeet XIXe siè-cles, Bruxelles, Archives d’Architecture Moderne, 1989, p. 4.

23Cfr. CAMILLOBOITO,Sullo stile futuro dell’architettura italiana, Introduzione aArchitettura del Medio Evo in Italia, Mi-lano, Hoepli, 1880, qui usato nella riedizione antologica: CAMILLOBOITO,Il nuovo e l’antico in architettura, a cura di MARIA

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gni e anche al modificarsi delle opzioni di gusto. Dalle residenze collettive alle residenze individuali, dal-le meno agiate aldal-le più ricche, il volume di Sacchi può in fondo essere dal-letto anche come un contributo sociologico che fa il punto sui cambiamenti nella committenza di architettura: attraverso le sue distin-zioni e suddivisioni tipologiche ci segnala infatti come il luogo domestico rifletta la modernità e corri-sponda a nuove prospettive professionali che ormai appaiono più legate al concetto di classe e di cate-goria sociale che a quello tradizionale di individuo.

Scorrendone velocemente l’indice,24ne segnaliamo gli argomenti principali. Il progetto moderno di

abitazione è svolto in base ad alcune fondamentali angolazioni: la configurazione delle piante, la distri-buzione degli ambienti, la tecnica costruttiva e la dotazione di impianti tecnici. Partendo dall’analisi dei modelli esistenti, Sacchi distingue tra «diversi metodi per disegnare le piante», individuando il cosid-detto sistema regolare o «palladiano», ispirato alle simmetrie armoniose delle ville di Palladio; il metodo «inglese», detto anche «gotico», o «irregolare» che sacrifica la simmetria a favore del confort e degli ef-fetti pittoreschi; il metodo «poligonale», esemplificato dalla pianta di palazzo Farnese a Caprarola,

sug-24Cfr. la nota 18.

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gestiva nel suo profilo a figura geometrica, ma di difficile applicazione; il metodo «reticolare» reso po-polare dalPrécis des leçons d’Architectureprofessate da Jean-Nicolas-Louis Durand all’Ecole Polytechni-que di Parigi nel 1802, utile soprattutto per i primi schizzi di una pianta; e infine, il metodo così detto «degli assi» che individua le linee principali intorno a cui organizzare gli spazi in base alle particolarità del progetto e alla sua situazione urbanistica.25

Non vincolato a norme a priori e non soggetto a un reticolo astratto e uniforme, quest’ultimo meto-do è il più apprezzato da Sacchi, ma si consiglia all’architetto una certa flessibilità e, possibilmente, la com-binazione dei diversi sistemi, proponendo quindi una forma di ‘negoziazione’ tra metodi e fini nel no-me di un duttile adattano-mento ai programmi. In ultima analisi, proponendo un concetto pragmatico di composizione quale azione intellettuale che tende ad armonizzare punti di vista diversi e a risolverne le contraddizioni interne: in sostanziale sintonia con i più generali orientamenti della cultura architettoni-ca. Non è del resto irrilevante sottolineare che, a distanza di trent’anni, la stessa classificazione spaziale, con le medesime conclusioni e corredata dai medesimi disegni, verrà proposta da Daniele Donghi nel ca-pitoloSulla compilazione del progetto di una casa di abitazione,incluso nel più famosoManuale dell’ar-chitettodei primi decenni del secolo XX, pubblicato a Torino in diversi volumi tra il 1906 e il 1935.26

Disegnare la pianta di una casa significa anche disporre gli ambienti: significa «scompartire le diver-se parti» dell’alloggio in aree omogenee rispetto al loro uso e assicurare tra queste una rete di collegamenti razionali ed efficienti. Significa cioè affrontare il tema della «distribuzione», esercizio che ha un ruolo pri-mario nel progetto di«architettura pratica» e al quale spetta il compito di organizzare la vita all’interno di specifici ambiti materiali e culturali.27Ad esso si richiede l’analisi delle funzioni, l’individuazione

de-gli spazi, il coordinamento delle loro separazioni e connessioni, l’articolazione dei percorsi, fino ad arri-vare a istituire una sorta di ‘topografia domestica’ che, in quegli anni, adottava strategie non dissimili da quelle che toccavano la gestione e l’organizzazione della città, assimilando per molti aspetti la pianifica-zione della sfera privata a quella della sfera pubblica. Non è irrilevante, ad esempio, che Sacchi, chiami per lo più col nome di «quartiere» quello che noi comunemente chiamiamo alloggio, specificando che esso si compone di «ripartimenti», ovvero di locali a funzione analoga, di zone omogenee e di un siste-ma di collegamenti che sembrano imporre alla casa una organizzazione di tipo microurbanistico.

La distribuzione è tema non nuovo, già presente nella trattatistica settecentesca e nelle sue eleganti di-more, ma ora quest’«arte» appare perfettamente calata nella pratica diffusa estendendosi dai desideri del-le élite ai bisogni dell’intero corpo sociadel-le.28Progressivamente Sacchi precisa i singoli ambienti, la loro

posizione all’interno della casa, il rapporto con le altre stanze, i disimpegni, le condizioni di luce, il de-coro complessivo, tanto che per certi versi il testoLe abitazioni, pur nella sua neutralità tecnica, va as-somigliando anche ai manuali del saper vivere, poiché definire gli ambienti domestici significa anche

25ARCHIMEDESACCHI,Le abitazioni, p. 30-44.

26Si veda DANIELEDONGHI,Abitazioni civili, inManuale dell’Architetto,II,La composizione architettonica, parte I,La di-stribuzione,sezione I,Abitazioni civili – Edifici religiosi – Edifici per Istituti di educazione – Edifici di conforto – Stabilimenti bal-neari – Edifici per il servizio postale, telegrafico e telefonico, Torino, Unione Tipografico Editrice Torinese (UTET), 1917, (qui usato nella edizione del 1923) p. 1-266. Le coincidenze sono evidentissime; per un riscontro diretto cfr. Sacchi,Le abitazio-ni, p. 30-44 e Donghi,Abitazioni civili, p. 22-226; cfr. le considerazioni di ORNELLASELVAFOLTA,La casa unifamiliare nelle pagine del “Manuale”: modelli architettonici e decorativi, inDaniele Donghi. I molti aspetti di un ingegnere totale, a cura di GIU -LIANAMAZZI-GUIDOZUCCONI, Venezia, Marsilio, 2006, p. 277-294.

27Cfr. ARCHIMEDESACCHI,Le abitazioni,Principi fondamentali di distribuzione, p. 45-51.

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suggerire modi d’uso, organizzare economie, delineare i confini delle relazioni reciproche, stabilire com-portamenti, implicitamente valorizzando il ruolo del progettista come esperto di bisogni, interprete di desideri e regista della loro organizzazione.

Al pari che nella città pianificata, nell’abitazione pensata dall’«architettura pratica» si segnala l’im-portanza della rete dei percorsi e dei dispositivi di comunicazione: disimpegni e corridoi per agevolare il transito e i rapporti tra le parti senza attraversamenti inopportuni di stanze; per convogliare e rendere flui-de le operazioni (la «continuità» flui-dei collegamenti e la mancanza di interruzioni sono consiflui-derate un cri-terio ottimale da Sacchi), ma nello stesso tempo per dividere e separare, a favore di una formulazione mo-derna dell’abitare come spazio di relazione e, insieme, come spazio intimo e privato. «Precipuo requisi-to di ogni abitazione, sia pure di minima qualità, di modestissima importanza, è quello di fornire alle per-sone della famiglia il vantaggio di una vita assolutamente privata, tranquilla, non disturbata neppure momentaneamente», osservava Sacchi, facendoci capire come anche il suo volume, così dichiaratamen-te «pratico», riecheggiasse una nuova sensibilità per l’intérieurin linea con la nascente psicologia

dell’in-timità e dell’individuo.29

A questi aspetti non è neppure estranea l’attenzione che Sacchi dimostra per i dispositivi del confort. An-che la ricerca di benessere, di agio e di comodità del vivere non era stata assente dalle considerazioni sul-l’abitare nell’ancien régime, anzi vi aveva trovato estese e raffinate formulazioni, ma essa era essenzialmente

legata ad una concezione globale dibienséancedove contavano i principi della composizione classica, il dé-cor, i modelli di riti sociali e di costumi individuali propri agli orizzonti culturali e ai mezzi economici del-l’aristocrazia e delle élite. E se pure nell’Ottocento un grande divario continuerà ad opporre la casa del ric-co a quella del povero, è pur vero che ora la riflessione sul ric-confort interessava tutta la società delineandosi come un requisito permanente del sapere, capace di permeare ogni angolatura del progetto.

NeLe abitazioni si dedicava quindi ampio spazio ai temi del confort, inteso soprattutto come con-dizione di salubrità, collegata al progredire delle conoscenze mediche in merito al propagarsi delle ma-lattie e ai modi di contrastarne gli effetti perniciosi, nonché al suo interagire con le contemporanee ac-quisizioni delle discipline tecniche connesse alla nozione di igiene ambientale. L’aria, l’acqua, la luce, i nutrimenti necessari per vivere o da cui difendersi nella loro forma patogena di portatori di microbi, in altri termini, i principi della salute potevano infatti tradursi in altrettante analisi sulla composizione del suolo, sulla quantità e qualità delle sostanze per la migliore respirazione, sulla composizione dei liquidi e dei solidi di deiezione, diventando successivamente impianti di canalizzazioni e condutture, quantifi-caazione di spazi aperti e chiusi, di caldo e freddo, di luminosità e di buio. Dall’incontro tra medicina e tecnica, tra salute e igiene si era sviluppato il campo di azione dell’ingegneria sanitaria, fortemente im-pegnata, come è noto, nel risanamento e modernizzazione della città e dell’edilizia nella seconda metà del secolo XIX.30

L’Igiene sarà insegnata al Politecnico come materia specifica soltanto dal 1900,31spetta quindi al

cor-29MONIQUEELEB-VIDAL- ANNEDEBARRE-BLANCHARD,Architectures de la vie privée.

30La bibliografia su questi temi è molto vasta; segnalo, tra le fonti dell’epoca, il contributo fondamentale di: LUIGIPAGLIANI, Trattato di igiene e di sanità pubblica, colle applicazioni all’ingegneria e alla vigilanza sanitaria,Milano, Francesco Vallardi, 1906-1910, 2 vol.. Tra i contributi recenti sull’igiene in rapporto alla città, cfr. GUIDOZUCCONI,La città contesa. Dagli inge-gneri sanitari agli urbanisti (1885-1942),Milano, Jaca Book, 1989; CARLAGIOVANNINI,Risanare le città. L’utopia igienista di fine Ottocento, Milano, Franco Angeli, 1996. Per lo spazio domestico rimando al mioComfort e progresso tecnico nella casa del-l’Ottocento: il nuovo progetto domestico,inIl mito del progresso e l’evoluzione tecnologica, a cura di LORETTAMOZZONI-STEFANO

SANTINI, Napoli, Liguori, 2003, p. 285-312.

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so diArchitettura praticail merito di averla anticipata, predisponendo lezioni e capitoli sugli impianti di smaltimento dei rifiuti e di approvvigionamento idrico, sui sistemi di riscaldamento e ventilazione, sul-le loro prestazioni, sui tipi di condutture e apparecchi sanitari. Ulteriori quantità, ulteriori obblighi e re-quisiti che si aggiungono al progetto della casa, spostandone sensibilmente i fini e i contenuti dalle ra-gioni dell’arte a quelle della tecnica, della funzionalità, delle prestazioni ambientali.

Manca nel volume la parte sui lavori di costruzione, sulla loro gestione e sui procedimenti esecutivi che pure rientravano nell’insegnamento e costituivano oggetto di diverse conferenze. Vi porrà rimedio lo stesso Archimede Sacchi, pubblicando, ancora con Hoepli, nel 1878,L’economia del fabbricare: stime di previsione e di confronto, analisi di prezzi di produzione, appalti, condotta e direzione dei lavori.32Il

te-32L’economia del fabbricare: stime di previsione e di confronto, analisi di prezzi di produzione, appalti, condotta e direzione dei lavori. Ricordi compendiati da Archimede Sacchi, Milano, Hoepli, 1878. Cfr. su questo libro in particolare SAVERIOMECCA,

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sto, altrettanto fitto di contenuti, indagava la struttura materiale degli edifici, gli aspetti economici, l’or-ganizzazione del cantiere in tutti i suoi molteplici aspetti considerandolo un momento insostituibile di apprendimento, di verifica e giudizio intorno allo stato delle conoscenze, l’utilità e l’etica delle profes-sioni.L’economia del fabbricarenon ebbe lo stesso successo diLe abitazioni, ma non è da sottovalutarne il merito nel formulare un nuovo pensiero costruttivo modulato tra l’arte, la tecnica e l’economia e nel prefigurare una cultura del progetto di grande modernità per cui l’invenzione architettonica doveva sin-tonizzarsi con l’invenzione produttiva.

Alla morte di Sacchi, avvenuta nel 1886, l’insegnamento passò a Luca Beltrami che lo ricoprì fino al 1890 senza apportare sostanziali cambiamenti.33Ad arricchire la rosa dei testi inerenti i temi dell’Architettura pra-ticafu successivamente Carlo Formenti, ingegnere civile, laureato a Milano nel 1870, professionista di fi-ducia della classe imprenditoriale milanese, allievo di Sacchi e per lungo tempo suo assistente.34Nel 1893

e nel 1895, seppure non ancora titolare ufficiale del corso, egli pubblicava infatti, sempre con Hoepli,La pratica del fabbricare: due volumi di testo accompagnati da due atlanti di tavole a colori splendidamente stampate in cromolitografia.35

nomia come etica del progetto nella formazione dell’architetto e dell’ingegnere civile: la formazione etica del progettista da Philibert De l’Orme ad Archimede Sacchi, Firenze, Università degli studi, Dipartimento di Processi e metodi della produzione edilizia, 1994. 33Luca Beltrami insegnò Architettura pratica per cinque anni dal 1886 al 1891; seguirono l’ingegnere Carlo Mina, dal 1891 al 1897 e l’ingegnere Carlo Formenti, dal 1897 al 1907, cfr. FERDINANDOLORI,Storia del R. Politecnico di Milano, p. 206.

34Carlo Formenti (1847-1923) fu ingegnere-architetto civile di un certo successo; direttore della rivista «L’Edilizia Moder-na», progettò, tra l’altro, a Milano le residenze dell’ingegnere Ernesto Breda, Giovanni Battista Pirelli e Ulrico Hoepli. Cfr. OR -NELLASELVAFOLTA,Famiglie di imprenditori a Milano tra Otto e Novecento: luoghi, gusto e stili di abitare,inMilano le grandi fami-glie. Nobiltà e borghesia. Le radici del carattere milanese e lombardo,a cura di ROBERTACORDANI, Milano, Celip, 2008, p. 272-275.

35CARLOFORMENTI,La pratica del fabbricare,Milano, Hoepli, 1893-1895: I,Il rustico delle fabbriche(1893), II,Il fini-mento delle fabbriche(1895), entrambi composti da un volume di testo e un atlante di tavole. Le tavole furono eseguite con

Fig. 6– Frontespizio di: CARLOFORMENTI, La pratica del fabbricare,II,Il finimento delle fabbriche,

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L’opera rientrava nella sfera di una manualistica tecnica illustrata dedicata alle arti del costruire che ave-va alle spalle una storia già significatiave-va, ma che, con Formenti, riceveave-va una sorta di consacrazione per completezza e qualità.36La pratica del fabbricare, si legge nell’introduzione, non affrontava i «principi

ge-nerali», ma intendeva «rappresentare i principali particolari costruttivi […] in base alle effettive pratiche di esecuzione»:37in altre parole l’opera era dedicata esclusivamente al cantiere, così da portare a compimento

il programma e la strumentazione didattica del corso diArchitettura pratica.

grande cura dalla tipografia Gaffuri e Gatti di Bergamo su disegni a colori dello stesso Formenti. Si ricorda che nel 1893, al-l’uscita del manuale,Architettura praticaera insegnata da Carlo Mina, mentre Carlo Formenti era passato all’insegnamento di Costruzioni;il suo manuale fu comunque da subito riferimento obbligato per gli studenti del corso, bene integrandosi ai testi di Archimede Sacchi. Si veda anche la recensione al primo volume di L.B. [quasi sicuramente Luca Beltrami],“La pratica del fabbricare” per l’Ing. Carlo Formenti, Professore di costruzioni al R. Istituto Tecnico di Milano (Milano, Ulrico Hoepli, 1893), «Il Politecnico. Giornale dell’Ingegnere Architetto Civile e Industriale», vol. 25, agosto 1893, p. 322-323.

36Sui manuali costruttivi del periodo cfr.L’arte di edificare. Manuali in Italia 1750-1950, a cura di CARLOGUENZI, Milano, Be-Ma, 1981; LUIGIRAMAZZOTTI,L’edilizia e la regola. Manuali nella Francia dell’ottocento, Roma, Edizioni Kappa, 1984. Tra i manuali più diffusi tra i progettisti italiani del periodo cfr.: GIORGIOCURIONI,L’arte di fabbricare. Corso completo d’Istituzioni teo-rico-pratiche per gli Ingegneri, per gli Architetti, pei Periti in costruzione, pei Periti misuratori, Torino, Negro, 1865-1884, 6 vol.; GU -STAVADOLFBREYMANN,Trattato generale di costruzioni civili con cenni speciali intorno alle costruzioni grandiose,Milano, Vallardi, 1884, 5 vol.; GIUSEPPEMUSSO, GIUSEPPECOPPERI,Particolari di costruzioni murali e finimenti di fabbricati, Torino, Paravia, 1885-1887, 2 vol.; LUIGICATTANEO,L’arte muratoria. Dettagli di costruzioni, Milano, Vallardi, 1889.

37CARLOFORMENTI,La pratica del fabbricare, I, p. IX.

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Diviso in due parti:Il rustico delle fabbricheeIl finimento delle fabbriche, il manuale di Formenti è un

‘racconto’ completo dell’edificio nel suo farsi, dal primo scavo nel terreno fino all’ultimo intervento di finitura e ne fissa, come in una serie di istantanee, le circostanze transitorie rivelando procedimenti e ma-nufatti destinati a scomparire al termine dei lavori. Nell’avvicendarsi delle sequenze costruttive la rap-presentazione penetra a fondo negli spessori degli edifici e ne mostra l’interno articolato tra combinazioni di materiali diversi, assemblaggi di componenti e percorsi di impianti che approdano al più minuto istru-mentumdomestico: a dimostrazione di come il campo di conoscenze dell’«architettura pratica» abbia rinvigorito la consistenza, la funzionalità e la qualità complessiva del manufatto edilizio.

La rete di ‘circuiti’ per il confort e l’igiene, che portano acqua, aria, luce, calore ed espellono le sostanze dannose, illustrata dal manuale di Formenti in tutte le sue complesse diramazioni, permette inoltre di constatare come il mondo della produzione e deidevicestecnologici si sia ‘impadronito’ della costruzio-ne. Ne è una prova soprattutto il secondo volume di Formenti, con il relativo atlante di tavole (Il fini-mento delle fabbriche) dove l’immagine stessa del frontespizio, che mostra l’ossatura e i percorsi

del-l’idraulica in una stanza da bagno, sembra compendiare il senso e i temi della trattazione.

Dalla fognatura a circolazione continua ai diversi tipi di tubazioni e manicotti, dall’ordinamento di una cucina a quello di una sala da bagno, l’edificio è osservato nel profondo e nelle sue molteplici articolazio-ni, così che il suo disegno appare molto simile al disegno di macchine. Comune ad entrambi è l’attenzio-ne al dettaglio che ha alle spalle l’indagil’attenzio-ne entro l’involucro delle cose, il dovere di trasparenza e intelligi-bilità, l’esibizione e le correlazioni tra le parti attive: ovvero l’evidenza del congegno funzionante. Il tutto nel nome di un confort ambientale forse un po’ troppo ottimisticamente dipendente dalle prestazioni del-la tecnica, ma comunque in grado di pervadere luoghi, comportamenti e mentalità, nonché di modifica-re permanentemente e senza poter più modifica-retrocedemodifica-re, gli orizzonti e la qualità del progetto: un risultato a mio avviso non estraneo all’insegnamento di Architettura pratica e al libroLe abitazioni.

Anche quello di Formenti fu un manuale di considerevole fortuna didattica, presente nella maggior par-te delle bibliopar-teche scolastiche a scala nazionale, dai livelli universitari fino agli istituti professionali di arti e mestieri, utile agli «specialisti, agli allievi ingegneri, capomastri e a tutti coloro che senza essere versati in materia vogliono da sé stessi controllare o sorvegliare costruzioni murarie in genere».38Fu quindi anche

un’opera di notevole successo editoriale che Hoepli ripubblicò in altre edizioni e aggiornamenti fino agli an-ni 1930.39A questo punto non pare fuori luogo concludere sottolineando come le ultime tavole del

se-condo volume,Il finimento delle fabbriche,presentino uno spaccato dell’abitazione di Ulrico Hoepli, pro-gettata dallo stesso Formenti e inaugurata a Milano nel 1896 nel XXV anniversario della casa editrice: un «villino» assai noto in città per il nome del committente e per il suo linguaggio stilistico di netta impronta lombarda.40È l’unico edificio reale e completo che compare sul manuale, così da poter essere considerato

il frutto di un’«architettura pratica» dove erano confluite le conoscenze, le idee, le soluzioni, i dettagli illu-strati nella pagine precedenti, suggellando, anche in senso metaforico, quell’incontro proficuo tra Politec-nico e editoria di cui il volumeLe abitazionidi Sacchi era stato uno dei primi esempi.

38L.B.,“La pratica del fabbricare”, p. 323.

39Cfr. CARLOFORMENTI,La pratica del fabbricare, Milano, Hoepli, 19092, 2 volumi di testo e 2 di tavole; CARLOFOR

-MENTI,La pratica del fabbricare,edizione rinnovata e aggiornata a cura dell’ingegnere RUGGEROCORTELLETTI, Milano,

Hoe-pli, 1933.

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Gambar

Fig. 1 – Ritratto di Archimede Sacchi (1837-1886).Da «Il Politecnico. Giornale dell’Ingegnere Architetto Civilee Industriale», vol
Fig. 2 – Dettagli costruttivi della copertura a shed di un edificio industriale. Disegno dell’allievo ingegnere L
Fig. 3 – Composizione di illustrazioni tratte da Archimede Sacchi, Le abitazioni. Alberghi, case operaie, fabbriche rurali,case civili, palazzi e ville, Milano, Hoepli, 1874.
Fig. 4 – Doppia pagina del volume di Avili, palazzi e villeRCHIMEDE SACCHI, Le abitazioni
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