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pada masa pemerintahan Barack Obama

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Academic year: 2018

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Giulio Vezzosi

Barack Obama

Storia degli Stati Uniti

Gli afro-americani negli Stati Uniti contemporanei: questioni

di razza, genere, classe

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Indice

Introduzione.

Un processo di

self-creation.

A post-modern Frederick Douglass

.

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Introduzione

Il lavoro svolto è una analisi critica del personaggio pubblico Barack Obama, compiuta attraverso le sue due autobiografie Dreams From My Father e The Audacity of Hope, i due principali discorsi pubblici sul problema della razza negli Stati Uniti, il discorso tenuto a Selma il 4 marzo 2007 ed il discorso A More Perfect Union del 18 marzo 2008 a Philadelphia. Come sfondo è stato utilizzato il libro di David Remnick The Bridge. The life and Rise of Barack Obama, una biografia non autorizzata del presidente degli Stati Uniti, che ne analizza criticamente sia le opere che la vita, fino al giorno dell insediamento alla Casa Bianca. Questi testi hanno richiesto diversi approcci alla lettura, poiché scritti in periodi e con scopi differenti: Dreams From My Father, pubblicato nel 1995, quando ancora Obama non era un personaggio pubblico e non aveva intrapreso la carriera politica, si presenta come l'autobiografia di un intellettuale afroamericano; The Audacity Of Hope invece è uscito nel 2006, nel periodo in cui Obama stava per candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti. Lo scopo del libro quindi è quello di presentare un candidato e le sue idee politiche, rileggendo in questa ottica le esperienze della propria vita. I due discorsi pubblici tanto quello tenuto a Selma il 4 marzo 2007, quanto A More Perfect Union, del 18 marzo 2008 a Philadelphia, sulla falsariga del libro The Audacity Of Hope, hanno uno scopo eminentemente elettorale, ma sono comunque interessanti poiché ci fanno capire come Obama si presenta sulla scena politica americana.

Questo breve saggio ha dunque come scopo principale quello di, nella prima parte, ricostruire il processo attraverso il quale Obama è divenuto afroamericano, e nella seconda parte, di analizzare criticamente l'Obama personaggio politico e il problema della razza affrontato durante la campagna elettorale per la presidenza.

Un processo di

self-creation.

Le due tematiche principali della razza, race, e dell'eredità culturale della famiglia, inheritance, sono presenti in tutte le opere e in gran parte dei discorsi pubblici di Barack Obama, e vengono portate all'attenzione del lettore già nel sottotitolo di Dreams From My Father: A Story of Race and Inheritance. Questa autobiografia si pone nella tradizione del genere memoir. Come scrive

Remnick, questo tipo di opera, caratteristica della letteratura afroamericana, segue nella sua struttura interna la forma narrativa dell'ascesa.1 Il narratore parte da uno stato di reclusione o di estrema deprivazione e spezza questi legami per poter uscire, scoprire se stesso e lasciare una traccia di sé nel mondo. Talvolta il narratore non conosce uno o due genitori, e persino la propria

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data di nascita. Valuta e descrive le sue privazioni, l'oppressione che lo schiaccia, supera delle prove. Fa un viaggio, attraversa l'oceano, fugge dal proprietario di schiavi, scappa dal sud razzista verso le città del nord, o torna nel profondo sud, o come Malcolm X vagabonda, cerca guai, finisce in galera. Legge, studia, fa esperienze. Lotta contro l'assenza di un padre oppure contro il padre inaffidabile. Impara. E, man mano che fa nuove esperienze e accumula sfide, comincia a scoprire la propria identità, spesso assumendo un nome nuovo.

Nel caso di Obama l'ascesa significa partire da uno stato di incertezza sulla propria razza, per finire con l'affermazione del proprio essere afroamericano.

Per la loro stessa natura i racconti dell'ascesa devono cominciare con la miseria, l'oppressione e il disagio. Obama sembra consapevole del problema e fa iniziare il racconto della propria vita dal periodo in cui si trova a New York e studia alla Columbia University. Un periodo che lo stesso autore cerca di descrivere con tinte fosche, esagerando i particolari della sua vita spartana e solitaria, come quando afferma che la sua unica anima gemella era un vicino di casa taciturno e solitario che abita solo e alla fine muore solo. Un paragrafo più avanti si comprende l'effetto letterario cui sta puntando l'autore: la morte dell'anziano vicino con la sua storia indicibile anticipa di un mese la morte del padre di Obama, che a sua volta è la grande storia mai narrata, che il figlio si sforzerà di indagare e raccontare. La figura del padre diventa una figura mitizzata di cui Obama cerca dei ricordi risalenti al periodo dell'infanzia e dell'adolescenza, la figura di un uomo che da guardiano di capre riesce grazie alle sue capacità ad andare a studiare negli Stati Uniti e successivamente torna al suo paese per contribuire al governo dello stato. Barack Obama Sr infatti fu accolto all'Università delle Hawaii dopo essere riuscito ad entrare nel progetto del ponte aereo, che nel 1959 portò i migliori studenti del Kenya a studiare nelle università americane.2 Questo è l'altro tema dell'opera su cui si sviluppa la forma narrativa dell'ascesa, la scoperta della storia del padre, ed è proprio seguendo questa forma narrativa che la struttura interna del libro è composta di tre parti. La prima in cui Obama è a New York e attraverso numerosi ricordi e flashback racconta la sua infanzia e alcune testimonianze dei suoi nonni e di sua madre; la seconda in cui Obama racconta la sua esperienza di vita a Chicago come coordinatore di comunità; e infine la terza parte in cui il protagonista compie un viaggio in Kenya alla scoperta delle proprie origini e della famiglia di suo padre.

Sempre nella prima parte viene raccontata anche la storia della madre, ponendo al centro il problema della razza e le esperienze vissute dalla madre durante la propria infanzia. La storia dei

2 : Gli anni '50-'60 sono gli anni dell'indipendenza del paese africano, guidato da due figure fondamentali Tom Mboya e Jomo Kenyatta. Il Kenya però era un paese privo di università e nasce quindi l'idea di mandare i migliori studenti a studiare all'estero. Mboya compie un viaggio negli Stati Uniti, dove fonda la African-American Students

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nonni invece ci è presentata come parte della storia americana. Originari entrambi di Wichita, il nonno Stanley si arruola nell'esercito e va a combattere in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre la nonna Toot diventa Rosie The Riveter, che lavora alla catena di montaggio dei bombardieri. La madre Ann nasce addirittura nella base militare dove è di stanza il nonno. Obama scrive anche della sua infanzia passata in Indonesia e di come la madre stessa sia stata la prima a fornirgli libri e canzoni che provenivano dalla cultura afroamericana legata al movimento per i diritti civili. All'età di dieci anni Obama tornò a studiare negli Stati Uniti, dove grazie ai nonni riuscì ad essere ammesso alla Punahou School, la migliore scuola delle Hawaii. In molti suoi discorsi lo stesso Obama racconta la propria storia ricordando come la madre e i nonni con il loro retroterra culturale, la sua lotta interiore di teenager sul problema della razza e infine il coordinamento di comunità a Chicago, l'abbiano formato. Ma si dimentica volutamente una parte della sua formazione nelle scuole di élite che ha frequentato nella sua vita, la Punahou School e poi l'Occidental College, la Columbia e per finire Harvard, tutte scuole di alto livello, scuole che hanno dato ad Obama un istruzione Liberal. I professori erano figli di quegli anni e portavano in classe i valori e le storie di quel periodo: “the antiwar movement, civil rights, gay and women's liberation, ethnic diversity”.3

Proprio grazie a questo retroterra culturale, Obama sin dalla high school comincia ad interessarsi al movimento per i diritti civili e ad approfondire il suo interesse per la cultura afroamericana, decidendo infine di appartenere a quella cultura, di diventare afroamericano. Ma questo processo di apprendimento diventa una processo di self-creation, poiché Obama vive in una famiglia bianca e non ha esempi da imitare. Scrive a questo proposito nell'autobiografia: “I was trying to rise myself to be a black man in America, and beyond the given of my appearance, no one around me seemed to know exactly what that meant”.4 E poi continua: “Tv, movies, the radio; those were the places to start. Pop culture was colored-coded, after all, an arcade of images from which you could cop a walk, a talk, a step, a style”.5 Obama quindi comincia a studiare la cultura afroamericana, ad ascoltare la musica afroamericana, a copiare dalla Tv e dai mezzi di comunicazione una camminata, un modo di parlare. Tutto questo è il primo passo del suo farsi come afroamericano.

Il gradino successivo in questo processo è stato entrare a far parte della squadra di basket della Punhau School, come afferma lo stesso Obama nell'autobiografia: “At least on the basketball court I could find a community of sorts, with an inner life all its own. It was there that I would make my closest white friends, on turf where blackness couldn't be a disadvantage”.6 Lo sport, in questo caso

3 : David Remnick The Bridge. The Life and Rise of Barack Obama, Alfred A. Knopf, Publisher, New York, 2010, pag.75.

4 : Barack Obama Dreams From My Father, Canongate Books, Edimburgh, 2008, pag. 76. 5 : ibidem, pag. 78.

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il campo da basket, è in quel momento della vita del giovane Obama, il luogo migliore dove crescere come nero in America, assieme ad altri afroamericani.

Durante i suoi studi Obama rimane però particolarmente affascinato dall'autobiografia di Malcolm X, con cui sente una forte affinità per la comune assenza del padre, e per quella che Obama

definisce self-creation, ma di cui non riesce ad accettare la volontà di espellere la parte bianca di sé. “His repeated acts of self-creations spoke to me; the blunt poetry of his words, his unadorned insistence on respect, promise a new and uncompromising order [...] He spoke of a wish he'd once had, the wish that the white blood that run trough him, there by an act of violence, might somehow be expunged. I knew that, for Malcolm, that wish would never be incidental. I knew as well that travelling down the road to self-respect my own white blood would never recede into mere abstraction”.7 Seguendo poi l'esempio di Malcolm X, Obama drammatizza il momento in cui si rende conto della sua condizione e della vita che vuole fare. Nell'autobiografia confessa di aver fatto uso di droghe durante quel periodo della vita, come soluzione per risolvere il suo dissidio interiore sul problema della razza, ripensando alla strada che avrebbe potuto imboccare: “Junkie, Pothead. That's where I'd been headed: the final, fatal role of the young would-be black man. Except the highs hadn't been about that, me trying to prove what a down brother I was. Not by then anyway. I got high for just the opposite effect, something that could push question of who I was out of my mind, something that could flatten out the landscape of my heart, blur the edges of my memory”.8

Con l'inizio degli studi universitari Obama entra nel movimento studentesco, impegnandosi politicamente negli anni delle proteste contro l'apartheid in Sudafrica. Soltanto con il successivo trasferimento a New York però compie un passaggio fondamentale. Sarà proprio New York il luogo in cui farà iniziare la sua autobiografia, il luogo della vita disagiata in una grande metropoli, in un quartiere di immigrati, vicino ad Harlem. Ma il processo di self-creation, riprendendo le parole usate nei confronti di Malcolm X, per Obama continua quando si trasferisce a Chicago, dove diventa coordinatore di comunità, in una città con una forte comunità afroamericana. La vita a Chicago è raccontata nella seconda parte dell'autobiografia dove il coordinamento di comunità diventa un'altra tappa fondamentale in questa sua ascesa. Durante questa esperienza Obama vive i problemi quotidiani di una grande comunità afroamericana in un quartiere disagiato come il South Side di Chicago.9 Come coordinatore di comunità porta avanti numerose lotte cittadine, e nel contatto quotidiano con le chiese locali si avvicina alla Trinity United Church del reverendo

7 : ibidem, pag. 86. 8 : ibidem, pag. 93.

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Jeremiah Wright. Nell'ultimo capitolo della seconda parte dell'autobiografia, il protagonista ha una epifania durante un sermone del reverendo Wright, intitolato The Audacity of Hope. In quel momento, sulla parola Hope Obama spettacolarizza la propria conversione come in ogni romanzo dell'ascesa, da Sant'Agostino a Malcolm X. La conversione rappresenta il passo fondamentale per entrare nella comunità nera, l'entrare a far parte di una comunità rappresentata dalla chiesa e dalla fede, fondamentale nella cultura e nella storia degli afroamericani.

Per chiudere definitivamente i conti con la propria razza, seguendo sempre gli schemi del romanzo dell'ascesa, Obama compie un viaggio al di là dell'oceano, in Kenya, alla scoperta delle proprie origini e della storia di suo padre. Il viaggio è raccontato nella terza parte dell'autobiografia dove egli ritrova la sua famiglia e scopre la proprie origini. Anche alla fine di questa parte il protagonista ha una epifania di fronte alla tomba del genitore, in cui capisce quanto la propria storia sia intimamente legata alla terra del Kenya e quanto le sue aspirazioni, le sue domande, la sua sofferenza siano le stesse di suo padre e dei suoi fratelli, quanto tutto questo faccia parte della eredità, inheritance, lasciatagli dalla propria gente.

Il libro si conclude, come in una commedia, con il matrimonio di Obama con Michelle Robinson, un'afroamericana per nascita, erede dei primi schiavi portati negli Stati Uniti. Il matrimonio diventa così una sorta di consacrazione definitiva all'interno della comunità afroamericana. Obama ha trovato una moglie e con essa una comunità, una chiesa, una fede e una causa per cui lottare.

A post-modern Frederick Douglass

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Nel 1988 Obama riesce ad entrare alla Harvard University e successivamente a diventare il primo direttore afroamericano della Harvard Law Review. Questa sua nomina avrà grande risonanza anche a livello nazionale e tanto da farlo diventare un punto di riferimento all'interno della comunità afroamericana. Finito il percorso di studi però Obama torna a Chicago e decide di intraprendere la carriera politica riuscendo a farsi eleggere nel 1996 al Senato dell'Illinois.

Per le elezioni del 2000 prova a candidarsi al Senato federale contro Bobby Rush, subendo una pesante sconfitta. Bobby Rush era l'erede della lotta degli afro-americani per i diritti civili, un ex-pantera nera e un simbolo.10 Remnick nel suo libro intervista Rush, che dice di Obama: “I really admire the way he learned. I don't denigrate it. He's been adapting all his life.[...] If you desire to be great, the projectile of your life has to be there, you have to map it out. And that's what he did in every sense. Barack didn't deny his African-American identity. His desire to be a community

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organizer was also a product of being too young to have been an activist in the civil-rights movement”.11 Infine conclude dicendo: “I mean, you can't portray yourself as an activist if you are only a pale reflection of the real thing. You have to admit the truth – especially when you are running against the real thing”.12

Obama quindi impara dalla sconfitta e cerca di migliorarsi come politico, come oratore, diventa un migliore procacciatore di fondi. Riesce a vincere per le primarie per il Senato federale del 2004 e per questo viene scelto per il discorso che lo proietterà alla ribalta nazionale, il keynote address, il discorso introduttivo alla Convention Democratica che avrebbe incoronato Kerry come sfidante di Bush nella corsa alla Casa Bianca. Da quel discorso in poi Obama compie un operazione, che in seguito attuerà pienamente in The Audacity Of Hope, di rilettura e ricostruzione della propria storia familiare come simbolo della storia americana, capace di assimilare razze e culture diverse al proprio interno. Ripropone inoltre la propria esperienza di vita e la propria inheritance familiare come uno strumento e un segno della sua capacità di districarsi all'interno della politica internazionale. In un passo paragona la propria famiglia ad una assemblea generale delle Nazioni Unite: “As the child of a black man and a white woman, someone who was born in the racial melting pot of the Hawaii, with a sister who's half Indonesian but who's usually mistaken for Mexican or Puerto Rican, and a brother-in-law and niece of Chinese descent, with some blood relatives who resemble Margaret Thatcher and others who could pass for Bernie Mac, so that family get-togheters over Christmas take on the appearance of a UN General Assembly meeting, I've never had the option of restricting my loyalties on the basis of race, or measuring my worth on the basis of tribe. Moreover, I believe that part of America's genius has always been its ability to absorb newcomers, to forge a national identity out of the disparate lot that arrived on our shores”.13

Già in The Audacity Of Hope, ma soprattutto nei discorsi durante la campagna elettorale per le primarie nella corsa alla Casa Bianca, Obama vuole presentarsi come rappresentante della comunità afroamericana, proprio grazie alla sua storia personale. Il discorso più importante da questo punto di vista è quello tenuto a Brown Chapel di Selma, Alabama, il 4 marzo 2007.14 Obama quel giorno ricollega la propria storia al movimento per i diritti civili, attraverso la famiglia Kennedy e il ponte aereo, da loro finanziato, tra Kenya e Stati Uniti: “This young man named Barack Obama got one of those tickets and came over to this country. And he met this woman whose great-great-great-great-grandfather had own slaves; but she had a different idea, there some good craziness going on,

11 : David Remnick The Bridge, pag. 317. 12 : ibidem, pag. 317.

13 : Barack Obama The Audacity Of Hope, Canongate Books, Edinburgh, 2008, pag. 231.

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because they look at each other and they decided that we know that in the world as it has been it might not be possible for us to get together and have a child. But something's stirring across the country because of what appened in Selma, Alabama, because some folks are willing to march across a bridge. So they got together and Barack Obama Jr, was born”.15 Inoltre presenta se stesso come rappresentante della generazione di Giosuè, la generazione successiva a quella che ha portato avanti le lotte per i diritti civili, la generazione che avrebbe dovuto realizzare pienamente l'integrazione negli Stati Uniti, dicendo: “I'm here because somebody marched. I'm here because you'all sacrificed for me. I stand on the shoulders of giants. I thank the Moses generation; but we've got to remember, now, that Joshua still had a job to do. As great as Moses was, despite all that he did, leading a people out of bondage, he didn't cross over the river to see the Promised Land”.16 Durante la campagna elettorale Obama allarga il proprio messaggio a tutta la nazione e non soltanto agli afroamericani, proprio per le sue origini familiari e la sua storia personale. Martedì 18 marzo tiene il discorso A More Perfect Union al National Constitution Center di Philadelphia, dove ricorda il significato del patto fondativo dell'Unione sia per la comunità bianca, che per quella afroamericana: “For the African-American community, that path means embracing the burdens of our past without becoming victims of our past.[...]But it also means binding our particular grievances - for better health care, and better schools, and better jobs - to the larger aspirations of all Americans [...] In the white community, the path to a more perfect union means acknowledging that what ails the African-American community does not just exist in the minds of black people; that the legacy of discrimination - and current incidents of discrimination, while less overt than in the past - are real and must be addressed”.17

Con questo discorso Obama si pone come possibile rappresentante di tutti i cittadini degli Stati Uniti, come il ponte - the Bridge - per usare il titolo del libro di Remnick, tra la comunità afroamericana e la comunità bianca. Lo stesso Remnick nella sua opera riporta un intervista a Henry Luois Gates, il quale paragona Obama alla figura letteraria del Trickster, che concilia due nature inconciliabili, come lo era stato Frederick Douglass, il simbolo della mediazione nella letteratura americana nell'Ottocento: “Frederick Douglass is the figure of mediation in nineteenth century American literature; he, the mulatto, mediates beween white and black, slave and free, between animal and man. Obama, as mulatto, as reconciler, self-consciously performs the same function in

our time, remarkably self-consiously. And the comparisons don't stop there: they both launched their careers with speeches and their first book were auotbiographies.[...]Douglass launched his

15 : dal discorso di Barack Obama alla Brown Chapel di Selma, Alabama, il 4 marzo 2007. Remarks of Senator Barack Obama: 'Selma Voting Rights March Commemoration', Selma, AL March 04, 2007.

16 : ibidem.

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career as a radical no-holds-barred combatant against slavery. As he aged, however, he grew more conservative. He certailnly believed in the basic class structure of American capitalism; and he believed in a natural aristocracy and that he was a member of it – just like Obama”.18 Obama pone quindi se stesso come colui che può meglio di chiunque altro unire la nazione e superare la contrapposizione storica tra bianchi e afroamericani.

Conclusioni.

Come afferma Remnick la questione razziale è stata risolta da Obama attraverso lo studio, attraverso una libera scelta di appartenenza: “Obama's racial identity was both provided and chosen; he pursued it, learned it. Sorrounded by a loving white mother and sympathetic white grandparents, and raised mainly on a multicultural island where the one missing hue was his own, Obama had to claim that identity after willfull study, observation, even presumption”.19 Proprio perchè la sua appartenenza alla cultura afroamericana è frutto di un processo di self-creation, Obama è in grado di porsi politicamente come figura di mediatore, come il ponte, the bridge, tra la cultura bianca e quella afroamericana. Obama è legato ad entrambe le culture da cui trae la propria eredità, la propria inheritance, ma da cui non è limitato o imprigionato. Tutte le esperienze della sua vita, la scelta di essere afroamericano e l'eredità della sua famiglia hanno fatto sì che Obama potesse presentare la propria storia come parte della storia americana. Come afferma Remnick “For Obama, the black freedom struggle defines not just the African-American experience, but the American experience itself”.20

18 : Henry Louis Gates in David Remnick The Bridge, pag. 525. Obama diventa quindi un “post-modern Frederick Douglass”, un Frederick Douglass contemporaneo, proprio per la sua capacità di conciliare visioni opposte apparentemente inconciliabili.

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Bibliografia.

Barack Obama

Dreams From My Father

, Canongate Books, Edimburgh, 2008.

Barack Obama

The Audacity Of Hope

, Canongate Books, Edinburgh, 2008.

Barack Obama

Sulla Razza

, Rizzoli, Bologna, 2008.

David Remnick

The Bridge. The Life and Rise of Barack Obama

, Alfred A.

Knopf, Publisher, New York, 2010.

Sitografia.

Remarks of Senator Barack Obama: 'A More Perfect Union', Philadelphia, PA

March 18, 2008.

http://www.barackobama.com/2008/03/18/remarks_of_senator_barack_obam_

53.php

Remarks of Senator Barack Obama: 'Selma Voting Rights March

Commemoration', Selma, AL March 04, 2007.

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